“Ieri sera in televisione stavano parlando del virus e c’era un sociologo che diceva che da ora in poi sarà tutto diverso, che dovremmo imparare a convivere con il virus. Io ‘sta notte c’ho pensato, a me te m’hai attaccato un virus, diverso ma sempre virus: è quello della sfiducia”.
Così Walter (Ricky Memphis), togliendosi qualche sassolino dalla scarpa nei confronti di Tamara (Martina Stella), la sua fidanzata, dopo aver scoperto il tradimento nei suoi confronti. Come fosse una produzione Netflix, la trama è piuttosto esposta nel trailer dove vengono inquadrati i personaggi, i temi chiave ma soprattutto dove risuonano continuamente battute “stantie” che nel film sono presenti quasi ad ogni scena.
La storia tenta di mostrare la ricerca della felicità di ogni personaggio, che è pronto a sacrificare quella del proprio partner pur di ottenere la propria. Le basi sono intriganti e ciò che sprona il poco afflusso a recarsi al cinema, oltre alla paura di ritrovarsi con cinema e teatri chiusi fra un dpcm e l’altro, è la curiosità di vedere una pellicola che affronta la quarantena. Il periodo più tragico per la nostra nazione dal dopoguerra e dagli anni di piombo. Un periodo contraddistinto da immagini traumatiche come i camion sulle vie di Bergamo e le facce logorate dei medici ed infermieri. Un periodo contraddistinto anche dal “reinventarsi”. Fra lo yoga, la cucina, lo studio: erano veramente tante le attività proposte dal mondo del digitale.
Enrico Vanzina, insieme all’ormai compianto fratello Carlo dal repertorio filmico impressionante, è sicuramente un interprete importante del cinema italiano. Può piacere o meno ma ha comunque partecipato alla creazione di un vero e proprio genere, che negli anni ha radicato negli spettatori un cult di battute e di scene indimenticabili. Certo è che le basi su cui il film veniva proposto erano fra le migliori: vedere due coppie affrontare il dramma della separazione anche se costretti alla convivenza forzata per la pandemia globale. Queste basi sono state completamente annichilite da personaggi stereotipati e da attori che, ormai, il loro (non) lo hanno dato. Ezio Greggio, le cui abilità da showman non vengono messe in discussione, nel film mostrava tutte le perversioni del suo personaggio (Giovanni) che, dopo aver tradito sua moglie Mariella (Paola Minaccioni) con Tamara, cercherà nuovamente di tornare il “mandrillo” dei vecchi tempi con altre donne fra cui Maria Luisa Jacobelli, che sino a qualche mese fa era nota come tentatrice del programma televisivo “Temptation Island”. Greggio risulta scontato e le battute venivano quasi “chiamate” dagli spettatori in sala tanto la prevedibilità. Tutto ciò che vuole rappresentare è l’uomo ricco, di buon mestiere, che esercita il proprio potere sociale sulle povere donne indifese che vengono ammaliate dalla sua parlantina. Paola Minaccioni, nella pellicola, rappresenta la moglie affranta dal tradimento che in poco tempo finisce per chattare su siti di incontri per fare “chiodo scaccia chiodo”. Il suo personaggio è il cliché della donna ignorante dai titoli illustri ma dalle poche conoscenze sul mondo: impegnata sulla dieta, sul parrucchiere e sul prendere in giro la letteratura tirando in ballo il povero Gabriel García Márquez. Una donna che tale non può definirsi tanto è futile il suo personaggio.
L’unico con un ruolo decente è stato Walter, che dopo aver scoperto il tradimento della compagna decide di affrontare, durante la quarantena, una riflessione su se stesso che lo porterà a grandi cambiamenti caratteriali. Preoccupato per i suoi genitori, Walter mostra una indole drammatica estranea a tutti gli altri personaggi impegnati fra le loro perversioni e la loro non curanza della pandemia. Forse per scacciare i fantasmi del passato, forse per mostrarsi al pubblico per la prima volta dietro la macchina da presa o forse per la fretta di tornare su un set e sul grande schermo, Vanzina non convince e finisce per attirare anche le critiche di una nazione che chiede come si possano fare film sulla pelle di 35 mila morti.
Forse, ciò che Walter dice nel film ha un fondo di verità; in Italia, soprattutto le generazioni nate dagli anni novanta in poi, hanno contratto un virus; un virus chiamato sfiducia verso queste produzioni che di bello, non hanno proprio niente.