Lewis Strauss e Oppenheimer, ovvero individui e interazioni sociali

AGGREGAZIONI COME SCONTRO DI INTERESSI 

Quando si ragiona su uno scenario internazionale, e quindi sugli attori protagonisti, spesso si dimentica che la sua composizione ultima nonché la determinazione degli eventi  connessi viene prodotta da individui. Questo ci spinge, da un lato, a considerare molti accadimenti come automatici, o comunque legati ad una sorta di meccanismo aprioristico, e, dall’altro, a non porre la dovuta attenzione sull’elemento psicologico e non perfettamente razionale che sta alla base dei comportamenti individuali. La base del nostro ragionamento deve essere dunque il concepire gli accadimenti come l’interazione tra percezioni, volontà e interessi di molteplici individui. 

Se partiamo dal presupposto che ciascun individuo possiede una propria sfera d’interesse, e se assumiamo che egli cercherà di perseguirla al meglio delle proprie possibilità e capacità, allora possiamo comprendere come le dinamiche interattive nella società e nella vita quotidiana prendano origine dall’incontro, che spesso diviene scontro, di più interessi individuali. 

Volendo elevare questo discorso sul piano delle Relazioni Internazionali come disciplina accademica, ma anche come dimensione sociale vera e propria, occorre specificare che molti studiosi non concordano sul livello di analisi più adeguato da impiegare. In altre parole, quello che dobbiamo chiederci è se sia più importante focalizzarsi sul ruolo del sistema internazionale complessivo, degli Stati come singoli attori o degli individui che compongono la classe dirigente degli attori internazionalmente rilevanti. È qui che il ruolo degli individui assume una rilevanza diversa; giacché gli Stati non possono essere concepiti come un soggetto unitario, mentre il sistema internazionale non può semplicemente venir ridotto ad un’arena che influisce su tutto ciò che accade. 

Per dimostrare questa rilevanza è preferibile ricorrere ad un esempio che forse può sembrare inconsueto, ma che in realtà ci consente di esaminare dall’interno una delle fasi più delicate e difficili della politica internazionale. Parliamo infatti di Lewis Strauss, e del ruolo che ebbe in relazione alla bomba atomica sviluppata da Robert Oppenheimer. La trattazione di questo scritto non vuole tuttavia riproporre l’ennesima analisi storico-biografica, ma vuole piuttosto sfruttare il recente film, anch’esso biografico, che racconta l’esperienza dello scienziato e dunque anche il suo rapporto con Strauss. 

LEWIS STRAUSS, FILANTROPO E CARRIERISTA 

Lewis Lichtenstein Strauss nasce a Charleston, Virginia, nel 1896 da una famiglia ebraica discendente da ebrei tedeschi emigrati nella prima metà dell’Ottocento. Strauss dimostrò fin dall’infanzia una certa inclinazione allo studio, finendo per interessarsi alla fisica; circostanza che influirà anche sul suo futuro rapporto con Oppenheimer. Nonostante la possibilità di proseguire gli studi, egli scelse di aiutare il padre nella sua attività di vendita di scarpe, entrata in crisi a causa del momento recessivo del 1914; riuscendo infine a pagarsi gli studi grazie ai suoi proventi e non più con la borsa di studio che avrebbe potuto inizialmente sfruttare.

Il momento di svolta per Strauss coincide col suo ingresso nella commissione incaricata di organizzare le attività di supporto e di sussistenza in Belgio; la quale era presieduta da Herbert Hoover, destinato a diventare Presidente degli Stati Uniti. Quando Hoover divenne il direttore della US Food Administration, Strauss lo seguì e venne nominato suo segretario particolare. È in questi anni che Strauss affronta le prime questioni amministrative e riesce a viaggiare in Europa, avendo così modo di constatare in prima persona le conseguenze drammatiche della Prima guerra mondiale e sviluppando una consolidata ostilità verso l’ideologia comunista. 

