Non è la prima volta nella storia che i saloni di Palazzo Farnese danno appuntamento all’arte e alla cultura. Tra il 1896 e il 1899 i nobili spazi dell’attuale ambasciata di Francia a Roma erano già stati fonte di ispirazione e ambientazione della Tosca di Giacomo Puccini.
Quasi cento anni dopo, domenica 30 aprile alle ore 19, la musica dà nuovamente appuntamento a Palazzo Farnese, nella Sala d’Ercole, con il Quatuor pour la fin du temps – Quartetto per la Fine del Tempo, opera in otto movimenti del compositore francese Olivier Messiaen.
Christian Masset, ambasciatore francese in Italia e padrone di casa, frequentatore abituale dei concerti del Teatro dell’Opera di Roma e di Santa Cecilia, apre i saloni della sua residenza al concerto di Domus Artium: un progetto ideato da Barrett Wissman e dedicato all’eccellenza nelle arti e al recupero della tradizione delle famiglie che aprono le porte delle proprie dimore e palazzi storici a concerti, mostre e momenti conviviali.
Il concerto sarà eseguito da quattro artisti di fama internazionale: Renaud Capuçon (violino) Kian Soltani (violoncello), Pascal Moraguès (clarinetto), Hélène Mercier (pianoforte).
Nato ad Avignone nel 1908, Messiaen compone il Quartetto per violino, clarinetto, violoncello, pianoforte tra la fine del 1940 e i primi giorni del 1941, durante la sua prigionia nel campo di Görlitz denominato Stalag VIII A, nella Slesia polacca. Luogo in cui avviene anche la prima esecuzione dell’opera il 15 gennaio 1941, davanti a 5 mila prigionieri del campo di concentramento, assieme ad altri tre musicisti: il violinista Jean Le Boulaire, il clarinettista Henri Akoka e il violoncellista Etienne Pasquier.
Messiaen e gli altri tre artisti vennero poi liberati nei mesi successivi e la prima esecuzione pubblica del Quartetto avvenne nello stesso anno a Parigi, al Théâtre des Mathurins, il 24 giugno 1941.
La composizione rappresenta una testimonianza di uno dei momenti più bui e drammatici della storia umana, ma non solo. Tra le righe degli spartiti del Quartetto per la Fine del Tempo, il musicista francese ha inciso nero su bianco un’opera che esplora e racconta il forte sentimento religioso dello stesso compositore.
Fonte di ispirazione dell’opera – secondo lo stesso Olivier Messiaen – è infatti un passo, un’immagine, del X capitolo dell’Apocalisse di San Giovanni. Più avanti nella sua vita, in una pubblicazione del 1978 dedicata ai suoi settant’anni, il compositore scrisse: “Quando ero prigioniero, l’assenza di cibo mi faceva fare dei sogni colorati: vedevo l’arcobaleno dell’Angelo e strani turbinii di colori. Ma la scelta “dell’Angelo che annuncia la fine del Tempo” si basa su ragioni molto più serie. Come musicista ho lavorato sul ritmo. Il ritmo è per sua essenza cambiamento e divisione. Studiare il cambiamento e la divisione significa studiare il Tempo. Il Tempo – misurato, relativo, fisiologico, psicologico – si divide in mille modi, il più immediato dei quali è una conversione perpetua dell’avvenire nel passato. Nell’eternità questi problemi non esisteranno più, ma sono i problemi che mi sono posto nel mio Quartetto per la fine del Tempo. A dire il vero essi hanno orientato tutte le mie ricerche sonore e ritmiche da una quarantina d’anni a questa parte”.