“Non sono un eroe, sono una persona che ha fatto di tutto per salvare un bambino”: con queste parole si definì Angelo Licheri, il tipografo di origine sarda che tentò di salvare, nel 1981, Alfredino Rampi, il bambino di cinque anni caduto in un pozzo artesiano nella località di Vermicino, una frazione di Roma.
Si è spento nella notte all’età di 77 anni, nella casa di riposo San Giuseppe (Nettuno), dove era ospitato da tempo. La sua storia è un’enorme testimonianza di profondo altruismo, che lo ha per sempre relegato a uno dei casi di cronaca più bui cui il nostro paese abbia mai assistito.
La ricostruzione dei fatti
La sera di mercoledì 10 giugno 1981, dopo essersi allontanato dal padre e da un paio di amici che erano a passeggio con lui nella campagna circostante, Alfredino precipitò in un pozzo e vi rimase per qualche ora, prima di essere rinvenuto – ancora vivo – dal brigadiere Giorgio Serranti.
Fra i numerosi tentativi di alcuni volontari di calarsi nel pozzo– tutti falliti -, Angelo Licheri fu l’unico che riuscì nell’impresa: nella notte fra il 12 e il 13 giugno, infatti, si fece calare a testa in giù, decidendo di scendere indossando solo canottiera e mutande, per non creare attrito con le pareti del tunnel. Vi rimase per 45 minuti. Determinato nella sua impresa, decise di continuare la discesa, nonostante le profonde ferite riportate sul corpo, e riuscì addirittura a parlare con il bambino. Grazie alla sua statura minuta, arrivò perfino a raggiungerlo con le mani, tanto da riuscire a pulirgli gli occhi e la bocca dal fango che ostruiva le sue vie aeree e a disincastrare le mani e le braccia; non riuscì, tuttavia, a tirarlo fuori, perché l’imbracatura si aprì per ben tre volte. Licheri dovette desistere e risalire in superficie, ma non prima di aver mandato un bacio ad Alfredino ed essersi congedato con un “Ciao piccolino”.
I tentativi di tirarlo fuori, durati per quasi tre giorni, si rivelarono vani. Alfredino fu dichiarato morto alle ore 16 del 13 giugno.
Un eroe dei nostri giorni
Licheri, soprannominato “l’uomo ragno” per via del suo disperato tentativo di soccorso, si riprese dopo alcune settimane di ricovero. I segni riportati sul corpo, tuttavia, alcuni dei quali non guarirono mai, rimasero indelebili come indelebile è rimasta la storia di Alfredino e di quel gracile uomo che, per un puro e disinteressato atto di altruismo, tentò di cambiare le sorti di un bambino dal destino sfortunato. “Per me è impossibile scordarlo, penso ad Alfredino in ogni momento” ha sempre raccontato Licheri, proprio come sarà impossibile per noi dimenticarci di lui.
Sei stato un grande uomo,ti auguro che lassù puoi riposare insieme ad Aifredino noi qui giù ti ricordiamo sempre con amore e come l’uomo coraggioso che ci hai dimostrato in quelle notti terribili che tu possa riposare in pace.