Passata l’esperienza di dirigente pubblico riesce ad ottenere una posizione presso la prestigiosa banca Kuhn, Loeb & Co. a New York, il tutto grazie alla conoscenza di Felix Warburg e alle pressioni di Hoover. È in questa occasione che conoscerà anche la moglie Alice. Questo fece sì che il suo percorso di formazione non potesse continuare, rendendolo di fatto privo di un titolo di studio di alto livello e dunque propenso a sviluppare attitudini di perfezionismo o di autodifesa per giustificare la sua ascesa sociale. Come banchiere si occupò prevalentemente di investimenti ferroviari, conducendo al contempo operazioni legate a Kodachrome e Polaroid. La sua posizione, e di conseguenza il suo patrimonio, si era talmente consolidata da consentirgli di superare la crisi del 1929 senza particolari problemi. 

Essendo ormai legato alla figura di Hoover, Strauss lavorò intensamente alla sua elezione a Presidente. Andò male nel 1920, ma nel 1928 giunse finalmente la vittoria. Strauss svolse attività politica ed elettorale nelle fila del Partito Repubblicano come uomo di fiducia del Presidente fino alla sconfitta nel 1932, momento in cui ebbe inizio l’ascesa di Roosevelt e che vide sia Strauss sia Hoover opporsi al cambiamento di politica economica portato dal New Deal. 

Strauss continuò a lavorare come banchiere fino al 1941, poiché venne chiamato in servizio in quanto membro della riserva della Marina. La sua ambizione era di essere incluso nei reparti di intelligence, ma i pregiudizi contro gli ebrei gli impedirono di realizzare l’obiettivo. Strauss lavorò allora presso il Bureau of Ordnance, nel quale si occupò di organizzare la produzione e la distribuzione di munizioni per la Marina. 

Dopo la guerra fu uno dei membri, e successivamente presidente, della nascente Commissione per l’Energia Atomica; incarico che gli permise di rivestire un ruolo di primo piano nella gestione della risorsa nucleare in relazione ai possibili usi civili e militari. È qui che conoscerà Oppenheimer e che partiranno i contrasti che si rifletteranno poi sia sulla vita dello scienziato sia sulla carriera di Strauss col rifiuto, da parte del Senato, della sua nomina a Segretario del Commercio da parte di Eisenhower. In particolare i due avranno visioni differenti sulla possibilità di esportare isotopi in Norvegia e sulla necessità di sviluppare la bomba all’idrogeno, anche se la diversità di vedute traeva un’origine più profonda da due mentalità che non avevano modo di conciliarsi. 

Strauss fu molto attivo anche a livello sociale, partecipando a diverse iniziative e associazioni come la congregazione Emanu-El di New York e l’American Jewish Committee. Durante la guerra lavorò attivamente per accogliere gruppi di profughi provenienti dalla Germania e per altre azioni simili. Inoltre, pur essendo ebreo, Strauss non era un sionista; dunque non sosteneva, ma anzi a versava, la necessità di creare uno Stato d’Israele. Strauss riteneva di essere un americano di religione ebraica, e che gli ebrei dovessero aspirare ad un’integrazione completa negli Stati di residenza. 

UN UMILE VENDITORE DI SCARPE

“Ha mai pensato di studiare fisica signor Strauss?“. “Me lo hanno offerto, ma ho scelto di vendere scarpe”. ”Lewis Strauss era un umile venditore di scarpe?”. “No, solo venditore di scarpe”. 

La scena di Oppenheimer che più ci aiuta nella nostra descrizione è quella in cui, durante il loro primo incontro, lo scienziato suscita una punta di risentimento in Strauss a causa di un suo commento stigmatizzante la vecchia occupazione di quest’ultimo come venditore di scarpe. Successivamente Strauss si insospettisce per il fatto che Einstein, anch’esso presente all’istituto, lo abbia ignorato completamente dopo aver conversato con Oppenheimer. 

Strauss non poteva sapere che l’argomento della conversazione tra i due scienziati non riguardava la sua persona, ma i successivi accadimenti e la reciproca rivalità mostrano il sorgere di bias confermativi che suggeriscono a Strauss l’idea che Oppenheimer avesse ordito una macchinazione ai suoi danni. Questo ci fa riflettere sul ruolo fondamentale che le percezioni assumono nelle relazioni sociali e lavorative, e dovrebbe ispirare nuovi modi per leggere dinamiche di contrasto troppo spesso imputate a cause apparenti e superficiali. 

