Lanterna geopolitica: per Washington l’Afghanistan è una tragedia morale, non geopolitica. anzi

Le immagini di civili in fuga e donne disperate provenienti da Kabul non possono che suscitare indignazione e sconcerto. Ciò che sta avvenendo è moralmente ed eticamente inaccettabile. Tuttavia, il ragionamento geopolitico obbliga a mettere da parte i sentimenti ed analizzare gli eventi in maniera fredda e distaccata. Ecco, quindi, perché ci dovremmo stupire di meno dei recenti sviluppi in Afghanistan, che hanno una loro (cinica) logica e razionalità geopolitica.

Premessa: l’Afghanistan è un territorio privo di rilevanza strategica per gli Stati Uniti. La guerra cominciata nel 2001 fu motivata più dal sentimento del momento che da un calcolo razionale. Questi venti anni di guerra sono stati una distrazione costosa, sia in termini di tempo che di risorse, per la superpotenza americana, di cui hanno profittato i principali antagonisti di Washington, in ossequio al detto napoleonico “non interrompere il tuo nemico mentre sbaglia”.

Da qualche anno gli USA hanno maturato la consapevolezza di dover razionalizzare la propria presenza nel mondo, ricalibrandola in funzione della strategicità del contesto. Oggi è la Cina la minaccia strategica alla Pax Americana, dunque, nella visione degli apparati della superpotenza, sarebbe stato illogico continuare a combattere così seriamente una minaccia a-strategica come il terrorismo in un territorio a-strategico come l’Afghanistan. Inoltre, osservando una cartina emerge chiaramente come un Afghanistan destabilizzato porterà più problemi a Russia e Cina di quanti non ne possa portare agli Stati Uniti. In sintesi, il caos non sempre va pacificato, bensì può rappresentare un utile strumento di disturbo e contenimento dei propri rivali geopolitici, specie se questo caos sono le sabbie mobili afghane.

In aggiunta, ciò che sorprende chi segue da qualche tempo le vicende afghane è lo stupore della maggior parte dei giornalisti per ciò che si sta verificando. Il semplice fatto che i talebani abbiano conquistato il potere senza spargimenti di sangue e senza incontrare resistenze dimostra il sostanziale via libera ottenuto da parte di tutte le potenze, dalla Cina agli Stati Uniti. La stessa Washington sono anni che tratta coi talebani a Doha, implicitamente legittimandoli come interlocutori: in proposito, il 29 febbraio 2020 USA e talebani siglarono un accordo bilaterale che escludeva il governo di Kabul dalla negoziazione, segnale ben chiaro alla luce delle evoluzioni recenti. Dunque, i laboratori strategici statunitensi da lungo tempo consideravano la nascita di un Emirato Islamico dell’Afghanistan uno scenario assolutamente plausibile e cinicamente neanche troppo indesiderabile.

In conclusione, ciò che vediamo a Kabul, con donne in fuga e il ritorno all’oscurantismo talebano, è orrendo, intollerabile e disgustoso. E per fortuna lo giudichiamo in questo modo, perché significa che siamo ancora in grado di accorgerci dei privilegi che ci accorda la nostra società libera. Ma dobbiamo sempre ricordare che non possiamo applicare le nostre categorie a contesti lontani, perché significa finire fuori strada compiendo il classico errore che prevede di estendere i nostri valori e diritti all’intero globo. Invece, la vicenda afghana dovrebbe almeno insegnarci a riconoscere la relatività di questi valori e diritti, la loro non universalità. L’Afghanistan non era una società libera e democratica fino a qualche giorno fa, non lo sarà sotto il dominio talebano e non lo diventerà nel futuro immaginabile. I talebani non sono un corpo estraneo alla società afghana, bensì ne sono parte integrante, e godono di un consenso reale.

Non mischiamo dunque l’analisi del presente con l’etica e la morale, che hanno punti di contatto, ma vanno tenute distinte se si vuole guardare al mondo per quello come è, e non per come vorremmo che fosse.

1 commento

  1. Tutto vero e spiegato in maniera meravigliosa.
    Quello che mi fa girare le ….. è che ora, quando il tutto è avvenuto, si verifica l’indignazione meravigliata della classe politica, giornalistica.
    Ma nei tre, quattro giorni precedenti alla presa di Kabul, c’è stato qualcuno che ha detto qualcosa??? Io, seguo quasi tutti i TG, che con grande noia dei familliari ma, fino a ieri, non avevo sentito un beato nulla…..
    Mah devo eseguire un controllo dell’udito.

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