L’elezione del nuovo presidente Gustavo Petro segna una svolta storica importantissima per la Colombia
Domenica 19 giugno, il candidato della coalizione progressista Pacto histórico ha sconfitto lo sfidante e imprenditore Rodolfo Hernàndez, ex sindaco di Bucaramanga e capo della Liga de gobernantes anticorrupción, con il 50,57% dei voti al ballottaggio, diventando il primo presidente di sinistra alla guida del paese.
Una vittoria che vale il doppio, grazie all’elezione di Francia Màrquez comeprima vicepresidente afro-discendente della Colombia: nota attivista ambientalista, per i diritti civili e per le pari opportunità.
“Quello che sta arrivando per il nostro Paese è un vero cambiamento, un cambiamento reale, per il quale intendo impegnare la mia esistenza e la mia stessa vita” ha dichiarato il capo di stato dopo la sua vittoria, secondo quanto riportato dal Sole24ore. Ai suoi cittadini ha promesso che “Non tradiremo le promesse fatte agli elettori: da oggi la Colombia cambia, la Colombia è un’altra”.
IL PROGRAMMA DEL NUOVO PRESIDENTE
Riconciliazione e pace, ma anche sviluppo ed equità sociale: sono questi gli imperativi che hanno guidato la campagna elettorale di Gustavo Petro e che delineeranno la condotta del neo-eletto presidente.
Un programma che si pone anche come punto di rottura rispetto alle precedenti linee di governo, ma che dovrà fare i conti con una forte spaccatura e polarizzazione politica e sociale che attraversa il paese, come hanno dimostrato i risultati delle elezioni.
Nel suo primo discorso alla nazione, Petro ha sottolineato l’importanza di “ricostruire l’integrazione latinoamericana”.
La vittoria del nuovo presidente della Colombia si pone infatti in linea con una più ampia svolta progressista che sta attraversando l’intero continente, dal Cile al Brasile, dove la presidenza di Bolsonaro è minacciata dalla concorrente Lula in vista del voto che si terrà in ottobre nel paese.
Tanti anche i temi messi al centro sul piano nazionale: una sistematica decentralizzazione e redistribuzione delle risorse dall’alto verso il basso, unita a un sostanziale potenziamento dello stato sociale per fornire un servizio migliore di educazione e salute pubblica.
“La Colombia ha una delle maggiori disuguaglianze sociali al mondo e il nostro sistema fiscale non riduce tale disuguaglianza, a differenza di quanto accade in Europa” aveva dichiarato Gustavo Petro all’Economist, qualche settimana prima del voto, sottolineando tre misure per riformare il paese: ridurre il deficit, stimolare la produzione e aumentare la giustizia sociale e fiscale.
Tra i nodi fondamentali del programma anche due punti particolarmente importanti: la modernizzazione e industrializzazione del settore agricolo per sconfiggere il narco traffico e intraprendere una graduale riduzione della dipendenza economica da petrolio e carbone.
Sempre nella sua intervista all’Economist, Petro aveva sottolineato come “i ricavi da petrolio e carbone sono diminuiti. E in realtà stiamo sovvenzionando il carbone: non è una fonte di reddito per la Colombia, è una spesa. Sovvenzioniamo la produzione di carbone a causa di contratti firmati tempo fa con la miniera di Cerrejón”.
Una transizione energetica che non punti solo a rendere più autonoma la Colombia e a combattere il grave deficit fiscale che attraversa il paese, ma che si ponga anche come sfida alla grave emergenza dettata dal cambiamento climatico.
Secondo quanto riportato dal Manifesto, Petro ha parlato di tutelare la selva amazzonica per salvare il pianeta e allo stesso tempo scommettere su un capitalismo produttivo che possa far crescere l’impiego e l’industrializzazione, al posto della logica di estrazione ed esportazione delle materie prime che caratterizza l’economia colombiana.
Comincia così una nuova era per la Colombia e per i suoi cittadini, dopo la presidenza di Ivan Duque, in carica dal 2018. Il nuovo governo a guida progressista, il cui insediamento è fissato per il prossimo 7 agosto, rappresenterà perciò una sfida e una grande occasione non solo per il paese, ormai in ginocchio dopo anni e anni di malapolitica e corruzione, ma per l’intera America Latina.