La discussione sulla legge di Bilancio 2025 si infiamma, con al centro una proposta che sta facendo molto discutere: l’equiparazione degli stipendi dei ministri e sottosegretari non parlamentari a quelli dei loro colleghi eletti. Una misura che, secondo i calcoli, porterebbe a un aumento mensile di oltre 7.000 euro per i membri non parlamentari dell’esecutivo.
La proposta mira a eliminare una disparità economica che esiste oggi all’interno del governo: chi non è parlamentare percepisce una retribuzione inferiore, priva di voci come la diaria o i rimborsi per l’esercizio del mandato. La misura riguarderebbe precisamente 17 membri del governo, tra cui 8 ministri, come Matteo Piantedosi, Guido Crosetto e Giuseppe Valditara, oltre a viceministri e sottosegretari. Se approvata, questa norma scatterebbe nel 2025, con un costo previsto di 1,3 milioni di euro lordi all’anno.
Gli stipendi e le modifiche proposte
Attualmente, i ministri non parlamentari ricevono uno stipendio base di circa 10.435 euro lordi al mese. L’emendamento propone di aggiungere una diaria mensile di 3.503 euro e un rimborso di 3.690 euro per l’esercizio del mandato, oltre a 1.200 euro annui per spese telefoniche e viaggi. In questo modo, i ministri tecnici vedrebbero il loro compenso avvicinarsi a quello dei colleghi eletti in Parlamento, che già beneficiano di queste voci. L’intento dichiarato dai promotori è garantire equità tra i membri dell’esecutivo, indipendentemente dal loro status parlamentare. Tuttavia, questa proposta arriva in un momento particolarmente delicato, con l’Italia alle prese con difficoltà economiche e sociali, ovviamente tale fatto ha suscitato critiche dell’opposizione.
Opposizioni all’attacco: “Scelta inopportuna e offensiva”
La reazione delle opposizioni è stata immediata e abbastanza dura. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, ha attaccato la proposta con parole forti, denunciando una “scelta inaccettabile” in un momento in cui molti italiani faticano ad arrivare anche a fine mese. Ha sottolineato, inoltre, come la misura contrasti con altre decisioni del governo, come l’esiguo aumento delle pensioni minime o il rifiuto di introdurre un salario minimo per i lavoratori. Non è mancato il commento della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein che in un intervento appassionato, ha evidenziato il contrasto tra l’aumento degli stipendi per i ministri e il blocco di misure a sostegno dei redditi più bassi. “Non si dica che questo governo non sa scegliere le priorità”, ha affermato, poi, con tono ironico. Il clima politico si è ulteriormente surriscaldato con le accuse di scarsa trasparenza nella gestione della manovra. Marco Grimaldi, di Alleanza Verdi e Sinistra, ha denunciato quella che considera una “sciatteria legislativa”, con emendamenti riscritti in fretta e coperture finanziarie del tutto incerte.
Le difese del governo: “Un principio giusto”
Sul fronte opposto, il governo difende la ratio dell’emendamento. Guido Crosetto, ministro della Difesa e uno dei potenziali beneficiari della misura, ha dichiarato che il principio di base è corretto: “Chi rappresenta le istituzioni deve ricevere un trattamento adeguato al proprio ruolo”. Tuttavia, per smorzare le polemiche, Crosetto ha proposto di far valere la norma solo per i futuri governi, evitando così che venga percepita come un privilegio per l’esecutivo in carica. Anche il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha minimizzato l’impatto dell’emendamento, ribadendo che si tratta di una scelta parlamentare e non di un’imposizione del governo attuale. Secondo lui, la proposta è stata formulata in un’ottica di razionalità e giustizia, ma sarà comunque il Parlamento a dover decidere.
Un clima politico già teso
L’emendamento sugli stipendi si inserisce in un contesto già complesso e turbolento. La legge di Bilancio, che includeva inizialmente un maxi-emendamento unico, è stata spacchettata in più proposte a seguito delle proteste delle opposizioni. I lavori in Commissione Bilancio procedono a rilento, con scadenze serrate e crescenti difficoltà a trovare un accordo. In questo quadro, la proposta di aumento degli stipendi ha ulteriormente polarizzato il dibattito. Per il governo, si tratta di un passo verso l’equità e la razionalizzazione delle retribuzioni. Per le opposizioni, invece, è il simbolo di un governo lontano dalle esigenze reali del Paese, che privilegia i propri membri a scapito dei cittadini che si trovano più in difficoltà. La misura sull’aumento degli stipendi per i ministri tecnici, pur tecnicamente legittima, è diventata un terreno di scontro politico e ideologico. Mentre il governo cerca di giustificarla come un atto di giustizia retributiva, l’opposizione la descrive come un segnale di insensibilità verso i bisogni del popolo italiano.