La cultura giapponese è ricca di leggende, miti affascinanti e talvolta oscuri, ognuno dei quali porta con sé un significato unico, una profonda riflessione sulla natura umana e sui sentimenti complessi che ne elevano o corrompono lo spirito, trascinandolo in una danza difficile tra bene e male, gioia e dolore.
Tra queste storie, una delle più celebri è quella di Kiyohime, una giovane donna dal cuore infranto, trasformata in un serpente dal suo stesso dolore.
Questa antica leggenda giapponese, per lo più sconosciuta in Occidente, ha affascinato generazioni di giovani e adulti, lasciando un’impronta indelebile nella cultura e nelle arti del paese, spaziando tra teatro e musica, pitture e storie che, ancora oggi, ci permettono di capire la devastante potenza dei sentimenti umani e il pericolo che si annida dietro l’amore violento, cieco, che non si ferma davanti a nulla, nemmeno al rifiuto.
La storia di Kiyohime
La leggenda ha origine nel periodo Heian (794-1185) e racconta la storia di una giovane fanciulla, servitrice di un tempio buddista, di nome Kiyohime, con lunghi capelli, lucenti e neri come ebano, e grandi occhi espressivi, spesso incavati da un’alone di tristezza. Si narra che la sua bellezza fosse come il cristallo, dura e immacolata, e la sua pelle ricordasse il bianco delle stelle, la purezza intoccata dei bambini. Il suo nome deriva dalla combinazione dei kanji “kiyo” che significa “puro” o “sacro”, e “hime” che significa “principessa”.
Un giorno Kiyohime si innamorò perdutamente di un monaco virtuoso, dallo sguardo pensoso e perennemente sprofondato nella preghiera. Il suo nome era Anchin e la sua integrità morale era nota in tutto il Paese. Quello di Kiyoime fu un colpo di fulmine, struggente e senza rimedio, ma Achin non poteva ricambiare, il suo cuore era bel lontano dalla Terra. L’amore di Kyohime lo lusingava, ma niente più. Fin da subito cercò così di evitarla, rifugiandosi nel tempio di Hidaka, sulla sponda del fiume omonimo.
Ma i sentimenti di Kiyohime erano troppo sconfinati per accettare un rifiuto e il suo cuore gonfio d’amore si riempì di rabbia, di gelosia nei confronti del monaco e delle sue preghiere, che gli impedivano di vederla, di amarla come lei lo amava, con completo abbandono. Determinata a raggiungerlo e a superare qualsiasi ostacolo, decise di attraversare il fiume a nuoto per cercare di convincerlo ad accettarla, a guardarla almeno una volta nei grandi occhi neri. Quando finalmente raggiunse il tempio, tuttavia, Anchin la respinse duramente. Niente poteva competere col cielo.
La bella fanciulla diventa serpente
La delusione e il dolore trasformarono il cuore di Kiyohime in un incendio, capace di devastare città e villaggi; la sua anima, in preda a un inferno privato, si fece buia. Presa dall’ira, la fanciulla si trasformò in un orribile serpente dalla pelle coriacea e, così mutata, iniziò a inseguire Anchin. La furia le divorava la carne mentre avanzava e l’uomo, spaventato, si rifugiò nella pagoda di Dojoji, sperando che la sua fede buddista lo proteggesse dalla furia di Kiyohime.
La pagoda, però, non riuscì a contenere la passione e la rabbia della giovane. Il serpente circondò il tempio e lo bruciò con il suo alito infuocato. Le fiamme divorano le fondamenta, il tetto, gli alberi piegati dal vento. Anchin cercò di nascondersi all’interno di una grande campana, ma il suo nascondiglio fu rivelato dal suono della campana stessa. Il serpente lo raggiunse e lo uccise con il suo morso velenoso.
L’eredità di Kiyohime
La leggenda di Kiyohime ha lasciato un’impronta duratura nella cultura giapponese, nelle tele rinchiuse nei palazzi e nell’immaginazione dei bambini. La gelosia e la vendetta vi prendono corpo, così come l’amore non corrisposto, in grado di generare un dolore tanto forte da incendiare i templi e attaccare le montagne. Kyyohime ne è il simbolo, l’immagine della sofferenza che rimane dopo l’incendio, condannata a fluttuare come cenere senza trovare pace. L’amore, infatti, corrisposto o meno, non trova mai riposo; veglia sui nostri giorni, si fa fantasma e poi, con un po’ di fortuna, trova casa nelle opere degli artisti. Si rifugia nelle immagini, nelle parole scelte con cura.
La figura di Kiyohime, infatti, ritrova il suo corpo non solo nelle opere d’arte figurativa, ma anche del teatro Noh, kabuki e nella letteratura moderna. La sua storia, ancora oggi, ispira numerosi poeti e scrittori, invitando il lettore a riflettere e addentrarsi nella cripta dei sentimenti umani, un luogo complesso e spesso inospitale, abitato da tormenti e scelte impulsive, ma anche da incomparabili attimi di felicità e piccoli miracoli che ci permettono di vivere continuando a confidare nella bellezza.