No Other Land

Il documentario Premio Oscar che racconta la vita della Palestina occupata prima del’8 Ottobre 2023

No Other Land è la testimonianza di un’ingiustizia in atto da troppo tempo e da troppo tempo ignorata. Diretto dal palestinese Basel Adra e da un trio di israeliani – Yuval Abraham, Hamdan Ballal e Rachel Szor – questo documentario non è solo una cronaca dell’occupazione israeliana in Cisgiordania, ma un atto di accusa contro il colonialismo, l’apartheid e la sistematica cancellazione del popolo palestinese.

Masafer Yatta è una regione della Cisgiordania composta da villaggi palestinesi, la cui popolazione di oltre mille persone ha ricevuto l’ordine di sgombero da parte dell’esercito israeliano. La motivazione? Il bisogno di un’area per le esercitazioni militari. I bulldozer spianano case, i soldati espellono famiglie, intere comunità sono costrette a rifugiarsi nelle caverne per poter continuare a esistere. Basel Adra, attivista e giornalista palestinese, filma questa catastrofe da anni e, nel documentario, il suo materiale si intreccia con il lavoro di Yuval Abraham, uno degli israeliani che sceglie di non voltarsi dall’altra parte.  Attraverso i loro occhi emerge la realtà dell’apartheid israeliana: strade su cui i palestinesi non possono camminare, leggi che li privano dei diritti civili, coloni e soldati che operano con una brutalità indisturbata.

L’importanza di No Other Land risiede nella sua capacità di demolire le narrazioni occidentali che ancora giustificano o minimizzano l’oppressione israeliana. Qui non ci sono numeri astratti o discorsi diplomatici: ci sono vite distrutte, persone cacciate dalla propria terra, corpi feriti per aver cercato di proteggere una casa o un generatore elettrico. Qui è a nudo l’ipocrisia dell’Occidente, che da un lato dice di condannare il colonialismo e dall’altro finanzia e arma Israele nella sua guerra quotidiana contro il popolo palestinese. Non sorprende, dunque, che No Other Land, pur essendo il documentario più premiato del 2024, abbia faticato a trovare una distribuzione negli Stati Uniti. La sua esistenza è una minaccia per la narrazione dominante, quella che dipinge Israele come una democrazia sotto assedio. E proprio su questo punto il film si fa ancora più spietato: la resistenza palestinese viene criminalizzata mentre la violenza dell’occupazione viene normalizzata.

A Berlino, quando No Other Land ha vinto un premio, la ministra della Cultura tedesca Claudia Roth ha applaudito Yuval Abraham, ma non Basel Adra. Un gesto piccolo, ma significativo: anche nel riconoscere il valore del film, si cerca di separare il coraggio di un israeliano “buono” dalla legittimità della lotta palestinese. Eppure, il film dimostra chiaramente che non esistono due lati uguali di questa storia. Da una parte c’è un popolo oppresso, dall’altra uno Stato che lo annienta giorno dopo giorno.

Forse l’attacco da parte dei coloni israeliani a Hamdan Ballal, uno degli autori del progetto, ha fatto più rumore dell’Oscar vinto dal documentario. Il suo rilascio, avvenuto martedì, è stato annunciato dai co-registi. Ballal è stato liberato con lividi sul volto, vestiti macchiati di sangue e immediatamente trasportato in un ospedale di Hebron.

Durante la prigionia, il filmaker è stato ammanettato, bendato e torturato per un’intera notte da due soldati israeliani, che lo hanno picchiato a terra all’interno di una stazione di polizia nella colonia illegale di Kiryat Arba, vicino a Hebron. Questo non è un caso isolato, ma l’ennesima dimostrazione di come Israele utilizzi la violenza sistematica per reprimere chiunque osi documentare la sua macchina di oppressione. Fino a quando il mondo continuerà a guardare altrove? No Other Land non offre risposte facili, ma una certezza: se non si prende posizione, si è complici.

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