“Museo di un amore infranto”, il romanzo di Fabrizio Bonetto è una grande rassegna di umanità

È la storia più antica del mondo: lui ama lei, ma lei ama un altro.

Lui e lei sono Giacomo e Veronica, sposati da vent’anni: una coppia che di sacrifici e di disastri emotivi ne ha affrontati tanti, e che ormai non può far altro che osservare le condizioni irreversibili di un’ineluttabile separazione.

Museo di un amore infranto è il titolo che Fabrizio Bonetto affida a questa rassegna di errori, di colpe e alibi che esce per Accento, nel febbraio 2024, in occasione del San Valentino.

Quale migliore opportunità del giorno degli innamorati, per parlare di chi non si ama più?

In un pomeriggio che sembrava identico a tutti quelli che l’hanno preceduto, Giacomo torna a casa e in soggiorno trova sua moglie Veronica in compagnia di un uomo grassoccio e pelato, Giovanni, portatore di una novella tutt’altro che buona, tradendo così perfino quel nome evangelico a lui destinato.

Giovanni e Veronica intrattengono ormai da diverso tempo una relazione extra-coniugale, che intendono vivere ora alla luce del giorno. Questo il motivo dell’imboscata a Giacomo, il quale in quel pomeriggio solo apparentemente identico agli altri, ripercorre la storia del loro matrimonio, ora infranto, in quella vita condivisa per vent’anni che appare come un film in bianco e nero: senza spessore, senza amore, senza nessun lieto fine. Solo reliquie di ciò che non sarà più.

La parola reliquie appare quanto mai adatta in un romanzo che fin dal titolo riporta il museo come concetto, come destinazione di ciò che è stato, affinché almeno una traccia così ne possa sopravvivere.

Esiste davvero ed è a Zagabria il Museum of broken relationship, pensato proprio per accogliere tutto ciò che degli amori finiti vuole continuare a vivere: vecchie lettere, biglietti dei treni, mozziconi di sigarette fumate insieme. Tutto ciò che, insomma, ormai appare solo consumato e non più utile, proprio come l’amore che intende commemorare.

Nella narrazione spesso si intromettono, tra i ricordi di Giacomo e Veronica, lettere di innamorati disillusi, di cornuti, di tutti coloro che destinano alla custodia di quel luogo ciò che altrimenti rimarrebbe solo uno scarto vecchio e raggrinzito della propria esistenza.

Il romanzo di Bonetto si distribuisce di fatti su più punti di vista: leggiamo degli eventi che hanno costellato questa fallimentare relazione sia dalla prospettiva di Giacomo che di Veronica, intermezzate da lettere di accompagnamento delle persone che affidano al museo croato un pezzettino del loro amore.

È il crepuscolo quello che, in questo libro, si legge proprio dell’amore: due cinquantenni che per una vita forse hanno trascorso più tempo a odiarsi che a sostenersi, e che adesso non vogliono più nascondersi dietro a quella trave di legno che li ha sempre interdetti, posta simbolicamente in copertina. Una trave che lascia però di fatto spazio, nel volto, solo agli occhi, e da cui si riesce a vedere la mano di lui sulla spalla di lei, quasi a volerne sottolineare quel legame di assoluta subalternità che Veronica poi nelle pagine del romanzo rinfaccia a suo marito.

“Una storia vecchia quanto il mondo” è effettivamente ciò che verrebbe da pensare: si sono lasciati tutti almeno una volta nella vita, e tutti almeno una volta lo faranno se non gli è già capitato.

Eppure c’è, nella scrittura di Bonetto, una grande rassegna di umanità: un incontro certo di due vili (l’impressione è quella lungo tutto il romanzo) di due persone che si sono scelte forse per caso e hanno poi deciso di non comunicare più. Un matrimonio che sembrava già dal suo inizio portare una data di scadenza sul retro.

E l’incontro tra i due coniugi e l’amante si realizza proprio in quella data di scadenza sul retro, quando è ormai troppo tardi e non ci si può dire più niente se non quello che per tutti quegli anni si è solo pensato: le bugie, i malumori, gli incastri obbligati e quelle promesse fatte probabilmente incrociando le dita dietro la schiena.

Un commiato commosso e cinico al tempo stesso di tutto ciò che reputiamo infallibile: le nostre unioni, opinioni, scommesse sul futuro… che finiscono poi tuttavia proprio in quel museo degli amori infranti.

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