Liberaci, o Cultura, da tutti i mali

Di Riccardo Piazza e Rita Rassu

Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria – Roma

Come il Salone Internazionale del Libro di Torino anche Più libri Più liberi, Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria di Roma, torna in presenza dopo la pausa forzata dovuta alla pandemia. Nonostante quest’ultima, la media e piccola editoria è cresciuta nel 2021 più della media del mercato; negli ultimi due anni le case editrici con vendite tra i 10 e i 25 milioni di euro sono passate da 3 a 12 e gli editori più piccoli, con un mercato di circa 185 milioni è in crescita del 18% sul 2020.

Dopo 20 anni di attività, Più libri Più liberi, non è più il figlio ribelle dell’editoria ma una realtà consolidata a cui partecipano 484 espositori con più di 500 appuntamenti distribuiti tra il 4 e l’8 dicembre.

Il tema scelto è la libertà. La libertà di guardarsi negli occhi, di incontrarsi, di potersi sussurrare «le va di parlarne?» e di lasciarsi alle spalle ciò che ci ha resi fermi e statici. La libertà di tremare nel toccare una copertina e di sapersi ancora affascinati in un momento storico in cui tutti sono in cerca d’autore.

Libertà coadiuvata dalla presenza. Una presenza che secondo Antonio Sunseri, direttore commerciale della Giulio Perrone Editore, è dettata da «una volontà di scegliere meglio come spendere il proprio tempo, di tornare in fiera, di tornare a leggere, di parlarne insieme non più davanti ad uno schermo ma in presenza».

Giulio Perrone Editore che si fa portavoce di questa voglia di tornare a parlarne e lo fa tramite una serie di iniziative e nuove sfide come la già citata collana Mosche d’oro, diretta da Giulia Caminito, Nadia Terranova e Viola Lo Moro. «Il nostro catalogo» continua Antonio «deve essere come una strada di montagna in cui pian piano la strada si allarga e si ammirano nuovi paesaggi». 

Perché si fa una collana? «Perché è sì un progetto ma anche perché è un mezzo per esprimersi» spiega la scrittrice Giulia Caminito durante la presentazione della stessa collana. «Vogliamo che Mosche d’oro si distingui dalle altre per temi e contenuti, testi e paratesti». Nadia Terranova ha poi proseguito che «in questa collana piaceva l’idea di fotografare un’unica immagine fatta di voci differenti, volevano dare autorevolezza alle donne che scrivono, delle vere e proprie maestre (e per una volta non in senso dispregiativo)».

Le scrittrici contemporanee così vivono nelle maestre del passato, raccontandosi nel raccontarle. Tra le autrici della collana prende la parola Lisa Ginzburg, scrittrice di Jeanne Moreau:

«Quando ho scritto questa biografia mi sono resa conto che ha depositato una vera traccia dentro di me. È qualcosa che capita sempre quando si scrive ma questo omaggio a una maestra una volta messo sulla carta è come se avesse degli echi successivi. Ho capito tantissime cose di me successivamente alla pubblicazione. Con le biografie non è semplice che accada, ma è stato tutto grazie a come Mosche d’oro è impostata. Perché io ho avuto la possibilità di dirmi e raccontarmi raccontando la passione che provo per Jeanne Moreau».

Ma cosa vuol dire davvero “presenza”? Forse è ben di più dello stare semplicemente l’uno accanto all’altro, quanto sentirsi parte di un sentimento comune, qualcosa che va al di là dello stare “accanto”. È ciò che è accaduto durante «Reading al buio®» a cura di Fondazione LIA in collaborazione con ALDUS UP. Attraverso l’assenza di luce, Giulia Caminito ha preso la parola e al buio, illuminata da una semplice torcia, ha letto il suo romanzo “L acqua del lago non é mai dolce”, vincitore del premio Campiello.

Tra un brano e l’altro, sono state le parole stesse a farsi presenza, arrivando a tutti per la stessa via: l’ascolto. Attraverso la sua voce e la voce delicata di Clara, ipovedente, il romanzo è diventato un vero e proprio strumento di speranza e conforto, esperienza ed epifania per tutti coloro che, chiudendo gli occhi, hanno lasciato che fosse la carta a parlare. Poche persone, ombre e poi, i personaggi: Antonia e sua figlia de osservano il lago in cerca della natività nascosta dalle acque. Nella sala cade il silenzio, c’è solo la storia.

Leggere un romanzo senza vedere, sfiorando unicamente le parole con le dita, crea un nuovo modo di portare alla luce il testo. E persino quando è «Luca» a leggere —una tecnologia assistita in grado di leggere a voce alta ogni tipo di testo, operando una sintesi vocale avanzata che può essere regolata dall’utente su diverse velocità— i suoni diventano immagini; perché é la fantasia del lettore a creare, non importa la circostanza. La voce di «Luca», infatti, non ha lo stesso calore che potrebbe avere una voce umana, eppure, di fronte all’impossibilità di accedere a un testo, persino lui, non solo basta, ma persino commuove. Parlare di libertà vuol dire anche questo, infatti, parlare di quelle conquiste come «Luca» che, seppur invisibili ai più, fanno la differenza per tanti altri. Clara sorridendo, alla fine della lettura confessa «Io ho sempre avuto un rapporto particolare con la lettura perché all’inizio non potevo avere tutti i libri che volevo. Tutti i libri che riuscivo a ricevere per me erano un dono, avevo la stessa reazione che avevano gli altri bambini quando ricevevano il Nintendo. Harry Potter, io, non ho potuto affatto leggerlo come gli altri; ho potuto leggerlo, ma solo più  tardi. Ho dovuto aspettare, semplicemente, che uscisse anche per me anche in Braille. Però, chissà come, forse anche questo aspettare è stato un imprevisto prezioso, perché ho imparato ad amarla ancora di più la lettura. Forse proprio per questo»

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