“L’America cercherà sempre la pace nello Spazio. Ma la storia ci dimostra che la pace arriva soltanto con la Potenza, e la Space Force Americana si trasformerà in una potenza negli anni a venire”. Così il vicepresidente americano Mike Pence ha commentato la decisione di istituire una Space Force, ovvero una sesta forza armata interamente dedicata agli affari spaziali. Tale iniziativa segue la creazione dell’US Space Command, il nuovo comando unificato combattente facente parte dell’esercito USA. Lo Zio Sam sente infatti minacciato il proprio predominio spaziale e sta correndo ai ripari. Lo Spazio non è solamente un luogo da esplorare per meri scopi di ricerca scientifica, bensì ha un profondo rilievo geopolitico. Di questo ci occuperemo nell’odierna puntata di Lanterna Geopolitica, ispirata dalla lettura del magistrale saggio “Geopolitica dell’esplorazione spaziale”, scritto dall’ingegnere aeronautico Marcello Spagnulo.
GEOPOLITICA DELLO SPAZIO DURANTE LA GUERRA FREDDA:
Al termine del secondo conflitto mondiale, gli Stati Uniti accolsero un gruppo di scienziati e ingegneri provenienti dalla Germania nazista, guidati da Wernher von Braun. Il “Rocket Team” di von Braun fu cruciale per permettere a Washington di conoscere i segreti della tecnologia alla base del celebre razzo V2, al fine di garantire la supremazia spaziale statunitense nel contesto bipolare. Fu proprio il team di von Braun a lanciare il satellite Explorer nel 1958, pareggiando la partita con l’Unione Sovietica, che aveva appena lanciato il suo Sputnik. Quest’ultimo evento, seguito a stretto giro dal lancio del primo pilota militare in orbita, sembrava proiettare Mosca in testa alla cosiddetta “corsa allo Spazio”. Washington fu chiamata a reagire per “inorgoglire il Paese, stupire gli alleati e intimorire i nemici”[1], e lo fece in grande stile. Nacque quindi il programma Apollo, il cui fine era evidentemente molto più geopolitico che scientifico. La disinteressata ricerca scientifica serviva solo come vernice propagandistica per giustificare all’opinione pubblica investimenti giganteschi, quantificabili ex post in più di 200 miliardi. Il 19 luglio 1969 giunsero dunque sulla Luna Neil Armstrong ed Edwin Aldrin, piantando sul suolo lunare la bandiera a stelle e strisce, a segnalare ai 600 milioni di telespettatori che il prestigio americano era rimasto inscalfito.
In seguito, negli anni ’80, durante la presidenza Reagan, venne annunciata l’intenzione di realizzare uno “Scudo spaziale” intorno alla Terra, al fine di rendere obsoleta la minaccia nucleare sovietica. La Space Defense Initiative (SDI) era però una iniziativa prettamente militare, quindi difficile da far digerire all’opinione pubblica: nacque allora il progetto per la costruzione di una Stazione spaziale da condividere con gli alleati, l’odierna Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Nella visione dell’ingegner Spagnuolo, l’iniziativa mai completata dello Scudo Spaziale fu cruciale per la nascita delle start-up che oggi dominano il mondo dalla Silicon Valley, le quali hanno beneficiato delle ricadute tecnologiche derivanti dagli investimenti nella SDI.
IL CONFRONTO TECNOPOLITICO PER IL CONTROLLO DEL TEMPO SULLA TERRA:
“La Cina e la Russia hanno realizzato sistemi d’arma spaziali e hanno trasformato l’orbita terrestre in un possibile scenario operativo di guerra”, ha affermato Stephen Kitay, vicesegretario statunitense alla Difesa con delega alla politica spaziale. Nel 2017, secondo l’associazione non governativa Union of Concerned Scientists, in orbita erano presenti 1783 satelliti, di cui 803 statunitensi e di questi ben 310 militari. Cina e Russia invece contavano 346 satelliti, ovvero poco più del solo Pentagono. Rileva partire da questo dato per chiarire un punto fondamentale: il gap spaziale tra USA e resto dei contendenti è ancora ampio. Proprio in virtù di questo gap quantitativo, Cina e Russia stanno investendo sulla dimensione qualitativa dei propri strumenti offensivi, in particolare sulle armi ASAT antisatellite. Due date chiave capire la strategia cinese ed i timori americani sono il 2007 ed il 2013. Nel 2007 un missile cinese ha abbattuto un vecchio satellite in orbita, dimostrando la capacità di Pechino di colpire satelliti spia nelle orbite basse. Nel 2013 invece la Cina lanciò un razzo spaziale che raggiunse l’orbita geostazionaria, un’orbita fino ad allora considerata inaccessibile ai missili ASAT.
