La Francia alla prova del voto

Mentre il secondo turno delle votazioni legislative si avvicina, nello scenario politico francese si è consolidata una nuova strategia che vede cooperare i partiti contrapposti al Rassemblement National.

CONTENERE LA DESTRA

L coalizione di sinistra e l’area macroniana, in base ai risultati nei vari collegi, ritireranno i propri candidati che non hanno superato la terza posizione al primo turno; consentendo così, almeno un teoria, di polarizzare i voti contrari alla destra sovranista su un candidato forte. 

Bisogna infatti ricordare che la legge elettorale francese per le legislative funziona con un sistema maggioritario a doppio turno, in cui i candidati che hanno superato la soglia del 12% al primo turno si contendono poi il seggio al secondo turno, dove vince chi ottiene più voti. 

Tuttavia non è scontato che, in tutti i casi, gli elettori di sinistra e di centro accettino di buon grado di dover votare un candidato che non rispecchia propriamente il loro orientamento. Le stime iniziali sembrano però dare ragione a questa strategia, poiché pare possibile che RN non riesca ad ottenere la maggioranza assoluta in virtù di una contesa più difficoltosa originata proprio dal rafforzamento dei candidati degli altri partiti in competizione. Quello che resta da capire è l’insieme delle conseguenze provocate dai calcoli elettorali e dai successivi risultati originati dal voto. 

LA PROSPETTIVA DI MACRON

In molti, all’indomani della decisione di scioglimento adottata dal Presidente, si sono chiesti quali linee d’azione ne muovessero l’operato. Difatti, non tutti hanno interpretato allo stesso modo la decisione. Nelle fila macroniane qualcuno parla di reazione affrettata e quasi schizofrenica, sostenendo che tale scelta non può che provocare il caos nel campo centrista moderato. Di converso, altri si sono pronunciati in favore dello scioglimento in virtù dei suoi possibili effetti che, sicuramente, renderanno più complesso il quadro politico francese a prescindere dai risultati effettivi. 

Dunque perché lo scioglimento? È difficile indicare con precisione delle ragioni certe, ma possiamo comunque individuare alcune linee tendenziali suscettibili di costruire un ragionamento affidabile. 

Una motivazione improntata al pragmatismo potrebbe essere impostata sulla constatazione che la destra sovranista sta ormai acquisendo sempre più slancio politico; divenendo dunque difficilmente arginabile con la sola contesa elettorale. L’idea di Macron potrebbe dunque spingere su un’inversione di rotta capace di consegnare al partito di Marine Le Pen un quadro politico complesso. Perfino una eventuale coabitazione con Bardella, si calcola all’Eliseo, dovrebbe rivelarsi dannosa per l’immagine del RN, costretto a mutare immagine una volta giunto al governo. 

Essendo il fenomeno della coabitazione abbastanza raro, Macron potrebbe spingere Bardella e RN in un ruolo inusuale per un partito storicamente abituato a fare solo opposizione. La coabitazione infatti è stata esperita solo tre volte durante la Quinta Repubblica: dal 1986 al 1988, dal 1993 al 1995 e dal 1997 al 2002. Oltre a questo Macron risulterebbe avvantaggiato nella gestione di questo assetto politico grazie alla posizione di forza che il Presidente esercita nell’ordinamento francese; aggiungendo peraltro il fatto che Macron è ormai entrato negli ultimi anni del suo secondo, nonché ultimo, mandato, non dovendo quindi preoccuparsi della sua rielezione. 

ARRIVANO I BARBARI

Sul versante opposto RN si trova invece ad affrontare un problema che concerne sia la propria affidabilità sia la propria competenza e resilienza di governo. Come già si richiamava, si tratta di un partito che ha sempre fatto opposizione e che su quello ha sempre basato la sua struttura, la sua strategia e la sua comunicazione. Qualora dovessero riuscire a formare un governo, con maggioranza assoluta oppure con un accordo post voto, dovrebbero altresì dimostrare di avere la capacità necessaria per far fronte alla complicata situazione in cui versa il Paese. 

Questa necessità potrebbe anche spiegare la ragione che ha portato RN a promuovere Bardella, un volto giovane e nuovo, come potenziale candidato per il ruolo di Primo Ministro. In altre parole l’idea è quella di ringiovanire l’immagine del partito per compiere una transizione dall’originale stato di partito sedizioso verso una rinnovata condizione pragmatica e adatta a governare. Il voto di domenica aiuterà a capire quanto questo percorso potrà funzionare, specificando il grado di competitività anche in comparazione con accordi elettorali tra formazioni avversarie diverse ma decise a relegare ancora una volta RN all’opposizione. 

I REPUBBLICANI DIVISI

In questo scenario c’è un ultimo partito, quello dei Repubblicani, che in un modo o nell’altro potrebbe giocare un ruolo interessante. Se Ciotti, il capo del partito, appare ormai sempre più isolato e in procinto di essere totalmente esautorato a livello gestionale; l’interrogativo di fondo rimane in relazione alle decisioni che l’elettorato gollista prenderà di fronte alla dicotomia formata da destra sovranista e accordo elettorale tra centro e sinistra. 

Secondo un recente articolo di Le Monde, potrebbe anche essere plausibile uno spostamento dei militanti repubblicani verso RN, ma un eventuale accordo incontrerebbe comunque il diniego degli eletti a livello locale, che spesso vengono supportati da coalizioni composte anche dalle formazioni macroniane. In ogni caso, anche se i loro risultati e i relativi seggi saranno decisamente inferiori rispetto agli altri, i Repubblicani potrebbero agire come ago della bilancia in Parlamento offrendo una sponda a RN nel caso in cui non dovesse ottenere la maggioranza assoluta, oppure potrebbero rinforzare un asse anti-destra se l’orientamento della base venisse confermato dai dirigenti e dagli eletti. 

UN FUTURO INCERTO

Qualunque cosa accada all’indomani del voto, appare chiaro che la situazione politica francese risulterà condizionata da una maggiore instabilità e da accresciute difficoltà nel governare e nel porre rimedio ai problemi del Paese. Per la Francia, abituata alla stabilità e alla centralizzazione decisionale, questo potrebbe essere traumatico; ma occorre avere fiducia negli apparati d’oltralpe, poiché la loro affidabilità è sicuramente adeguata per affrontare contesti difficoltosi. Inoltre i dati di affluenza dimostrano che la popolazione si mantiene più che mai attiva e determinata ad indirizzare l’andamento della politica col proprio voto. Comunque vada, per la Francia si aprirà una nuova fase che per molti appare già storica. 

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