Oscar, Blonde: la Marilyn di Dominik non piace abbastanza

Ana De Armas interpreta l’adorabile Marilyn Monroe nel film Blonde, ma il suo personaggio non è all’altezza per conquistare la vittoria

Durante la 95esima edizione degli Oscar, l’attrice Ana De Armas ha percorso il carpet color champagne come candidata nella categoria “Miglior attrice protagonista” per il film Blonde. Nonostante la sua toccante interpretazione di Marilyn, la statuetta d’oro viene consegnata all’attrice malese Michelle Yeoh.

Per Blonde quello degli ultimi giorni non è stato un momento molto fortunato. In prossimità della notte più importante di Hollywood, i Razzie Awards hanno annunciato i premi per le peggiori produzioni dell’ultimo anno e il film di Dominik si è aggiudicato il primo posto per ben due volte.

Cosa non convince davvero di Blonde?

Distribuito su Netflix lo scorso settembre, l’opera cinematografica girata da Andrew Dominik segue la narrazione dell’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates.

Il titolo rimanda all’iconica acconciatura della protagonista: una timorosa Norma Jeane, giovane donna di Los Angeles, muove i primi passi verso il successo che la identificherà con il nome di Marilyn, l’attrice più desiderata al mondo.

La pellicola intreccia il percorso cinematografico dell’artista con la sua tormentata vita personale, scandita da una successione di relazioni amorose che contribuiranno ad aggravarne la stabilità mentale, a causa di una serie di aborti che sarà costretta ad affrontare.

Non bisogna dimenticare, però, che il film è di fatto un biopic di Marilyn e non una a mera trasposizione della sua biografia. Di conseguenza il piano della realtà si mescola a quello dell’immaginazione, suscitando nello spettatore un insieme di dubbi su cosa sia davvero accaduto e cosa no.

L’alternanza tra verità e finzione è un tema che ritorna più volte nel corso del film: la stessa Norma Jeane in più occasioni ripeterà di non riconoscere la figura imbellettata che appare sugli schermi e sui cartelloni pubblicitari, una donna frivola creata appositamente per compiacere il pubblico maschile.

Negli anni cinquanta una visione prettamente maschilista regolava il mondo occidentale e, coerentemente, non è possibile eludere quest’aspetto della società della quale anche Marilyn faceva parte: che sia nell’ambiente lavorativo, o nel suo privato, accanto a lei c’è sempre un uomo che le suggerisce in che modo dover scegliere e agire.

Il regista approfondisce proprio questo aspetto per far risaltare le numerose fragilità della protagonista: dalla ricerca di uomo che la ami, per colmare quel vuoto lasciato da un padre assente, a quella spasmodica necessità di diventare madre, al fine di compensare quelle mancanze che hanno contraddistinto il suo passato.

Purtroppo nelle varie opere cinematografiche incentrate sul personaggio di Marilyn puntualmente si sceglie di focalizzarsi su quelle che sono state le sue maggiori insicurezze, lasciando in secondo piano le molteplici qualità che hanno contribuito a renderla una delle più grandi icone del novecento.

Lo spettatore di oggi possiede aspettative più grandi: di una storia di cui potenzialmente si potrebbe conoscere già tutto, si desidera scavare più a fondo.

L’immaginazione può essere d’aiuto per abbellire i fatti ma sono gli aspetti più insoliti della realtà che attirano la curiosità di chi guarda, e su Marilyn Monroe si è sicuro che ci sia tanto altro da dire.

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