Nella notte tra il 13 aprile e il 14 aprile Teheran ha deciso di attaccare Israele per vendicare il bombardamento subito all’ambasciata iraniana a Damasco il primo aprile da parte di Tel Aviv. L’allargamento del conflitto non è ancora scongiurato, dato che tra le vittime dell’attacco israeliano vi è il generale pasdaran Mohamed Reza Zahedi delle Guardie Rivoluzionarie iraniane. Era considerato terminale dei rapporti con Hezbollah, le milizie libanesi fedeli all’Iran.
Per alcune ore il mondo è stato in tensione, pensando che l’attacco potesse essere l’inizio di una “guerra fantasma”. Quanto accaduto nei cieli del Medioriente, però, non sembra preoccupare i big d’oltreoceano. Secondo fonti americane, l’attacco sarebbe durato appena cinque ore: i droni e i missili da crociera erano già stati intercettati e abbattuti mentre Netanyahu ha affermato che il 99% dei droni iraniani sono stati neutralizzati grazie all’aiuto dei suoi alleati europei ed extraeuropei (USA, Francia, Gran Bretagna e Giordania).
L’unica preoccupazione a questo punto è: Israele ha intenzione di reagire? E come?
Un attacco pianificato?
Stando a quanto riferito dalle autorità, l’Iran ha lanciato 170 droni suicidi, nessuno dei quali è riuscito ad entrare nello spazio aereo israeliano. Sono stati abbattuti per lo più nei cieli di Siria e di Giordania. I 30 missili da crociera, invece, sono stati abbattuti dall’aeronautica israeliana e dalle forze statunitensi e britanniche dispiegate nella regione.
Teheran, dal canto suo, ha inviato 120 missili balistici – l’arma più temuta degli iraniani – capaci di raggiungere lo Stato israeliano dopo diverse ore. Molti di essi sono stati abbattuti dal sistema di difesa aerea Arrow. I sopravvissuti hanno colpito la località di Nevatim – a est di Be’er Sheva, sede di una base aerea nel deserto di Negev – e le alture del Golan – estremo nord – senza provocare vittime.
Che sia stata una mossa premeditata e studiata a tavolino, non si ha certezza se non di una serie di contatti indiretti nel giorno del 12 aprile tra USA e Iran nel tentativo di evitare un allargamento del conflitto. Sta di fatto che è stato preceduto e preannunciato da giorni a mezzo stampa. In questo modo, ogni effetto sorpresa è stato vano.
Attacco aereo per una dimostrazione di forza?
Secondo quanto detto dalla dirigenza NATO, qualsiasi attacco ad una sede diplomatica viola i principi internazionali. Per questo, prevale il diritto di autodifesa dello Stato coinvolto. Dunque, l’Iran si sarebbe avvalso di questo diritto se non fosse che vari tasselli dell’operazione portano a definirla “un’azione simbolica”.
Per far sì che questa azione sia simbolica ma che lasciasse un segno indelebile, non potevano mancare le velate minacce dell’Iran nei confronti di tutti quegli Stati alleati di Israele che sarebbero intervenuti, di fatto, nell’attacco temporaneo. Il capo di stato maggiore delle forze armate, il generale Mohammad Bagheri, ha intimato a Israele e Stati Uniti di non mettere alla prova ulteriormente l’Iran. Dunque, che non ci sia una contro offensiva e che la faccenda per Teheran è definitivamente chiusa, come dichiarato anche attraverso l’account X.
Chi la fa l’aspetti, si dice! Intanto, per il regime iraniano questa mossa può essere usata come mezzo di propaganda interna: per la prima volta, l’Iran ha dimostrato di essere forte dinanzi al “piccolo satana”, come viene definito Israele nella propaganda ufficiale.
C’è da prendere in considerazione, d’altra parte, un aspetto forse molto importante che avrebbe sicuramente portato ad un esito completamente diverso. Se Teheran non avesse avvertito per tempo di questa decisione, Israele avrebbe subito molti danni anche se aiutato da USA e Gran Bretagna. In guerra, tutti hanno alleati – anche da conquistare – e Teheran ha dimostrato più volte in vari colloqui di aver recuperato il dialogo con alcuni attori occidentali, tra cui Italia e Germania. Ciò nonostante, l’esito dell’attacco potrebbe sortire l’esito contrario e portare così Israele ad una contro offensiva. Bisogna calcolare solo una variabile: conviene aprire un ulteriore fuoco in Medioriente? A questo punto, l’Iran sarà solo o avrà alleati che nessuno si aspetterebbe?
La posizione di Israele
Per il momento, a Tel Aviv conviene che si parli della risposta tardiva dell’Iran perché così l’attenzione internazionale ed interna si distoglie dalla guerra con Gaza e dal fatto di non esser ancora riuscito a sconfiggere Hamas. Dall’altro lato, lo Stato israeliano ambisce all’ampio consenso e sostegno internazionale – sia occidentale sia arabo – in particolare in questa fase di isolamento e insoddisfazione crescente per l’operazione non semplice nella Striscia di Gaza che ha provocato finora quasi 40 mila vittime. Infine, c’è la questione politica interna che vede l’Iran come principale minaccia alla sicurezza della regione ormai da anni.
Di fronte a queste sicurezze, il gabinetto di guerra israeliano non ha ancora stabilito se e quando ci sarà una risposta. Si è parlato, comunque, di sanzioni che includono il campo missilistico e di un prezzo da pagare per i 12 morti tra cui una bambina di 12 anni. Il temporeggiamento è dovuto più che altro alla posizione degli USA, che si dichiarano contrari ad ogni azione contro offensiva nei confronti dell’Iran.
La crisi americana: decidere o non decidere
Joe Biden si dice contrario ad ogni mossa di vendetta da parte degli israeliani, ma ha ribadito il suo ferreo sostegno. Gli Stati Uniti, insieme a Regno Unito e Giordania, hanno fatto il loro dovere di alleati, ma non sono disposti ad andare oltre provocando qualcosa che è indesiderato al momento.
È una posizione molto repertoria quella dell’America, considerando il fatto che Biden deve comunque raccogliere consensi da parte della sua popolazione che si dice stanca di prestare il proprio servizio per cause perse.
Dunque, cosa ci si deve aspettare? Sostanzialmente i possibili scenari sono due: Israele potrebbe accettare la decisione di non riattaccare l’Iran; oppure, potrebbe decidere di mettere da parte il sentimentalismo americano e contrattaccare. Sel’Iran ha rivendicato l’attacco come un atto glorioso e di potenza, da parte sua anche Israele potrebbe vedere l’esito come una vittoria.
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