Ambientato nell’Inghilterra di fine ‘800, in una benpensante e moralista società vittoriana, un giovane uomo si guarda attraverso gli occhi di due suoi amici. Dorian Gray, come Narciso alla fonte, si specchia nel suo ritratto e si innamora di se stesso.
Ci troviamo precisamente a Londra, una città all’epoca pervasa di rigide regole e moralismi, qui si svolge la vicenda raccontata ne “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, romanzo che può essere considerato, senza dubbio e a ragione, il capolavoro e la massima espressione dell’estetismo decadente, un mondo dove l’arte è fine a se stessa, al di sopra di tutti i valori, delle regole, di tutto e di tutti.
Protagonista è un giovane bello e sicuro di sé, innamorato di se stesso e quindi deciso a vivere la sua vita come fosse un’opera d’arte, al di sopra della morale e delle regole, al di là del bene e del male, per ricercare il piacere, che diviene così l’unico scopo dell’esistenza.
Basil, pittore e amico del giovane protagonista, è l’autore del suo ritratto, ed è compiaciuto di aver dato vita eterna a tanta bellezza e giovinezza che, invece, nella realtà sono destinate a deteriorarsi e svanire. Dorian comprende tutto ciò ed è preso dal terrore, il terrore che avvince ogni essere umano quando lo attanaglia e perseguita la consapevolezza che tutto ciò che è terreno è destinato a passare e a consumarsi, che la giovinezza finirà e con essa quella bellezza e quella grazia che solo quest’età sa donare, che la vita stessa è destinata a finire, perché niente a questo mondo dura in eterno.
Nell’immagine del suo ritratto Dorian si innamora di se stesso e si perde, desiderando (chi non lo vorrebbe?) di possedere in eterno giovinezza e bellezza, facce della stessa medaglia, ma purtroppo scopre anche che ciò è destinato a scomparire.
Così il giovane ammaliato da se stesso e dall’ammirazione che legge, come in uno specchio, sui volti e nelle parole degli altri, esprime il folle e insano desiderio che la sua giovinezza e la sua bellezza durino per sempre. In questa delirante ricerca, Dorian, esprime l’incontenibile desiderio, proprio di ogni essere umano, di vivere in eterno, di sconfiggere la morte, impresa che nessuno, neanche Orfeo nel suo viaggio agli Inferi, o altre figure mitologiche hanno mai potuto realizzare.
L’uomo da sempre proietta il suo sguardo e il suo sentire al di là del finito, del reale, del comprensibile, nell’aspirazione in qualcosa di eterno e indefinibile che gli viene inevitabilmente negato.
Mentre Dorian rincorre il piacere e la bellezza in tutte le sue forme, votandosi all’edonismo assoluto, comincia la discrepanza tra la vita veramente vissuta e quella apparente, tra il quadro e lui stesso, infatti mentre il suo ritratto assume sempre di più un ghigno malefico e invecchia con il tempo, portando i segni di tutte le sue orribili azioni e pensieri, Dorian continua a mantenere la limpida innocente bellezza dei suoi vent’anni.
“Se potessi essere sempre giovane… per questo darei qualunque cosa, darei la mia anima”, con queste parole il protagonista del romanzo sprofonda nell’abisso. Patto con il diavolo? Sì, forse, ma l’abisso Dorian lo porta dentro di sé, dove ogni uomo nasconde bene e male, illudendosi, intanto di ricercare la bellezza assoluta.
Dorian ci costringe a guardare nel punto più oscuro dell’anima di ognuno di noi, nei desideri più nascosti, nel voler essere al di sopra delle conseguenze delle nostre azioni, con cui, invece, prima o poi, l’essere umano deve fare i conti.
Ma il voler a tutti i costi conquistare l’eterna giovinezza produce eventi orribili e mostruosi. E l’uomo sconta così il suo desiderio di eternità, desiderio destinato a rimanere inappagato.
Come Orfeo che voleva beffare la morte, come Gilgamesh alla ricerca della vita eterna, Dorian fallisce, e gli uomini, ancora una volta, dimostrano di essere capaci solo di sprecare i doni che, nonostante tutto, gli dei sono disposti ad offrire loro.
Il nostro eroe, come gli eroi dell’antichità ha fallito, a conferma che l’eterna giovinezza, come la bellezza, può anche essere una maledizione.
Almeno una volta nella vita, leggete questo inquietante e rivelatore romanzo, impossibile da racchiudere nella riduttiva definizione di “fantastico”. Leggetelo perché, mentre seguirete questo giovane uomo nella ricerca di ogni genere di piacere, intento a fare della sua vita un’opera d’arte, troverete il senso dell’esistenza, e proprio lui, il massimo rappresentante dell’Estetismo, vi rivelerà che una vita che calpesta i valori, morale, etica, per inseguire solo bellezza e piacere, è destinata a fallire miseramente.
L’arte è superiore alla vita e quindi anche alla morale, sembra ripetere O. Wilde, ma a questa vita l’uomo alla fine pagherà il conto delle sue azioni.