Libertà d’informazione: cause e sintomi di un settore sempre più in crisi

A maggio, come ogni anno, è uscito il report pubblicato dal gruppo di Reporters Sans Frontières (Rsf) in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa. In questo report si evince quanto il settore giornalistico sia a rischio censura. 

A distanza di qualche mese, riprendiamo le principali informazioni diffuse da Rsf.

Un dato iniziale da considerare riguarda gli 86 reporter uccisi, per la maggior parte fuori dalle zone di guerra. Altri centinaia di giornalisti sono stati aggrediti o addirittura imprigionati, senza contare il sempre più diffuso fenomeno degli hater online, che contribuiscono a creare un clima d’odio che rischia di imbavagliare ulteriormente la libera informazione.

Nonostante tutto, per l’Italia ci sono comunque buone notizie. Secondo i dati del report, infatti, il nostro Paese ha recuperato 17 posizioni passando dal 58esimo posto al 41esimo. Certo, sicuramente si è trattato di un balzo notevole, ma comunque la posizione non è ancora ottimale. 

Il problema dell’autocensura è sicuramente uno dei più presenti per l’Italia, che si lega inevitabilmente ad un altro problema: la precarietà. I reporter, infatti, pur di evitare problemi con la linea editoriale dei singoli giornali, preferiscono ricorrere appunto all’autocensura pur di non rischiare di perdere il proprio posto di lavoro.

Un altro fattore è quello legato all’odio, sia online sia fisico, problema che è esploso durante e dopo la pandemia di Covid-19. Tutti ricordiamo infatti i giornalisti aggrediti o sommersi di insulti mentre facevano i loro report durante le manifestazioni di protesta contro le misure sanitarie adottate. 

Se volessimo soffermarci su un ulteriore problema. quello della malavita sarebbe prioritario, visto che soprattutto nel Meridione d’Italia è molto persistente. 

I giornalisti che indagano contro la criminalità organizzata e la corruzione sono dei soggetti ad altissimo rischio. Spesso infatti vengono aggrediti o minacciati, vengono incendiati i loro veicoli, e tutto questo viene fatto a scopo intimidatorio. Sono 20 ad oggi i giornalisti che vivono sotto perenne protezione da parte della polizia a seguito di intimidazioni o aggressioni subite. 

Quindi, malgrado l’Italia abbia recuperato tante posizioni, è ancora moltissimo il lavoro da fare per raggiungere un livello sufficiente di libertà di stampa.

E per far questo bisogna guardare a chi fa meglio di noi. Secondo la classifica internazionale i Paesi che fanno meglio sotto questo punto di vista sono quelli dell’Europa settentrionale.

La Norvegia conserva il primo posto per il settimo anno consecutivo. Al secondo posto si fissa l’Irlanda che scavalca la Danimarca che a sua volta passa dal secondo al terzo posto. I Paesi Bassi, che hanno guadagnato 22 posizioni, riagguantano la posizione che occupavano nel 2021, prima dell’assassinio del giornalista Peter R. de Vries: la numero sei.

Negli ultimi tre posti invece sono presenti esclusivamente paesi asiatici: Vietnam (178), Cina (179) e Corea del Nord (180). La Grecia invece è il Paese europeo più in basso nella classifica della libertà di stampa, piazzandosi al 108esimo posto. 

In seguito allo scoppio della guerra in Ucraina la posizione della Russia si è aggravata passando dal 149esimo posto in classifica del 2019 al 155esimo. 

Tralasciando le classifiche, negli ultimi anni ci sono stati, e per certi versi continuano ad esserci, dei veri e propri fenomeni che hanno messo pesantemente a rischio la libertà dei giornalisti di fare informazione o anche solo di scrivere dei pezzi culturali.

Uno di questi fenomeni è rappresentato proprio dalla cosiddetta cancel culture. Questo fenomeno nasce con l’intento di andare a “modificare”/“migliorare” aspetti storici e culturali. Questo è senza dubbio uno dei fenomeni più preoccupanti, perché pretendere di riscrivere la storia, di duemila anni fa o del secolo scorso, secondo i canoni e la mentalità degli anni venti del secondo millennio, è un qualcosa di aberrante che fa accapponare la pelle al solo pensiero.

Inoltre c’è il problema dell’Intelligenza Artificiale.

L’IA rappresenta una vera svolta nel processo di sviluppo dell’essere umano. L’aver creato un qualcosa col quale interagire ed aspettarsi una risposta ponderata ha portato le conoscenze tecnologiche dell’umanità ad un livello superiore. Ma come alle volte accade, le più grandi opportunità nascondono anche un lato oscuro. 

Non sono da dimenticare infatti le immagini del Papa vestito con un “piumino da trapper” o il presidente della Repubblica Francese Emmanuel Macron aggredito da una folla inferocita.

Ecco, quelle immagini, per quanto fossero false, sembravano così tanto reali che molte persone hanno creduto che lo fossero. Una cosa del genere potrebbe portare a molti disordini. E poi c’è da considerare anche un’altra questione: siamo solo all’inizio dell’era dell’IA. Se le Intelligenze Artificiali hanno saputo creare immagini tanto veritiere nel giro di brevissimo tempo, cosa accadrà quando diventeranno più potenti?

La libera informazione quindi, a livello globale, dovrà fare i conti non soltanto con livelli di censura molto alti, specie nei Paesi orientali, ma dovrà vedersela con tecnologie sempre più capaci di fabbricare vere e proprie notizie partendo da zero, con il rischio quindi di andare a creare un grandissimo stato confusionale nel mondo dell’informazione. 

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