“Aspetti allarmanti, non posso tacere. Dominio assoluto del capo del governo” ha affermato ieri Liliana Segre nell’aula del Senato. Un intervento inaspettato da molti dei suoi colleghi senatori di maggioranza, che dopo la solidarietà espressale dal sen. Centinaio per le recenti minacce ricevute, traccia un profondo silenzio nell’emiciclo.
Forse sdegno verso il suo no alla riforma Casellati o forse, così come dovrebbe essere, pudore verso la verità dei fatti denunciata dalla senatrice sull’enorme rischio di trasformare il Parlamento in un’unica conflittuale maggioranza al servizio del Presidente eletto.
Segre partendo nel suo discorso dal preventivo concetto dell’inutilità in un momento come questo di aumentare il potere esecutivo laddove quello legislativo sta sempre più decadendo, evidenzia con tono chiaro e netto le conseguenze cui l’Italia andrebbe incontro nel riformare la Carta Costituzionale. “Continuo a ritenere che riformare la Costituzione non sia una vera necessità del nostro Paese” spiega la senatrice a vita nei suoi ben 12 minuti di arringa nell’aula di Palazzo Madama, quando invece sarebbe più opportuno, e salvifico per la salute precaria della nostra democrazia, preservare l’unica figura garante delle Istituzioni e della Costituzione, il Presidente della Repubblica.
Un ulteriore motivo di allarme è proprio questo infatti, il “drastico declassamento che la riforma produce a danno del Presidente della Repubblica” spiega Segre, una riforma che trasforma completamente il capo dello Stato in un notaio firmacarte.
Il Capo dello Stato, la massima autorità cui il Presidente del Consiglio deve dar conto per la compatibilità istituzionale delle manovre del proprio Governo, sarebbe così costretto invece (e ridotto) “a guardare dal basso in alto un Presidente del Consiglio forte di una diretta investitura popolare” e aggiunge ancora che si incorrerebbe in un pericolo ben più grande del presidenzialismo.
Dopo aver tracciato le linee di non confine tra assolutismo e autoritarismo in una plenaria dove si commenta l’assenza del presidente La Russa, la senatrice Segre conclude la sua accorata dichiarazione appellante i principi della repubblica, avvertendo della incombente minaccia: “Siamo di fronte ad uno stravolgimentoancora più profondo e che ci espone a pericoli ancora maggiori”.
Ci troviamo nuovamente di fronte, con questo intervento, alla gravità espressa dalla necessità della Segre di denunciare la deriva cui porterebbe il Paese la riforma del Premierato, ancora passivamente incompreso nella emergente discrasia camerale di Montecitorio.