L’Europa di Milan Kundera

Leggere significa confrontarsi con l’autore, talora concordando con il suo pensiero e talora dissentendone. Ma a volte accade di trovarsi in una così completa sintonia con l’autore da rendere difficile sintetizzarne il pensiero con parole proprie. Quando poi l’autore è un grande della letteratura sarebbe addirittura irriverente citarlo con parole diverse dalle sue. Ecco il motivo per cui in questo articolo propongo la trascrizione integrale di un brano di Milan Kundera.

In un saggio intitolato L’arte del romanzo pubblicato nel 1986 (ed italiana Adelphi 1988) l’autore, in un capitolo intitolato Sessantasei parole, propone una sua interpretazione, ovviamente non strettamente letterale, delle parole prescelte. Ecco quanto Milan Kundera scrive a proposito delle parola Europa:

Nel Medioevo l’unità europea poggiava sulla religione comune. Nell’epoca dei Tempi moderni cedette il posto alla cultura (alla creazione culturale) che diventò la realizzazione dei valori supremi attraverso i quali gli europei si riconoscevano, si definivano, s’identificavano. Oggi, la cultura cede il posto a sua volta. Ma a cosa e a chi? Qual è l’ambito nel quale si realizzeranno dei valori supremi in grado di unire l’Europa? Le conquiste tecniche? Il mercato? La politica con l’ideale della democrazia, con il principio della tolleranza? Ma questa tolleranza, se non protegge più nessuna creazione ricca e nessun pensiero forte, non diventa vuota e inutile? Oppure questa rinuncia alla cultura la si può intendere come una sorta di liberazione alla quale abbandonarsi con euforia? Io non lo so. Credo solo di sapere che la cultura ha già ceduto il suo posto. Così, l’immagine dell’identità europea si allontana nel passato. Europeo: colui che ha nostalgia dell’Europa.

Ogni ulteriore considerazione sarebbe superflua, e da convinto europeista posso soltanto, con grande dispiacere, condividere le parole del grande scrittore

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