L’Italia alla svolta nello scacchiere mediorientale: la posizione di Giorgia Meloni

L’Italia si trova di fronte a una sfida senza precedenti nella regione del Medio-Oriente e Giorgia Meloni ha dimostrato una ferma determinazione nel gestirla, anche se con una complessità maggiore rispetto al suo predecessore. Infatti, mentre il dossier ucraino è stato ereditato dal governo di Mario Draghi, l’attuale situazione rappresenta un territorio inesplorato, pieno di incognite. Numerosi fattori contribuiscono a spingere l’Italia verso una posizione più defilata e “neutralista” in questa complessa partita geopolitica.

La svolta nella politica estera italiana è diventata evidente quando Gianfranco Fini visitò Israele agli albori del millennio e indossò la kippah, gesto che ricevette una fredda accoglienza dalla destra italiana. Ancora più recentemente, quando l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, eliminò il generale iraniano Qasem Soleimani, leader di un gruppo terroristico, la posizione di Giorgia Meloni non fu favorevole, tant’è che alcuni esponenti di Fratelli d’Italia addirittura inneggiarono al generale iraniano come a un “martire”. Questo ha sollevato domande sul possibile mutamento ideologico all’interno della destra italiana, più volte in passato orientata verso una posizione anti-americana, con una concezione di “Europa nazione”, ora potenzialmente spostata verso un partito di orientamento atlantista e sionista. Tuttavia, la situazione è notoriamente complessa.

La decisione di schierarsi apertamente al fianco di Israele in un conflitto mediorientale destinato a protrarsi, con tutte le sue intricazioni, potrebbe rappresentare un’opportunità per una trasformazione culturale all’interno della destra italiana, orientandola verso una posizione più liberale.

Per sfruttare al meglio l’opportunità di abbracciare la prospettiva atlantista e di sostenere Israele, è fondamentale comprendere che questa scelta implica una ferma difesa dei valori della civiltà liberale occidentale, caratterizzata dall’individualismo, dal capitalismo e dalla globalizzazione. Questi valori dovrebbero richiedere un’adozione coerente anche nelle politiche interne ed economiche, abbracciando un approccio liberale, garantista e non interventista. L’atlantismo non dovrebbe limitarsi a essere semplicemente un alleato degli Stati Uniti; dovrebbe riflettersi nella visione politica interna, evitando l’ingerenza statalistica. Essere a favore di Israele dovrebbe significare sostenere Tel Aviv per le sue politiche, non semplicemente in base al fatto che i suoi nemici siano di religione islamica o con la pelle relativamente scura.

Tuttavia, c’è una sfida ulteriore nel garantire che questa scelta non sia vista come una mossa politica strumentale. Per farlo, è necessaria un’operazione culturale per cambiare le mentalità all’interno della destra italiana.

Purtroppo, l’analisi della stampa italiana vicina al governo, una settimana dopo i recenti scontri a Gaza, non rivela chiari segnali di questa trasformazione culturale. Al contrario, emerge un rafforzamento del discorso anti-Islamico, una critica nei confronti della sinistra alleata dell’Islam, e una tendenza a dipingere i migranti come potenziali terroristi, persino incoraggiando l’uso di armi nucleari. Questo atteggiamento rischia di accentuare ulteriormente gli elementi illiberali e autoritari all’interno della destra italiana, specialmente se il conflitto in Medio Oriente dovesse scatenare una nuova ondata di terrorismo in Europa.

Nei giorni successivi all’11 settembre, l’Italia aveva a capo un leader liberale come Silvio Berlusconi, con ministri democristiani . Non c’era alcun timore che l’emergenza terrorismo potesse portare a tentazioni autoritarie, come la sospensione di alcune garanzie costituzionali o un incremento dei poteri delle forze dell’ordine. Tuttavia, oggi esistono segnali che suggeriscono la possibilità di tali tentazioni, alla luce di episodi precedenti avvenuti durante il mandato attuale del governo. Ad esempio, c’è una richiesta proveniente dalla stampa di destra per vietare le manifestazioni a sostegno della Palestina in Italia, prendendo spunto dall’approccio adottato in Francia. Tuttavia, questa misura potrebbe rivelarsi inappropriata, considerando le circostanze diverse in Italia rispetto all’Europa.

La destra italiana si trova ora di fronte a una svolta cruciale. La decisione di schierarsi con Israele deve essere accompagnata da un impegno a mantenere i principi liberali e la libertà di espressione, evitando misure autoritarie e cercando sinceramente di promuovere i valori dell’atlantismo. La vera sfida è ora quella di trasformare questa scelta in un autentico cambiamento culturale all’interno della destra italiana, piuttosto che limitarla a una mossa politica di circostanza.

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