La nuova variante e la liturgia del terrore

Dopo i casi di variante “Omicron” in Europa e Israele, la mutazione è arrivata anche in Italia. L’11 novembre un dipendente ENI che si trovava in Mozambico è arrivato a Roma, poi ha fatto tappa a Milano e infine è ritornato a Caserta. Positivo con rilevazione della nuova variante, nonostante il vaccino. È partito indisturbato dall’Africa, con tampone negativo, e ha circolato nel territorio nazionale inconsapevole di essere contagiato, incontrando e forse infettando altre persone. I media, oltre alla ricostruzione della vicenda, aggiungono un comportamento già noto da mesi: la liturgia del terrore.

Sulla natura della variante “Omicron” si sa pochissimo: porta 50 mutazioni circa in combinazioni mai viste prima (New York Times). Probabilmente non aggrava le condizioni di salute del contagiato, ma si diffonde molto rapidamente. Per saperne di più dovremo attendere il corso della scienza (“La scienza ha i suoi tempi”, come ricordava giustamente la dott.ssa Valeria Micheli, dirigente di Microbiologia del Sacco, ieri in un’intervista al Corriere della Sera). 

Eppure sembra essere già partito l’allarme, come se una pandemia 2.0 stesse per esplodere. I sindaci (Decaro, NdA) chiedono al Governo l’obbligo di mascherine all’aperto durante le festività. Il TG1 dedica ben 15 minuti della sua messa in onda al Covid, trascurando, inevitabilmente, altri temi di natura politica, sociale ed economica. L’edizione del Corriere della Sera di ieri dedica le prime 11 pagine al virus. I virologi aumentano in presenza durante i programmi televisivi – lo si può notare, pur privi di dati, dal fatto che quasi ogni programma ospita più d’un esperto in uno dei blocchi di trasmissione. I politici gridano alla “cautela” – giustamente – senza però aggiungere che è male allarmarsi quando la scienza non ha diffuso ancora dati sufficienti a capire bene le dinamiche della mutazione. Insomma, la confusione già forte in fatto scientifico non è migliorata dalla comunicazione e dalla politica; anziché terrorizzare, oggi, con l’85% di popolazione vaccinata con ciclo completo, occorrerebbe spiegare. 

Dal canto del governo, la scelta fatta è stata accurata: chiusura delle frontiere in ingresso fino al 15 dicembre per chi è stato negli ultimi 14 giorni in alcuni Paesi africani (Mozambico, Sudafrica, Malawi etc.). Anche se, in tempi di globalizzazione, è già difficile arginare il transito delle persone, figurarsi bloccarlo. La mossa più intelligente sarebbe predisporre uno screening più accurato, insieme a controlli efficienti: il professionista proveniente dal Mozambico è riuscito a partire dall’Africa, arrivare in Italia e circolare in tre principali città. E se la variante è assai contagiosa come i medici affermano, la situazione legata al “paziente Omicron”potrebbe già essere diventata difficile da monitorare. Peraltro, 60 persone in media partono dal Sudafrica e arrivano in Italia ogni giorno (dati di quest’anno); quindi il problema di individuazione dei passeggeri che nei scorsi giorni sono sbarcati nel nostro Paese è urgente. 

La comparsa della variante “Omicron”, infine, pone altresì una questione politica: da un lato serve a legittimare il perdurare di uno stato di emergenza discutibile, dall’altro, secondo logiche di strategia quirinalizia, potrebbe convincere alcuni partiti ad architettare un piano per il Mattarella bis, lasciando Draghi a gestire tecnicamente la pandemia ed evitando, con la possibile elezione dell’ex Bce, nuove elezioni. 

Così una mutazione del virus è in grado di alterare dinamiche politiche e mediatiche. Se i vertici politici, sanitari e mediatici avessero adoperato responsabilità e cautela nelle scelte, ma anche attenzione nelle comunicazioni, oggi avremmo meno non vaccinati, meno cittadini terrorizzati e il settore delle PMI meno ferito. Ogni parola, di questi tempi, va pesata secondo due indicatori: cautela e verità. 

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