Pensiamo a un normale litigio che sorge in una situazione di competitività, magari all’interno di un’azienda o in un altro tipo di struttura. Se anche non si arriva ad uno scontro, magari si osserva comunque il susseguirsi di percezioni negative dell’altro. Un impiegato può ritenere che un collega parli male di lui alle sue spalle, e ogni volta che lo vede in lontananza nell’atto di conversare, magari ridendo mentre guarda nella sua direzione, interpreta quel gesto come una conferma dei propri sospetti. Può sembrare banale, ma è la percezione la causa dei contrasti da analizzare; piuttosto che concentrarsi sugli effetti successivi. 

SIGNOR STRAUSS…

“Signor Strauss… “. “Ammiraglio “. 

In un’altra scena si vede Strauss che cammina in un corridoio per avvicinarsi alla sala dove si svolgerà la sua udienza di conferma a Segretario del Commercio. Il suo assistente si rivolge a lui senza usare il grado che, come abbiamo visto, Strauss aveva ottenuto negli anni della guerra prestando servizio come riservista della Marina. 

Si tratta di un breve istante, ma racchiude così tante dinamiche psico-sociali ed interazionali che la trattazione potrebbe saturarsi solo grazie a questo punto. È evidente infatti che quando un personaggio come Strauss, che ha fatto carriera solo grazie ai suoi sforzi e al suo cinico pragmatismo, viene coinvolto in un’interazione; il suo desiderio consisterà nel vedersi riconosciuto il prestigio guadagnato negli anni. 

In questo caso si torna alla vecchia contrapposizione tra persone dotate di formazione e titoli di studio elevati e persone che hanno costruito una carriera senza quel punto di partenza. Non è intenzione di questo scritto schierarsi in favore dell’una o dell’altra categoria, anche perché ogni caso è un’esperienza indipendente da valutare nel suo contesto specifico. Tuttavia possiamo osservare che questo tipo di contrasto risulta più che mai ricorrente nella società. L’attaccamento ad un titolo, così come l’ossessione per la laurea come strumento di riconoscimento sociale e non di emancipazione culturale, possono permeare la visione delle relazioni sociali. 

LEI NON CONOSCE GLI SCIENZIATI 

“Lei non conosce gli scienziati come li conosco io; detestano chiunque li metta in discussione, soprattutto se non è uno di loro… “. 

Mentre Strauss racconta dei suoi passati rapporti con Oppenheimer e la comunità degli scienziati americani pronuncia la frase sopra riportata. Anche in questo caso si offre alla nostra attenzione un chiaro esempio di cosa possa significare l’appartenenza ad una determinata categoria o classe all’interno delle relazioni sociali. 

L’inserimento di un soggetto estraneo all’interno di una nuova comunità, se non correttamente gestito e armonizzato, può essere percepito in maniera anomala e dunque creare dei contrasti. Analogamente l’interazione tra due categorie assai differenziate nel modo di impostare i ragionamenti e la risoluzione dei problemi, come nel caso di scienziati e politici, rischia di risultare problematica senza un fattore di mediazione in grado di fare da filtro nel rapporto. 

Nelle aziende, oppure in altre organizzazioni, si potrebbe pensare all’interazione tra figure tecniche, ad esempio degli ingegneri, e figure non tecniche, come dirigenti o quadri con competenze commerciali ed amministrative. Potremmo perfino spingerci a dire che, in certi casi, il rapporto tra studenti e professori, o più in generale tra figure guida e nuove generazioni, possa crearsi un certo tipo di sfiducia capace di compromettere il legame e lo scambio di messaggi costruttivi tra le due categorie. 

La sola percezione di chiusura da parte di un interlocutore o di un dato gruppo col quale si ha necessità di interagire può causare danni relazionali assai gravi, e sovente questo elemento viene trascurato nei processi decisionali. 

È TUTTA LA VITA CHE LAVORO PER ARRIVARE QUI 

“È tutta la vita che lavoro per arrivare qui, al Gabinetto degli Stati Uniti d’America, e ora di fronte all’intera nazione mi rimetteranno al mio posto: un umile venditore di scarpe”. 

Quando si impiega grande fatica, e soprattutto molto tempo, per raggiungere un obiettivo appare chiaro che ogni minima possibilità di fallimento suscita paura. Se a questo si aggiunge l’influenza che, come nel nostro esempio, un’origine “umile” può esercitare sia come motore per alimentare gli sforzi sia come fonte di disprezzo verso chi ha goduto di maggiori “privilegi”; arriviamo ad un’altra classica interazione suscettibile di distorcere i rapporti sociali. 

