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Impossibile, per una rubrica che si occupa di cinema, non impegnare nemmeno un articolo sul genere cinematografico che sempre più sta spopolando in questi ultimi anni: gli anime. Anche i meno appassionati, ormai, sanno bene quanto successo abbiano avuto e stiano continuando ad avere gli anime, che sono diventati uno dei marchi distintivi del Giappone in tutto il mondo. Il termine deriva da “animeshon”, traslitterazione del termine inglese animation e, per i giapponesi, indica qualsiasi film di animazione. In Occidente, invece, questo neologismo è diventato un modo per indicare specificamente le produzioni animate giapponesi. Ma qual è la storia di questo genere che ha conquistato i cuori di milioni e milioni di spettatori in tutto il mondo?
Il genere, effettivamente, non è recente come crediamo e, anzi, risale solo al secolo scorso. Ed è solo negli ultimi decenni che è diventato una vera e propria industria mainstream, posta sullo stesso piano delle serie tv. Ma partiamo dall’inizio, dando le informazioni generali utili a comprendere come sia nato questo genere. Prima della nascita di qualsiasi tipo di lavoro animato, anzitutto, c’erano già in Giappone delle forme di intrattenimento che sarebbero state poi le “ceneri” da cui sarebbero nati gli anime: una di queste forme è costituita dagli Emakimono (diffusi durante il periodo Heian), dei racconti orizzontali in cui venivano adoperati scrittura e disegni allo stesso tempo e in cui venivano trattati i temi legati alla cultura giapponese. Ma quelli che diventarono più famosi ed ebbero più successo furono i Kagee, ovvero spettacoli dove il narratore muoveva sagome di carta, facendo riflettere le loro ombre e narrando una storia. Si capisce, dunque, che uno dei motivi per cui questo genere di intrattenimento ebbe più successo fu anche il fatto di non avere un testo da leggere, rendendolo fruibile anche a chi non fosse in grado di leggere. Fu da tutto questo che nacque il kamishibai: insieme al narratore che raccontava la storia si facevano poi scorrere immagini colorate statiche, che aiutavano gli spettatori ad immergersi nella storia.
Vero è che, nonostante questi passi appena citati siano stati la base su cui poggia la nascita degli anime, di quel periodo quasi nulla è arrivato nel mondo occidentale. Il primo anime di cui si ha traccia, dal titolo “Katsudo Shashin” sembra risalire al 1907. Si tratta di soli tre secondi in cui si vede un bambino, vestito da marinaio, ripreso di spalle mentre è intento a scrivere qualcosa su un muro, per poi girarsi e salutare col cappello. Sarà solo nel 1917, ben dieci anni dopo questa prima forma di anime, che si avrà un vero e proprio corto animato giapponese che, seppur ancora troppo breve, dava già l’idea dello stile che sarebbe poi stato adottato negli anime successivi. La storia di come gli anime si siano evoluti, però, non è stata tutta rose e fiori e, come ogni cosa che abbia poi avuto un immenso successo a livello mondiale, essa ha dovuto prima attraversare e superare un importante periodo di crisi. Il primo periodo di crisi comprende il periodo di tempo tra il 1923 e il 1939, gli anni precedenti la Seconda guerra mondiale. In questo periodo l’animazione giapponese subì un’importante battuta d’arresto, innanzitutto per il grave terremoto del Kanto che distrusse moltissime opere, ma soprattutto per la minaccia costituita dall’ascesa di un grande colosso dell’animazione estera: la Disney. I film stranieri avevano un costo molto più ridotto di quello di un film autoctono e la qualità era totalmente diversa: erano a colori, avevano musiche e suoni. È da questa minaccia che nasce lo stimolo di dare una spinta all’industria, per far sì che fosse alla pari con i concorrenti stranieri: ciò costituì un importante passo di svolta, seppure i nuovi film d’animazione giapponesi non fossero alla pari con quelli della Disney e non fossero ancora conosciuti nel resto del mondo. La Seconda guerra mondiale, però, fu un periodo durissimo per lo sviluppo e il perfezionamento delle opere animate giapponesi, soprattutto se si tiene in considerazione che l’obiettivo principale del governo nipponico – così come quello dei governi mondiali – era utilizzare il medium per attuare un’opera di propaganda capillare. Ecco, dunque, che non c’era affatto spazio per la creatività artistica e che tutte le opere di animazione diventarono opere di promozione e di educazione, con tematiche legate alla violenza e al razzismo.
Fu negli anni Sessanta che si cominciò ad assistere alla creazione di una vera e propria industria intorno al mondo degli anime. Fu da questo periodo che gli anime cominciarono a farsi un nome anche al di fuori del Giappone. Fondamentale è l’opera “Otogi Manga Calander” (1961), la prima serie animata in assoluto ad essere trasmessa in televisione. Da non dimenticare, poi, la nascita della Mushi Production, dalla quale verranno alla luce alcuni fra gli anime più influenti della storia. Dalle ceneri della Mushi Production nasceranno, poi, altri studi come Madhouse e Sunrise, che segneranno gli anni ’70. Anni, questi, che vedranno un ulteriore incremento della notorietà del genere anche al di fuori del continente asiatico. È del 1971 l’anime che tutti conoscono, Lupin III, che ha contribuito ad aumentare in modo notevole la popolarità degli anime, ma anche del regista dei migliori anime della storia, Hayao Miyazaki. Nel ’74, poi, avremo il definito debutto del regista insieme a Isao Takahata, grazie alla loro serie – anch’essa conosciuta e amata a livello mondiale – Heidi. Durante questo periodo, dunque, il Giappone comincia ad esportare numerose serie in Europa, fra le tante i Barbapapà (ancora oggi guardato e amato da milioni di bambini) e Vicky il vichingo. Ciò che contribuì al successo e all’enorme diffusione di queste serie fu soprattutto il loro basso costo, che le rese molto apprezzate soprattutto in Spagna, Francia e Italia.
