La politica: contenuti e strategie

La politica italiana ha offerto negli ultimi tempi uno spettacolo che definire desolante è un eufemismo. La non celata soddisfazione e alcuni commenti “velenosi” espressi da esponenti della non certo democratica Russia di Putin ne sono un’eloquente conferma.

Dai passaggi che hanno portato alla caduta del governo Draghi al balletto di alleanze fatte e disfatte in vista delle elezioni l’Italia ha offerto al mondo un’immagine che non è certamente quella di una democrazia matura.

Vale quindi la pena di soffermarsi, pur brevemente, su cosa sia la politica e di svolgere alcune considerazioni riferibili non soltanto alla situazione attuale.

Chi fa politica attivamente deve quotidianamente confrontarsi con due ordini di problemi: da un lato i contenuti (provvedimenti, riforme, programmi finalizzati all’azione di governo … insomma: tutto ciò che serve a migliorare una nazione e che interessa veramente ai cittadini), dall’altro le strategie (alleanze, leadership, strumenti atti a guadagnare consenso e a togliere consenso agli avversari). Nel novero delle cosiddette strategie non possiamo non includere il tema delle riforme della legge elettorale, argomento che interessa pochissimo alla grande maggioranza dei cittadini, ma che interessa moltissimo agli addetti ai lavori. Tant’è vero che ad ogni tornata elettorale si pone il problema di modificare – o di non modificare – le regole che la governano, posto che ogni schieramento vorrebbe giocare la partita con le regole che in quel momento, ma solo in quel momento, sembrano favorirlo.

Va da sé che il fine ultimo della politica, intesa come arte del governare, dev’essere rappresentato dai contenuti. In altri termini le strategie dovrebbero rappresentare il mezzo con cui si raggiungono posizioni di potere non fine a se stesse ma finalizzate alla realizzazione di quei contenuti.

Purtroppo spesso si assiste al fenomeno inverso: troppo spesso si sostiene o si affossa una riforma o un provvedimento non perché sia ritenuto conforme o contrario al bene della collettività, ma perché sostenerlo o affossarlo può risultare in quel momento utile a stringere o a sciogliere un’alleanza o ad acquisire una posizione di leadership in un determinato contesto, oppure ancora ad acquisire qualche scampolo di consenso e qualche manciata di voti. In questa ottica un governo che ha operato bene può essere rovesciato anche da chi lo ha voluto e sostenuto se in quel momento la sua caduta può risultare utile in termini di alleanze elettorali. Ciò significa subordinare i contenuti alle strategie, utilizzare i contenuti come mezzi per raggiungere il potere  inteso quale fine ultimo dell’attività politica, con buona pace delle necessità e delle aspirazioni dei cittadini.

Forse le brevi considerazioni che precedono sono delle pure ingenuità. Tuttavia la storia ha offerto alcuni esempi di uomini politici che hanno perseguito uno scopo in termini di programmi, riforme e contenuti, e lo hanno fatto anche a costo di vedere diminuite alcune posizioni di potere o di rinunciare alla loro personale leadership: questi sono i veri statisti, e purtroppo in Italia ne abbiamo pochi. Gli altri sono solo dei politicanti.

1 commento

  1. Mica tanto ingenuo, Antonio! La chiara distinzione tra fini e strategie e la collocazione delle strategie in subordine ai fini è essenziale se si opta per il bene comune, oltrepassando le tentazioni ammiccanti a far prevalere il bene personale.

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