Negli anni la Libia ha sempre scosso il mondo delle notizie. Il paese è da sempre segnato da instabilità politiche e da guerriglie locali che causano spargimenti di sangue.
Un vero caos, se si considera anche il fattore migratorio. Di fatto, la Libia è un punto di controllo di immigrati, il cui trattamento è disumano.
Ora questo paese, bacino di estreme tensioni, sta vivendo una devastante crisi politica ed economica. Una domanda sorge spontanea: quando terminerà questa situazione spaventosa?
La storia della Libia
Le origini di questo paese sono antichissime. Fu dominato nei secoli dai Fenici, dai romani, dai greci e dagli arabi, i quali introdussero la religione islamica.
Durante il XVI secolo, la Libia divenne parte dell’Impero ottomano, potenza che riunì sotto la reggenza di Tripoli le tre regioni della Libia moderna: Tripolitania, Cirenaica e Fezzan.
All’inizio del Novecento, il territorio libico divenne un punto di interesse per l’Italia – bramosa di espansione coloniale – la quale si scontrò con la Turchia. Nel 1912, con il trattato di Losanna, la Libia venne ammessa al territorio italiano, anche se solo la Tripolitania era effettivamente sotto il suo controllo. Infatti, le popolazioni dei Berberi e Senussi si opposero al nuovo controllo.
Nel 1922, l’esercito italiano si scontrò, soprattutto nella zona della Cirenaica, con il gruppo Senussi, guidato da Omar al-Mukhtar; questi sanguinosi scontri armati causarono la morte di tantissime persone. Le forze arabo-berniche furono definitivamente sconfitte nel 1931, anni in cui venne catturato e condannato all’impiccagione al-Mukhtar.
Con il fascismo, il paese divenne il centro di una grande ondata di immigrazione di italiani, per lo più braccianti e contadini, che arrivarono ad essere il 13% della popolazione.
Durante la Seconda guerra mondiale, gli alleati cacciarono i soldati italiani dalla Libia. La Tripolitania e la Cirenaica furono occupate dalla Gran Bretagna e il Fezzan dalla Francia. Con il trattato di Parigi del 1947, l’Italia dovette rinunciare alla Libia e ad altre colonie.
A causa di numerosi contrasti, sia interni che esterni, la Libia ottenne l’indipendenza solo nel 1951. Venne costituito un regno, sotto la reggenza di Re Idris, il quale era anche a capo della confraternita dei Senussi.
Re Idris instaurò rapporti con Francia e Gran Bretagna e il paese divenne un luogo di interesse per le sue risorse petrolifere; vi erano però dei contrasti all’interno della popolazione. Di fatto, Re Idris ordinò l’esilio forzato della comunità ebraica.
La Libia di Gheddafi
Il 1969 fu un anno che segnò per sempre il destino della Libia. Approfittando della lontananza del regnante, il colonnello Muammar Gheddafi organizzò con successo un colpo di stato, ottenendo il potere; aveva solo 27 anni.
Innanzitutto, promulgò una politica anticolonialista, decretando la chiusura delle basi militari straniere, la confisca dei beni e l’espulsione dei coloni ed emigrati italiani dalla Libia. Gheddafi aveva come obiettivo la realizzazione di uno stato sia islamico che socialista. Altro scopo era quello di integrare le varie riforme con i precetti religiosi.
Nel 1977, pubblica il suo “Libro Verde”, in cui vengono spiegati i dettami della politica del colonnello, dal ruolo della donna all’istruzione. Nello stesso anno promulga la Jamahiriya, letteralmente “la Repubblica delle masse”. Cosa significa? Che la popolazione poteva autogovernarsi in maniera libera, senza effettive istituzioni o intermediari con il leader.
