Puntuali come il postino che suona al citofono, tornano le pagelle della politica, dopo le elezioni regionali in Calabria ed Emilia Romagna.
Matteo Salvini: 4
E’ lo sconfitto di questa tornata. Il nostro deve avere un rapporto complicato con l’Emilia Romagna, forse un due di picche preso in riviera da qualche ragazza, magari di origine teutonica, in gioventù, ma ogni volta che scende, che sia al Papeete o alla sagra del culatello, tende a strafare e non ne azzecca una. Salvini ha una dote indiscussa, l’essere una macchina da campagna elettorale, ma stavolta ha toppato proprio in quella che fino ad oggi è stata la sua specialità. Non ha capito il popolo di cui voleva essere interprete, non si è messo in connessione con i suoi sentimenti ed è stato respinto. Il vero sovranista emiliano-romagnolo è stato Bonaccini, Salvini con le sue bibbianate, le sue citofonate e le comparsate alle feste di paese, era l’intruso, praticamente l’invasore. E si sa che quella gente agli occupanti è allergica. Ora inizia una nuova storia a destra.
Giorgia Meloni: 8
L’unica vera vincitrice a destra: raddoppia i voti in Emilia Romagna e in Calabria raggiunge la doppia cifra a condire la vittoria piena di Iole Santelli. Fratelli d’Italia non è più il rifugio di una corrente regionale di ex An, ma l’unico partito che cresce ed ha una solida prospettiva a destra. Fabio Rampelli ha avuto ragione, sia nel puntare tutto sulla sua creatura politica sia sulla figura della sua leader. Hanno saputo resistere alla tempesta quando FdI è stata per anni inchiodata sotto al 3%, lavorando sui territori pancia a terra, hanno scelto di accettare i toni da trivio che Salvini ed i Cinque Stelle dettavano in questi anni, spesso distinguendosi per non pochi eccessi e qualche serio scivolone, ma non hanno perso una certa formazione politica acquisita in gioventù, che oggi li premia e nel medio periodo siamo convinti li premierà. Chi conosce gli stagni elettorali della destra in Italia sa che le cifre di Fdi odierne sono all’altezza di quelle di Alleanza Nazionale…non è poco…anzi…per la prima volta non è fantascienza pensare che il 20% non sia una chimera. Chapeau.
Silvio Berlusconi: 5
Lo hanno svegliato di notte per fare una telefonata in viva voce al comitato di Jole Santelli. Ha biascicato qualche frase di circostanza, poi lo hanno rimesso a letto. Una scena pietosa che sinceramente i dirigenti di FI gli potevano risparmiare. Umiliare così una figura che nel bene e nel male ha segnato la storia della Repubblica è un delitto, specie se lo si fa solo per salvare le proprie residue poltrone. Umiliante.
Luigi Di Maio: 3
E’ scappato prima che la casa crollasse, quando i calcinacci già cadevano dai cornicioni. Scappare così non è furbizia, è codardia però. Piccolo piccolo.
Nicola Zingaretti: 6
Fa sempre tutto quello che non vorrebbe fare, perché quando lo hanno fatto segretario gli hanno suggerito di assecondare sempre Franceschini, ma lo fa con dignità, con quel pizzico di fortuna che da sempre lo accompagna e che in politica non è poco. Per ora sopravvive: non era scontato.
Dario Franceschini: 7
Prosegue la sua opera politica verso le nozze con il Movimento Cinque Stelle: ora dovrà stare attento a non ammazzare la sposa prima di portarla all’altare, ma ha la pazienza di farlo. Il nuovo Pd è il suo, potrà cambiare o meno nome, ma un sarà un democristiano a fare da levatrice al nuovo partito della sinistra italiana. Inesorabile.
Matteo Renzi: S.V.
Se non partecipi alle elezioni in modo sostanziale e visibile non esisti, ma a volte la smania di volere esistere per forza può fare più danni della grandine, ammazzando nella culla un bimbo nato già fragile e prematuro di suo. Ecco perché accontentarsi di un consigliere regionale ed un assessore in Emilia Romagna, puntando su Bonaccini è stata una scelta minimalista, ma rivelatasi esatta. Saggio
Carlo Calenda: 6
Da quando ha fatto l’accordo con Renzi è sparito dai talk televisivi, che lo ospitavano solo per insultare Renzi. Ha soffocato il suo ego per motivi politici ed è stato premiato con l’elezione di una consigliera regionale a Modena con Bonaccini. Intelligente.
Stefano Bonacini: 10
Da oscuro uomo di partito cresciuto nella tradizione degli amministratori del centrosinistra emiliano-romagnolo ha personaggio politico-mediatico nazionale. Un salto di qualità che si è costruito da solo, più che con la buona amministrazione, con la capacità di comunicare e sapersi comunicare in connessione col suo territorio. Simpatico il giusto, serio il giusto, cattivo quanto basta. Ha regalato un anno di tempo al Pd, al Governo ed ai partiti che lo sostengono, per costruire un progetto politico vero per l’Italia: lo sapranno fare? Non ci scommetteremo, ma lui può attendere 5 anni da vincitore per provare poi a scalare le vette nazionali. Quando Renzi scommetteva su di lui contro il vecchio apparato rosso aveva visto giusto, anche se nessuno lo ricorderà. Bravo.
Antonio Tajani: 4
Il perfetto moderato in giacca e cravatta che ai primi exit poll si presenta a reti unificate strillando la sua eccitazione, esaltato per un 12% in Calabria, dimentico del 2% in Emilia Romagna, è il segno di una Forza Italia giunta, tristemente, ai titoli di coda. Le immagini della tarantella con lui e Gasparri al centro della pista al comitato Santelli sembrano la festa di un centro anziani non la soddisfazione di un gruppo dirigente. Ridicolo.
Jole Santelli: 7
Si presenta afona alle telecamere: è la metafora di questa Forza Italia morente che non può parlare e farsi sentire neppure quando vince. Però lei ha vinto, e si è salvata. Dalla segreteria di Marcello Pera a sottosegretaria alla giustizia del Berlusconi 2 dal 2001 al 2006. Una lunga e oscura militanza parlamentare portata avanti con decoro. La presidenza della Calabria non sarà una passeggiata ma è un riconoscimento onorevole per una carriera onorevole. Complimenti.
Vito Crimi: 0
Da gerarca minore a becchino: il giusto contrappasso per un personaggio che è la cifra del fallimento del Movimento Cinque Stelle. Spregevole.
Pippo Callipo: 6
Farsi chiamare civico dopo aver attraversato tutti i partiti della Calabria, mantenendo a oltre 70 anni l’etichetta di nuovo non è da tutti. Lui c’è riuscito. Uno di quelli che vincono pure quando perdono, cioè sempre. Opportunista.
Lucia Borgonzoni: —
… e chi è?
Appuntamento alle prossime elezioni.