A chi è mancato il Sorrentino ermetico e virtuoso de La grande bellezza (2013) consiglio senz’altro di andare al cinema in questi giorni per recuperare Parthenope, l’ultima opera del regista, in concorso al Festival di Cannes per la Palma d’oro la scorsa primavera e nelle sale italiane dal 24 ottobre. Il film verrà distribuito anche da Netflix.
Questa volta, ahimè, il protagonista non è Toni Servillo. Ad ammaliare il pubblico c’è la bellissima Celeste Dalla Porta (Parthenope), al suo chiaro e ben visibile esordio cinematografico.
La pellicola racconta la vita di una ragazza, Parthenope per l’appunto, dalla nascita alla vecchiaia, con delle ellissi temporali che indirizzano lo spettatore. Dal parto che l’ha messa in vita nelle acque di Posillipo, Parthenope diviene nel tempo una donna consapevole della sua affascinante bellezza. Sandrino (Dario Aita), il figlio della governante, è da sempre innamorato di lei. Al triangolo si aggiunge il fratello della ragazza: Raimondo (Daniele Rienzo), che sembra essere legato a lei da un amore incestuoso. Nessuno rimane indifferente davanti alla bellezza della protagonista, la quale attira a sé svariati personaggi, tra cui lo scrittore americano John Cheever (Gary Oldman).
Il desiderio della sorella porta Raimondo al suicidio durante una vacanza estiva a Capri. Quest’evento decreta il passaggio dalla giovinezza spensierata alla presa di coscienza della gravosità della vita, che conduce alla monotonia, alla tristezza e alla noia – tematica ricorrente nei film di Sorrentino.
Nel frattempo, Parthenope ha iniziato a frequentare l’università. Qua la protagonista si lega al professore di antropologia Devoto Marotta (Silvio Orlando), che diverrà la sua guida. Infatti, dopo la morte del fratello, Parthenope viene incolpata dal padre e dalla madre per quanto accaduto. Questo acuirà la sua solitudine e il suo evidente distacco dal resto del mondo: Parthenope appare allo stesso tempo affascinata eppure lontana dagli altri, proprio come una sirena, una musa o una dea. Potremmo perciò affermare che lei è allegoria di Napoli, della sua bellezza, del suo mistero e della sua condanna.
Parthenope è Sorrentino dopo È stata la mano di Dio (2021): è lo sguardo severo e nostalgico verso il luogo natio dopo una vita passata altrove; è la giovinezza ormai sfiorita; è l’amore lucido per qualcosa che si è perso ma che, comunque, è parte di noi; è la dolce bellezza e il dolore dell’assenza in unico momento, quello dopo l’incanto (della sirena Parthenope).