Personaggio turbolento e carismatico, governò il suo paese con durezza e con un regime dittatoriale. Si avvicinò alla causa palestinese, spesso appoggiando e finanziando il terrorismo. Negli anni Ottanta si scontrò spesso con gli Stati Uniti, i quali posero un embargo sull’importazione del petrolio e, nel 1986, bombardarono il paese. I rapporti erano così aspri che la Libia venne inserita da Reagan, tra gli “stato canaglia“.
Negli anni Novanta vennero, inoltre, imposte – e poi ritirate – delle sanzioni, poiché Gheddafi si rifiutava di consegnare due cittadini libici, sospettati di aver ordito l’attentato del 1988 a Lockerbie in Scozia, in cui perirono 259 persone.
Con il Nuovo Millennio, Gheddafi iniziò ad avvicinarsi al mondo occidentale. Nel 2004 viaggiò per l’Europa e, negli anni, migliorò i rapporti con l’Italia, stringendo nel 2008 un trattato di amicizia e cooperazione con Silvio Berlusconi. Nel trattato venivano garantite le concessioni dell’Eni un controllo sull’emigrazione in Italia, la quale doveva concedere il pagamento di 5 miliardi di dollari alla Libia, come compenso per il periodo coloniale. Nel 2009 Gheddafi venne anche invitato al G8, tenutosi a L’Aquila.
La popolazione islamica, compresa quella libica, era però stanca della corruzione e della mancanza di diritti, e voleva rovesciare il potere. Questo malcontento generò, nel 2010-2011, la serie di proteste passate alla storia come: “la Primavera Araba”.
Vari paesi, nordafricani e non solo, vennero colpiti. In Libia iniziò una vera e propria guerra tra il popolo e il potere, in cui partecipò anche la NATO. Gheddafi non ebbe scampo e il 20 ottobre 2011, venne catturato ed ucciso dai ribelli nella sua città natale, Sirte; le immagini di un Gheddafi morente fecero il giro del mondo, sconvolgendolo.
Dopo Gheddafi
A seguito della caduta di Gheddafi, la Libia cadde in un vortice di oscurità da cui, ancora oggi, non riesce ad emergere. Il caos regna sovrano e non vi è stabilità.
A spargere sangue e paura sono i miliziani, gruppi armati di stampo islamista, i quali controllano varie aree del paese con violenza ed attentati. Inoltre, la Libia è uno dei punti di controllo dell’immigrazione. Negli anni sono emersi dettagli agghiaccianti sui centri di detenzione di migranti: torture, stupri, violenze ed uccisioni. Per di più, sono luoghi sovraffollati e mancanti di servizi; in definitiva, luoghi simili a dei lager.
Da inizio 2022, inoltre, il paese è devastato da una violenta crisi, sia economica che politica. Da inizio aprile l’export di petrolio ha subìto perdite per 3,5 miliardi di dollari. Le città sono imperversate da blackout che durano anche per molte ore al giorno. Inoltre, i costi sui generi di prima necessità hanno subìto un importante aumento.
La popolazione è furiosa e si scaglia contro l’inefficacia politica. Il 24 dicembre si sarebbero dovute tenere le elezioni presidenziali ma continuano ad essere rinviate.
Da febbraio, il paese è diviso in due governi rivali: il Governo di unità nazionale (Gun), con sede a tripoli, guidato dal premier ad interim Abdulhamid Dabaiba (sfiduciato dal Parlamento) e il Governo di stabilità nazionale, a Tobruck, con a capo Fathi Bashagha e l’appoggio del generale Khalifa Haftar. Quest’ultimo controlla la regione di Sirte con le sue truppe, intimidendo ed arrestando con la violenza, gruppi di manifestanti.
Ogni giorno la Libia è scossa da manifestazioni. La violenza è recentemente esplosa con l’assalto al Parlamento di Tobruk, attaccato con un bulldozer.
I cittadini sono stanchi e segnati dalla crisi. Questa instabilità non cessa e il caos riduce la vita delle persone ai minimi termini. 11 anni dopo la dittatura, il paese continua a vivere nella paura e nell’incertezza.