La moderazione talebana raccontata dalla stampa

L’Afghanistan c’è sempre stato, eppure il mondo sembra ricordarsi di esso ad anni alterni. Oggi i Talebani sono sulle bocche di tutti, appaiono su tutti i giornali; con una connotazione in più, tuttavia: “sono cambiati”. Infatti, la retorica che in molti stanno seguendo è fedele alle dichiarazioni rilasciate dai portavoce dei Talebani: “Siamo cambiati, nessuna vendetta”. Parole che hanno dell’incredibile, se non  sono contestualizzate. Ciononostante, è difficile ritenere che un’organizzazione militare come quella talebana, fondamentalista, che adopera metodi talvolta terroristici, possa avere subìto un processo di civilizzazione autentico. Invece, è più probabile che l’apparente istituzionalità del nascituro governo talebano sia uno scudo per proteggersi dagli occhi pieni di livore del mondo: professare cambiamento e civiltà, temporaneamente, per far calmare l’ira degli altri. Questa, forse, la strategia talebana. 

Il portavoce, Zabihullah Mujahid, ha fatto sapere che i Talebani hanno perdonato tutti, hanno indetto una grazia generale e non nutrono inimicizia nei confronti di nessuno. Perciò, essi non attaccheranno i cittadini americani all’aeroporto di Kabul, né i media stranieri saranno censurati, così da poter altresì criticare l’operato del governo talebano attraverso la stampa. Nel discorso pronunciato davanti ai giornalisti locali, codeste affermazioni suonavano come incredibili. Com’è possibile che un gruppo di uomini rozzi, armati fino ai denti e impietosi possa essere cambiato a tal punto? Come hanno fatto, in soli vent’anni, in cui peraltro hanno vissuto fasi oscillanti tra ascesa e discesa strutturale/politica, ad acquisire clemenza e senso di Stato? Niente, evidentemente, di tutto ciò. 

I Talebani, nei giorni correnti, caldi agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, stanno adoperando astuzia. In altre parole, si mostrano civilizzati, aperti al dialogo, rispettosi delle donne, soltanto perché hanno gli occhi del mondo addosso. Un’illusione, quella che intendono creare: uno specchio per le allodole, grazie al quale Kabul dovrebbe essere vista come una città all’avanguardia nel panorama islamico/orientale, mentre le province resterebbero terra di arbitrio criminale come, spesso, sono state in passato. La violenza esercitata negli anni addietro, affermano i Talebani, non sarà replicata, giacché allora era necessario difendersi in una guerra; oggi, dicono, non sarà più così, perché l’approccio cambierà. 

La verità, tuttavia, è un’altra e sta nel mezzo. 

Il – futuro – governo talebano sarà un ibrido tra i modi del passato e una forma di governo istituzionalmente più soft. Bastone e carota; il primo per reprimere chi trasgredirà, la seconda per premiare chi aderirà alle loro regole, e le rispetterà. 

Già in questi giorni si assiste a manifestazioni di tale tipo: contro migliaia di afghani che provano a fuggire all’aeroporto, i combattenti talebani usano armi da fuoco, fruste, bastoni e oggetti appuntiti (Marcus Yam, Los Angeles Times); a Jalalabad, hanno aperto il fuoco verso alcuni manifestanti che sventolavano la bandiera afgana – la repressione ha causato almeno tre morti e diversi feriti, da quanto si apprende dalle fonti locali. E per compensare l’uso dei vecchi metodi, essi consentono che anche le giornaliste donne documentino i fatti nella città di Kabul, lasciano che esse circolino per strada (coperte) senza imporre loro alcun divieto di movimento. 

Le donne, infatti, sono al centro dell’attenzione mondiale. I Talebani hanno istituito – e seguono – la Shari’a: un sistema di princìpi e regole che dettano il comportamento di uomini e donne. Legge di Dio, rigida e incontestabile. Ma interpretabile. Questo è il punto che preoccupa: l’interpretazione, spesso, avviene in maniera arbitraria e parallela alla volontà di chi la interpreta. La paura delle associazioni umanitarie e, in generale, dell’Occidente è che dietro alle parole rassicuranti sulla libertà femminile, ci sia il libero arbitrio nell’interpretazione della Legge. 

Antichità e novità, dunque, che attraggono non poco la stampa nazionale e internazionale, nonché alcuni vertici delle istituzioni nazionali come Nick Carter, capo dell’esercito britannico, che ha dichiarato alla BBC: “Dobbiamo essere pazienti, dobbiamo dargli lo spazio di formare un governo e mostrare le loro credenziali. […] potremmo scoprire che questi Talebani sono più ragionevoli”. Oppure Giuseppe Conte, leader del M5S, primo partito nel Parlamento italiano, che ha parlato di “necessità di un serrato dialogo col nuovo regime talebano, che si è dimostrato abbastanza distensivo”. Ragionevolezza e distensione, dunque: due sostantivi che, a nominarli, rimandano a Ghandi, più che ai Talebani.

È strano pensare come, radicalmente, il punto di vista dei media possa cambiare. La narrazione propinata fino a qualche giorno fa descriveva i Talebani come degli assassini fondamentalisti, mentre oggi il punto di vista è mutato di gran lunga. Esiste il bluff, colleghi! È logico pensare che nessuno, neppure il militante talebano radicalizzato nell’ultim’ora, possa ritrovarsi alla guida di uno Stato come l’Afghanistan (38 milioni di abitanti) e ripetere gli stessi errori e i medesimi comportamenti del passato, a causa dei quali l’Occidente gli ha dichiarato guerra. Pertanto, raccontare il cambiamento, come se fosse definitivo e certo il passaggio da tagliagole a santi, è pericoloso. E irrispettoso verso tutti coloro che hanno perso la vita per tentare di ricostruire un Paese dalle fondamenta. Il fatto che non ci siano riusciti, poi, non è colpa loro, ma nostra. 

Infine, resta un dubbio: o le ragazze afgane che un paio di giorni fa, dall’altra parte delle grate che all’aeroporto separano i soldati dai civili disperati, imploravano gli americani di salvarle dal loro destino sono bugiarde, o davvero i Talebani fanno paura. Ed è impensabile, per molti, essere governati da loro. A quel punto, la disperazione porta ad aggrapparsi agli aerei per poi precipitare, un volta decollati, da centinaia di metri fino a terra. O costoro mentono per fuggire verso l’Occidente progredito, o i Talebani sono sempre gli stessi. E rappresentano una minaccia per l’Afghanistan. 

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