L’ultimo report dell’Istat sulla povertà (2019) ha rivelato che in Italia 1,7 milioni di famiglie vivono in condizione di povertà assoluta. Parliamo di 4,6 milioni di individui, il 7,7% del totale. In questi nuclei familiari, la povertà affligge oltre un milione di bambini (1 milione e 137mila).
Stabile è invece il numero delle famiglie che si trovano in condizioni di povertà relativa: sono circa 3 milioni, l’11,4% del totale.
I dati del rapporto, incoraggianti rispetto al 2018 (per la prima volta dopo quattro anni si riduce infatti il numero di famiglie in povertà assoluta), mostrano con chiarezza che la strada da percorrere per arginare il fenomeno è ancora lunga.
L’impegno politico per invertire la rotta deve essere più deciso, considerando che i numeri rimangono su livelli molto superiori rispetto a quelli precrisi del 2008 e che la frattura tra Nord, Centro e Sud rimane evidente, malgrado nel Mezzogiorno la povertà familiare sia scesa dal 10% del 2018 all’8,6% del 2019.
Il Reddito di Cittadinanza
Secondo il rapporto dell’Istat, l’introduzione del Reddito di Cittadinanza (e prima di questo il Reddito di Inclusione voluto da Renzi) è stata la causa principale del miglioramento dei livelli di spesa delle famiglie più povere. Difatti, oltre un milione di famiglie in difficoltà ha visto migliorare la propria condizione dopo l’introduzione del RdC, principale cavallo di battaglia elettorale del Movimento 5 Stelle nelle elezioni politiche del 2018.
Anche se i dati rimangono lontani dalle roboanti dichiarazioni autocelebrative di alcuni esponenti del movimento (vedi Di Maio, che annunciava “l’abolizione della povertà” nel settembre del 2018), l’introduzione del reddito ha permesso a centinaia di migliaia di bambini di vivere con maggiore dignità nel 2019.
Questa, malgrado gli attacchi di chi continua a bollare indiscriminatamente come “parassita” ogni singolo percettore del reddito, è una vittoria della civiltà contro la barbarie. Certo, c’è chi si approfitta degli aiuti statali, ma se lo fa è per via di un modello che presenta falle e che quindi va potenziato, non smantellato. Basti pensare che più di un terzo della spesa sociale finisce ai più ricchi (dati Istat). Facile, quando il 60% degli Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) è frutto di autodichiarazioni false (dati della Guardia di Finanza).
Una battaglia necessaria
L’augurio è che la boccata d’aria che le famiglie meno abbienti hanno avuto nel 2019 sia solo il primo mattone di un processo che porti, se non alla fine della povertà, almeno ad una sua riduzione sostanziale.
La miseria rimane una macchia viscida sull’anima di ogni democrazia che ha l’ambizione di definirsi tale. Combatterla dovrebbe essere un imperativo politico per chi ha a cuore la salute stessa della società e il suo funzionamento, poiché un sistema che permette a milioni di persone di sopravvivere, galleggiare e arrancare senza sostegno, non potrà mai dichiararsi fino in fondo un sistema democratico.
Chi sono i parassiti
Ad oggi per il reddito e la pensione di cittadinanza sono stati spesi 4 miliardi e 358 milioni di euro. Briciole se paragonati ai più di 100 miliardi evasi in Italia nel 2019, di cui 6 miliardi evasi da multinazionali che fanno ricchi profitti nel nostro paese.
I parassiti, se si ha davvero l’interesse di stanarli, li si vada a cercare nei paradisi fiscali dove accumulano gli introiti delle loro rapine alla collettività, non nelle vite (momentaneamente) risollevate delle famiglie meno abbienti.
In quelle famiglie c’è un pezzo consistente del nostro futuro. Non alle Cayman o in Svizzera.
Per trovare i parassiti, poi, non bisogna cercare nemmeno troppo lontano dai nostri confini: basta andare in Lussemburgo, Irlanda, Olanda, Cipro e Malta, tutti paesi membri dell’UE che giovano dell’assenza di una politica fiscale unitaria permettendo l’elusione fiscale.