Ma la linea degli anime che segna il loro successo non smette di salire verso l’alto ed è così che arriviamo agli anni ’80, l’epoca d’oro del medium. In questo periodo gli anime cominciano a diventare più complessi e, nel 1984, Miyazaki lancia Nausicaa della valle del vento, anime che permise al regista e a Takahata di ottenere i fondi necessari per fondare il famosissimo studio Ghibli, che ha dato alla luce gli anime più belli, famosi e apprezzati della storia. È di questo periodo, del 1985, la nascita di una delle opere shonen più importanti e ancora oggi influenti, Dragon Ball. Ma con l’arrivo degli anni ’90 arriva anche il declino dell’industria di animazione nipponica e ciò porta a non avere nulla di veramente influente per i primi anni ’90, oltre a Dragon Ball Z, sequel di Dragon Ball che arriva nel 1993. Nel ’95, però, abbiamo un punto di svolta grazie a Ghost in the Shell, che spinge di nuovo l’industria degli anime ai vertici del successo. Nel ’96 assistiamo all’uscita di Sailor Moon, che andò in onda per cinque anni e diventò una delle serie più popolari in Giappone e nel mondo. Nel ’97, invece, assistiamo ad un fenomeno fondamentale per l’ascesa dell’industria d’animazione giapponese nel mondo: lo studio Ghibli fa uscire Princess Mononoke, film costosissimo, ma che divenne molto popolare soprattutto in America, dove restò uno dei film con più incassi fino all’uscita di Titanic. Sempre nel ’97 si ha la nascita di un altro anime tuttora famoso e amato: i Pokémon, anime tratto dall’omonimo videogioco che ha avuto immediato successo, con sequel e lungometraggi negli anni a venire. Alla fine degli anni ’90 ci troviamo, dunque, di fronte ad uno scenario totalmente diverso dalle origini: oltre mille anime vennero trasmessi in Giappone e molte serie vennero esportate e tradotte in una dozzina di lingue in tutto il mondo.
Negli anni Duemila, la percezione degli anime cambia, grazie tanto alla loro evoluzione e distribuzione, quanto alla diffusione di Internet, che fa sì che queste serie non vengano più trasmesse esclusivamente in tv. Questi anni vedono dunque l’allargarsi ulteriore del prestigio degli anime, arrivando a contare altri titoli tra i più famosi e apprezzati mondialmente: Bleach (2004), Naruto (2003) e One Piece (a fine anni ’90). Questi ultimi portarono gli anime ancora di più nel mondo del mainstream, così che gli spettatori oltreoceano non erano più costretti ad aspettare di vederli in tv. Infatti, grazie a Internet e ai gruppi fansub, si poteva usufruire del prodotto in contemporanea con il Giappone, andando dunque di pari passo. È in questo periodo che nascono piattaforme adibite alla fruizione in streaming di anime, come Crunchyroll e VVVVID, ampiamente usate ancora oggi (ad esempio per guardare l’ultima parte di Shingeki no Kyojin, uscita poche settimane fa). Shingeki no Kyojin, meglio conosciuto come Attack on Titan, esce nel 2013 e si inserisce con prepotenza nell’immaginario collettivo occidentale. Tutti – me compresa – aspettano con ansia la domenica sera per poter trascorrere venti minuti con i personaggi che tanto si sono inseriti nei cuori di milioni di persone.
La diffusione degli anime a livello mondiale ha fatto sì che anche altri elementi della cultura giapponese uscissero dai confini asiatici ed entrassero nell’immaginario collettivo mondiale. Tra questi elementi, un posto di particolare rilievo è occupato dagli hentai, ovvero video erotici con personaggi tratti dagli anime (hentai anime) o dai manga (hentai manga), o anche dai videogiochi. Il termine in giapponese vuol dire “anormale”, “pervertito” ed è usato anche per indicare proprio la perversione sessuale. L’hentai, rispetto all’erotismo “classico”, permette di utilizzare l’immaginazione arrivando ad assistere a scene totalmente distaccate dalla realtà e dai valori “normali”. Le rappresentazioni, infatti, possono includere cose inaccettabili socialmente o contrarie alle comuni norme sociali, mettendo in mostra fantasie che possono essere estremizzate. È proprio questo contrasto tra società umana “normale” e sensualità primordiale che costituisce uno dei principali motivi per cui gli hentai sono tanto amati e, di conseguenza, tanto ricercati sulle piattaforme porno. Essi, infatti, offrono agli spettatori un modo per evadere dalla monotonia e dalla normalità della vita di tutti i giorni, immergendosi in un’atmosfera diversa e che da nessun’altra parte si può vedere.
La cultura giapponese, come possiamo ben vedere, sta spopolando sempre più nel mondo Occidentale, senza mai smettere di incantare, attrarre, incuriosire e appassionare milioni e milioni di persone.