Inoltre, è in corso un confronto serrato tra Stati Uniti, Cina, Russia e Unione Europea sui sistemi di navigazione satellitare. L’attuale standard globale è il GPS made in USA, ma Mosca ha messo in funzione il suo Glonass, l’Unione Europea vuole rendersi più indipendente grazie a Galileo, mentre la Cina sta realizzando Beidou, la cui costellazione è stata completata il 22 giugno. Il GPS è uno strumento imprescindibile per la supremazia militare ed economica degli USA: molti ignorano che, oltre a missili balistici e bombardieri strategici, dipendono dal GPS quasi tutte le industrie, dalla finanza alle telecomunicazioni, dalle compagnie aeree alle banche, dalla logistica alle televisioni. Capite bene cosa significhi controllarne il funzionamento. In poche parole, stiamo assistendo ad un “confronto tecnopolitico per il controllo del tempo sulla Terra”[2].
DAL CONTROLLO DELLA HIGHER GROUND ALLE ESOPORTAEREI SPAZIALI:
Secondo la RAND Corporation, l’obiettivo strategico degli Stati Uniti nel ventunesimo secolo sarà il controllo della “Higher Ground”, cioè dell’orbita più alta dello spazio profondo. Per ottenere ciò, nell’opinione dell’esperto Carlo Pelanda, verranno realizzate “esoportaerei spaziali” con raggio l’intero sistema solare. Cruciale sarà altresì controllare i punti di Lagrange, luoghi dove le forze di attrazione si compensano creando un equilibrio gravitazionale che permette al satellite di orbitare senza l’utilizzo dei motori. La Cina è riuscita ad inviare un proprio satellite in un punto lagrangiano nel 2019, quando ha lanciato con successo una sonda sulla faccia nascosta della Luna, suscitando lo stupore degli strateghi americani. In aggiunta, la NASA sta lavorando al cosiddetto Lunar Gateway, una sorta di stazione spaziale in orbita lunare che funga da base di proiezione verso lo spazio profondo. La nuova strategia USA prevede inoltre un’alleanza fra NASA/Pentagono e aziende private (SpaceX, BlueOrigin, Virgin Galactic) per esplorare lo spazio mediante razzi riutilizzabili. Come evidenziato dal già citato ingegner Spagnulo, stiamo passando da una fase di “esplorazione” ad una di “utilizzo” dello Spazio. Dobbiamo dunque abituarci a forme di pensiero eso-strategico, attinenti cioè a strategie che oltrepassano i confini terrestri. Un buon segnale arriva dal nostro Paese, dove è stato finalmente costituito il Comando Operativo Spaziale, iniziativa obbligata per investire, promuovere e difendere un’industria dove l’Italia è all’avanguardia.
Per concludere, riprendiamo le parole del professor Everett Dolmann, docente di Studi Militari presso il college dell’US Air Force: “Chi controlla le orbite terrestri basse, di fatto controlla lo Spazio intorno alla terra, e chi controlla lo spazio intorno alla terra controlla il pianeta. Chi controlla il pianeta Terra determina il destino dell’umanità”.
[1] Spagnulo M., Geopolitica dell’esplorazione spaziale. La sfida di Icaro nel terzo millennio, Rubbettino, Soveria Mannelli (2019).
[2] Spagnulo M., Geopolitica dell’esplorazione spaziale. La sfida di Icaro nel terzo millennio, Rubbettino, Soveria Mannelli (2019).