Leggere Lolita a Teheran, quando la letteratura è resistenza

Leggere Lolita a Teheran, celebre best seller del 2003 della scrittrice iraniana-statunitense Azar Nafisi, è diventato finalmente un film. Diretto dal regista israeliano Eran Riklis, è stato presentato in anteprima mondiale durante la diciannovesima edizione della Festa del Cinema di Roma (2024), dove è in concorso nella sezione “Progressive Cinema, Visioni per il mondo di domani”. L’uscita nelle sale italiane è prevista per il 21 novembre.

1979 – Azar Nafisi (interpretata dalla meravigliosa Golshifteh Farahani) torna in Iran dopo aver completato gli studi di letteratura inglese e americana negli Stati Uniti e diventa docente presso l’Università di Teheran. In quegli anni esplode la rivoluzione iraniana (o khomeinista), che trasformò il Paese da monarchia a repubblica islamica sciita. La scrittrice si ritrova così a dover affrontare il rischioso e delicato compito di insegnare letteratura occidentale mentre i fondamentalisti stavano accrescendo il loro potere. A causa delle continue pressioni sui contenuti delle sue lezioni, bollati come “immorali”, Nafisi deciderà poi di abbandonare l’insegnamento nelle aule dell’Università e di riunirsi segretamente a casa ogni giovedì con altre donne per leggere e riflettere su alcuni romanzi. In particolare, sono quattro i libri che tracciano il fil rouge della trama, intitolando le quattro parti in cui è suddivisa la pellicola: Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, Lolita di Vladimir Nabokov, Daisy Miller di Henry James e Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen. Attraverso queste opere, seguiamo la scrittrice nel corso degli anni, in un Iran che diventa sempre più oppressivo: l’imposizione del velo, la chiusura di una libreria, il grigiore e la violenza nelle strade, i controlli assidui e coercitivi. 

In questo scenario, la letteratura diviene uno strumento di fuga e resistenza. Le ragazze, ad esempio, inscenano il ballo del primo incontro di Darcy ed Elizabeth. Trovano nelle pagine di questi romanzi un rifugio e uno specchio per interpretare la loro realtà: «Noi siamo Lolita?» chiede, a un certo punto, una di loro. Azar Nafisi evidenzia così l’importanza della letteratura come strumento critico e di pensiero, come metafora della vita e di tutte le vite. Per lei sarebbe stato impossibile raccontare la sua esperienza senza parlare di letteratura, la quale si intreccia in maniera inscindibile con la realtà, confondendosi con quest’ultima in un unico filo.

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