Esistono temi ricorrenti legati a questo punto, tra i quali spicca quello dell’equipollenza delle condizioni di partenza all’ingresso nel mercato lavorativo. Il merito di chi si è impegnato, la disuguaglianza connessa a chi rimane indietro, l’affronto di chi ha usurpato un traguardo che sembrava destinato ad altri. Quante volte vediamo questi elementi connotare l’evoluzione di una relazione sociale? Quante volte ci fermiamo al giudizio sull’esperienza altrui senza comprenderne il portato e la storia? 

Sapere ciò che una persona ha passato, ciò che una persona ha fatto, è la chiave per migliorare la comprensione e, dunque, l’interazione sociale nonché lavorativa. 

UN PERSONALE DESIDERIO DI VENDETTA 

“Lei si riferisce all’ostilità che certi scienziati hanno verso il signor Strauss per via del suo impegno per la sicurezza, come dimostrato nel caso Oppenheimer?”. 

Durante l’udienza di convalida di Strauss la testimonianza del dottor Hill assume un ruolo centrale. Egli infatti, nonostante alcune passate divergenze, denuncia il modo in cui Strauss ha cercato di demolire la credibilità di Oppenheimer; arginando così il suo prestigio negli ambienti politici. A quel punto il senatore Pastore rivolge allo scienziato la domanda sopraccitata. 

Intanto è interessante notare l’uso del termine “signor” al posto di altri titoli. Questo ci può indicare che, nonostante gli sforzi, in certe circostanze può essere comunque difficile vedersi attribuire un titolo od un particolare segno di prestigio, magari anche a causa di interazioni procedurali e meno burocratiche. 

Tuttavia l’elemento più interessante, in questo caso, è la risposta di Hill; la quale sottolinea l’intento vendicativo di Strauss verso Oppenheimer nel cercare di minare la sua posizione politica. Hill parla infatti di “un personale desiderio di vendetta” capace di alimentare la reazione di Strauss. Come ci ricorda Clausewitz, quando si ingaggia uno scontro si deve sempre tenere presente la volontà dell’avversario; il quale agisce in maniera autonoma e che può agire in modo inaspettato, così come inaspettate possono risultare le relative conseguenze. 

UN SENTIERO DI FUOCO

“Chiunque sia stato ha scatenato un sentiero di fuoco dalla Casa Bianca alla mia scrivania all’AEC…”. 

Con questa frase Strauss descrive lo sconvolgimento provocato dall’inchiesta contro Oppenheimer. Il tutto diviene quantomeno curioso se si considera che tale sconvolgimento ha avuto origine proprio grazie a Strauss, il quale tuttavia non lo rivela nemmeno ai propri assistenti; almeno fin quando riesce. 

Questo ci porta all’ultima, e forse alla più cinica, considerazione di questo scritto. Nelle relazioni e nelle interazioni tutti mentono, fingono od alterano i fatti; perché tutti hanno degli interessi e degli obiettivi da proteggere e portare avanti. Ignorare tale dinamica o, peggio ancora, illudersi di poterla eliminare non può che condurre verso il disastro. 

Se accettiamo l’idea che le aggregazioni sociali siano finalizzate, o possano catalizzare, all’ottenimento di benefici di varia natura; allora non possiamo sorprenderci se gli individui sono propensi a mentire. La crescente banalizzazione del dibattito, che ci vorrebbe dipingere tutti altruisti a priori, non fa che mascherare questa condizione, suscitando aspettative che non potranno che deludere una volta esperita la realtà delle interazioni sociali. 

In conclusione possiamo dire che quella di Lewis Strauss è una storia che forse non presenta caratteri di straordinarietà. Ma proprio per questo, e in virtù del contesto storico in cui si è sviluppata, può diventare una fonte di ispirazione per pensare al modo in cui interagiamo mentre lavoriamo o mentre siamo in altre situazioni. In un mondo sempre più connesso, e dove con connessione si può intendere anche un legame digitale che non implica la vicinanza fisica, interazione si dipinge come una parola chiave. In ogni caso, è bello pensare che la storia sia in grado di offrire suggerimenti non solo per migliorare la nostra cultura, ma anche per ispirarci nuovi modi di affrontare la vita quotidiana.

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