“Siamo profondamente preoccupati per le donne e le ragazze afgane, i loro diritti all’istruzione, al lavoro e alla libertà di movimento. Chiediamo a coloro che occupano posizioni di potere e autorità in tutto l’Afghanistan di garantire la loro protezione”.
Queste le parole espresse in una dichiarazione sottoscritta da Ue, Usa, Albania, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, Salvador, Honduras, Guatemala, Macedonia del Nord, Nuova Zelanda, Norvegia, Paraguay, Senegal, Svizzera e Regno Unito.
Parole giuste, non fosse che a pronunciarle sono gli stessi che hanno deciso di lasciare il Paese ai Talebani, condannando – de facto – il popolo afgano al proprio destino.
E allora, in un teatro grottesco, dove tutti fanno a gara ad ergesi paladini dei diritti umani, le uniche parole tremendamente sincere sono sembrate quelle del presidente degli Stati Uniti d’America.
Biden, nel suo discorso alla Nazione, ha ribadito come “la missione […] in Afghanistan non è mai stata la costruzione di una nazione. Non avremmo mai dovuto provare a creare una democrazia unificata e centralizzata il nostro unico interesse nazionale in Afghanistan resta quello che è sempre stato: prevenire un attacco terroristico alla patria.”
Per Biden, quindi, l’unica cosa realmente importante è l’interesse nazionale ed oggi, per gli USA, non c’è alcun interesse a combattere ancora per difendere il popolo afgano.
Siamo davanti a una decisione ponderata, fredda, che non lascia scampo e che, al di là di qualsiasi dichiarazione di facciata, spalanca le porte a quello che, sopratutto per donne e omosessuali, rischia di diventare un vero inferno.
Serve a poco adesso l’indignazione. Il dado è tratto e quello in cui sembra essersi immerso l’Afghanistan è un processo irreversibile di cui è responsabile – eticamente – l’Occidente.
Speriamo soltanto che possano essere messe in salvo più persone possibile, non abbandonando un popolo che in 20 giorni ha perso 20 anni di libertà.
Caro Alessandro, condivido in pieno e non nascondo che all’entusiasmo con cui qualche mese fa ho accolto l’elezione di Biden è subentrata oggi una profonda delusione.