Lucio Corsi: quanta fatica per essere sé stessi

Si è appena conclusa la settantacinquesima edizione del Festival di Sanremo che quest’anno porta con sé una scoperta per molti: si chiama Lucio Corsi con Volevo essere un duro. Corsi racconta la difficoltà di essere al passo con le aspettative sociali e culturali del nostro tempo e ciò soprattutto quando si è giovani. Essere duri significa essere forti, coraggiosi e Corsi racchiude nella canzone anche personaggi che evocano l’idea di durezza, ribellione. Ma cosa c’è dietro queste immagini stereotipate? C’è che si diventa dei “robot” come nella prima strofa e che si ha poco interesse per il futuro, perché siamo così presi di dimostrarci come la società ci vuole in quel determinato momento storico.

Lucio ci porta a un personaggio letterario ovvero James, protagonista di Un giorno questo dolore ti sarà utile di Peter Cameron (Adelphi) e leggendo il testo di Corsi torna subito in mente un pezzo del romanzo:

“Invece a me è parsa una cosa molto ragionevole. Ho solo diciotto anni. Come faccio a sapere cosa vorrò nella vita? Come faccio a sapere cosa mi servirà?


James racconta la difficoltà di andare controcorrente rispetto a ciò che gli altri pretendono da noi, soprattutto quandi si è giovani. Egli, infatti, sta per terminare il liceo ma è stato già deciso come dovrà proseguire il suo percorso: l’università, scelta non di James, ma dei suoi genitori. E così si ritrova a ricevere a casa le chiamate del suo compagno di stanza al college, ogni giorno gli viene raccontato l’importanza degli studi, della carriera, del futuro che va costruito in base a degli step già decisi e istituiti. James però ha un altro sogno: cerca in rete una casa nel Midwest dove coltivare in pace le sue attività preferite: la lettura e la solitudine. È proprio nella solitudine che James e Lucio si incontrano, perché entrambi vivono una vita che non va bene per gli altri fin quasi a sentirsi in difetto per essere se stessi, per essere James con le sue passioni, per essere Lucio con la sua identità. E tutto ciò provoca un immenso dolore, che è il nucleo del romanzo di Peter Cameron.

Per la madre James è matto perché vuole comprare una casa, non comprende cosa possa fare il figlio della sua vita se non dovesse proseguire con gli studi. È tutta la famiglia a ritenere che James sia un ragazzo problematico perché non è circondato da tanti amici, perchè non fa le cose che fanno gli altri, perché trascorre il suo tempo a leggere, fino a porsi l’intento di “curare” il figlio in merito al suo orientamento sessuale. Come se, appunto, non fosse il figlio ideale.

Anche Lucio in fondo avrà fatto lo stesso effetto e lo dice nella stessa canzone, “quando è duro il mondo per quelli normali”.

Altro tratto che lega Lucio e James è l’ironia anche malinconica in alcuni casi. Non ci si stanca mai di leggere le vicende di James, ma soprattutto, nonostante tutti contro, ha sembra una risposta pronta per tutti. Né James né Lucio hanno paura di quel mondo e lo dimostrano nel rimanere se stessi, nel non omologarsi, nel non accettare e non scendere a compromessi. Così quando si ascolta la canzone di Lucio si ha una sensazione di leggerezza, la sua musica diventa una carezza per chi a volte si sente fuori luogo e non adatto, per chi teme il futuro, per chi ha paura di non farcela, per chi a volte non ce la fa, perché la vita è fatta anche di sconfitte, ma la vera vittoria sarà viversi la “vita come un gioco” senza farsi sopraffare.

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