In uno dei momenti più tragici della Storia d’Italia, è difficile avere la forza di guardare l’evolversi della situazione all’estero. Ma questa è una crisi che non conosce frontiere. In un mondo globale, il Covid-19 ci ricorda quanto sia importante avere dei servizi sanitari nazionali in grado di far fronte a difficoltà impreviste, sia dal lato del personale medico (eroi silenziosi di fronte ad uno scenario, solo qualche settimana fa, impossibile da immaginare) sia da quello degli investimenti su ricerca e strutture ospedaliere. Da qualche giorno il triste primato del numero di contagi spetta ad un’altra nazione: gli Stati Uniti. Nonostante gli avvertimenti internazionali e la rapida evoluzione del contagio negli USA, il Presidente Trump ha agito con una linea ondivaga e a tratti sorprendente. Per capire la gravità del rischio che gli Stati Uniti corrono, è necessario delineare come funzioni il modello statunitense della sanità: ciò mette in luce un’America più che mai impreparata e divisa nelle scelte da compiere.
La filosofia di fondo del modello sanitario statunitense di fatti è perfettamente ribaltata rispetto ai modelli di europei: se questi partono dall’assunto che vi sia un diritto fondamentale dell’uomo ad avere accesso alle cure, garantito per legge dallo Stato, negli Stati Uniti fin dalle origini il sistema sanitario nazionale si basa su criteri di natura essenzialmente privatistica. Nonostante siano attivi due meccanismi di mitigazione (il Medicaid, che copre parzialmente i costi di un’assicurazione per le famiglie a basso reddito, ed il Medicare, che copre interamente i costi assicurativi per gli over 65 a prescindere dal reddito), si stima che circa i 4/5 dei cittadini americani abbia in tasca un’assicurazione privata per le spese mediche. Il 60% di questi (200 milioni di persone) riceve tale copertura grazie ad accordi stabiliti per legge con i datori di lavoro. Ed è proprio da questo dato che bisogna partire per capire la complessità della situazione. Se in un contesto di normalità circa 50 milioni di persone non possiedono un’assicurazione, e dunque non potrebbero essere visitati e curati in caso di contrazione del Covid-19, un lock-down nazionale avrebbe come effetto quello di generare costi assicurativi difficilmente sostenibili da parte delle aziende, e dunque il fallimento dell’intero sistema economico. Per far fronte a questa tetra possibilità, l’intervento della Federal Reserve ha portato ad un taglio dei tassi del 0,5%, mentre il Congresso ha approvato una manovra da duemila miliardi di dollari. L’obiettivo è quello immettere massicciamente denaro nell’economia reale e contrastare gli effetti che il diffondersi del virus avrà sulle aziende e sulle vite dei cittadini.
Se la dimensione delle misure prese sembra rispondere all’ eccezionalità della situazione, altrettanto non si può dire della condotta di Trump. L’aver nominato in un primo momento il Vicepresidente Mike Pence a gestione della crisi, ed essersi rivolto solo in un secondo tempo ad Anthony Fauci, immunologo di razza e capo dell’Istituto Nazionale per le Allergie e Malattie Infettive, dimostra la poca presa di coscienza che gli organi apicali USA abbiano avuto riguardo la possibile dimensione del contagio. Trump ha più volte cambiato orientamento, passando da ritenere la diffusione del virus improbabile a dichiarare emergenza nazionale. Successivamente, ha scioccato l’opinione pubblica con l’ipotesi che si potesse tornare alla normalità entro Pasqua, salvo poi considerare sino all’ultimo secondo la totale chiusura degli stati di New York e del New Jersey, focolai dell’epidemia e che, secondo alcune proiezioni, potrebbero superare le regioni della Hubei e della Lombardia per numero di contagi. La poca chiarezza sul da farsi di certo non ha aiutato a rallentare il contagio, che tra pochi giorni potrebbe arrivare a contare 200 000 persone.
L’America ai tempi del Coronavirus si dimostra forte economicamente, ma debole nello spirito. L’ipotesi di riaprire tutto deve essere un monito a ricordare che negli USA la perdita di vite umane può essere sopportata nei termini del principio per cui la crescita economia non può fermarsi. Il fatto che il 2020 sia un anno elettorale non fa che aumentare il livello dello scontro, soprattutto da parte dell’opinione pubblica. Solo la Storia ci dirà chi, alla fine, avrà avuto ragione.