Tutto fatto riguardo il Memorandum of understarding (Mou) per la “Nuova via della seta” tra Italia e Cina. L’accordo, firmato pochi giorni fa in una Capitale blindata per l’occasione della visita del presidente Xi, ha applicazioni in molti campi. Dal commercio, alla protezione dei marchi, alla valorizzazione turistica. Ma non riguarda le telecomunicazioni: il tema del 5G è misteriosamente scomparso dai radar dell’accordo, nonostante fosse stato annunciato come uno degli elementi più interessanti. Forse le preoccupazioni americane che la rete superveloce finisca sotto il controllo di Pechino sono state più forti. Difatti Huawei e Zte, colossi delle tlc cinesi, nelle forniture agli operatori, avrebbero potuto avere accesso a dati sensibili.
A guidare l’incontro il presidente Mattarella, il quale ha coperto al meglio la clamorosa latitanza dei due vice premier Di Maio (favorevole all’accordo) e Salvini (parzialmente contrario), impegnati nelle elezioni lucane, ritenute forse più importanti. Il capo del Quirinale ha saputo giostrarsi bene, sottolineando il carattere pienamente commerciale dell’accordo e non politico: nonostante siamo l’unico paese del G7 ad aver accettato questo accordo così stringente, l’Italia non abbandona l’alleanza storica con gli Stati Uniti all’interno della Nato. Gli accordi con il colosso cinese dovranno essere posti su un piano di parità, ha ammonito il capo di Stato. Giusto pretenderlo per non finire schiacciati dalla superpotenza asiatica. Ancora una volta Mattarella è stato determinante nella politica estera, come qualche mese fa nell’incontro riparatore con Macron. E come lo sarà per la visita di Putin a giugno. Tra i tanti spunti interessanti, uno mi ha colpito. Xi ha infatti sottolineato che l’Europa unita è una necessità anche cinese. E la strategia di Pechino si delinea in tutto il suo grande respiro: non sgretolare la fragile Ue, ma sostituirsi agli Usa come principale partner commerciale. Momento ideale dato il contemporaneo isolazionismo di Trump.
In questo quadro il Mediterraneo torna al centro della geopolitica futura. E sarebbe miope da parte nostra perdere l’ennesimo treno della storia. Basti pensare che la Germania ha, anche se senza accordi scritti, dei fortissimi rapporti commerciali con la Cina. Nel 2017 infatti la bilancia commerciale tra i due paesi segnava uno scambio di quasi 200 miliardi. È la nostra occasione quindi di riallacciare quel rapporto commerciale millenario tra l’Italia e l’Estremo Oriente. Rapporto esistente già al tempo di Augusto e continuato fino all’epoca moderna, almeno fino alle grandi esplorazioni navali, con le carovane che si avventurano per quella via della seta narrata da Marco Polo. Riponendo gli interessi nazionali al centro della nostra politica estera e commerciale, ma sempre nell’alleanza atlantica.