Lo scorso venerdì, sul Corriere della Sera, Nando Pagnoncelli (Ipsos) ha rivelato un sondaggio che ha infiammato la giornata politica, soprattutto nel Centrodestra.
Fratelli d’Italia è arrivato al 18%, un dato storico per il partito, nato nel 2012 e dal 2013 sotto l’egida di Giorgia Meloni, alla quale spetta il merito della salita.
Il primo risultato per l’allora neonata forza politica arrivò nel 2013, in occasione delle elezioni politiche, durante le quali Fdi non approdò neppure al 2%; seguirono le Europee, due anni più tardi, dove la percentuale salì al 3,6; ancora, quattro anni dopo si votò per l’elezione del Parlamento e Giorgia Meloni non andò oltre il 4,3%.
Il salto di qualità avvenne l’anno successivo, nel 2019, alle Europee: 6,46%.
Nell’ultimo periodo, tuttavia, c’è stata l’esplosione: circa 12 punti in altrettanti mesi.
Se l’imminenza dell’urna non è fruttifera di voti, o quantomeno non consente una rapida crescita, qual è l’abilità della Meloni? In altre parole, quando in programma c’è un susseguirsi di scadenze elettorali (quantunque negli anni scorsi il partito fosse appena nato), l’ex AN non è riuscito ad arrivare in Parlamento con risultati decorosi. In verità, la bravura della Meloni è saper lavorare – politicamente – nel medio periodo, senza troppi cambiamenti con le posizioni assunte in passato, con coerenza e decisionalità. L’ideologia che sta alla base di FdI è chiara, così come è nota la tradizione politica dalla quale proviene. Che bisogno c’è di cambiare rotta in base al vento? Piuttosto, giacché Fratelli d’Italia opera in coalizione con altri partiti, benché con differenze significative, il trucco è sfruttare la decrescita degli alleati e soffiargli i voti.
In tal senso, dunque, si spiega l’impennata della Meloni, se si comprende il crollo della Lega di Salvini. Il 9 dicembre 2019 Enrico Mentana diffuse una rilevazione fatta da Swg, secondo la quale la Lega si attestava al 33%. Era il periodo d’oro del Carroccio e difatti la Meloni galleggiava su un 6% insoddisfacente.
Precipita l’uno, vola l’altro. In meno di un anno, il leader verde ha perso 10 punti in percentuale, mentre Fdi ne ha guadagnati circa 12.
L’analisi in questione lascia emergere anche una considerazione ulteriore: l’elettore italiano non vota in base ai valori e agli ideali, bensì segue il capo partito.
La Lega (Nord) nasce in occasione dell’alleanza dei movimenti autonomisti settentrionali, pertanto s’inquadra ab origine come una forza esclusivamente nordista e con un preciso scopo sociopolitico. Fratelli d’Italia, invece, affonda le radici in un ideale ben più forte, ovvero prosegue la tradizione del Movimento Sociale Italiano, nato nel 1946.
Alla luce di quanto su scritto, quindi, alla confluenza elettorale tra i due partiti oggigiorno non c’è altra spiegazione se non l’attrattività dei rispettivi leader.
Salvini perde colpi, Meloni gli ruba terreno. A settembre si voterà per le elezioni regionali e la partita sul Mes è ancora aperta. Si deciderà tutto in autunno e il trimestre che verrà sarà una bomba a orologeria per la politica italiana, destinata a esplodere o a superare un falso allarme.
Se Giorgia Meloni saprà resistere alle pressioni dei rivali e alle opposizioni della sinistra e dei grillini, sarà in prima linea per una leadership della coalizione, incoronata dall’urna e non per grazia degli alleati.