Italia – Albania: motivazioni dell’accordo sui migranti

Nel corso di una visita-sopralluogo nelle località settentrionali del paese balcanico dove si stanno ultimando i lavori di allestimento delle strutture che daranno esecuzione all’accordo Italia – Albania sui migranti, il 5 giugno il premier italiano Giorgia Meloni ha annunciato che “il complesso dei due centri sarà operativo dal 1 agosto del 2024”. L’intesaè stata firmata il 6 novembre 2023 tra lei e l’omologo albanese Edi Rama ed ha passato gli step di rattifica in entrambi i paesi.

Contenuti del protocollo – L’accordo Italia – Albania è composto di 14 articoli e due allegati; quest’ultimi definiscono le aree date in concessione da Tirana a Roma: quella presso il porto di Shëngjine l’altra nell’entroterra presso la località di Gjadër. In base ad esso, in un numero che non superi mai contemporaneamente i 3.000, possono essere trasferiti nelle due località migranti salvati in acque internazionali dai mezzi di Marina Militare, Guardia Costiera e Guardia di Finanza italiane; il trasferimento avviene “al solo fine di effettuare le procedure di frontiera o di rimpatrio previste dalla normativa italiana ed europea”. Le dichiarazioni di Meloni il 5 giugno hanno meglio chiarito la definizione dei migranti da trasferire nei centri albanesi: non potranno essere portati a Shëngjin“soggetti vulnerabili, ovvero minori, donne, anziani, persone fragili” e le procedure accelerate di frontiera (da svolgersi a Gjadër su migranti prima sbarcati a Shëngjin) includeranno cittadini provenienti dai cosiddetti Paesi di origine sicuri, attualmente 22. “La struttura di Gjadër avrà anche funzioni di CPR e quindi a Gjadër verranno trattenuti migranti ai quali è stata negata la protezione internazionale, quindi che non hanno titolo a entrare in Italia, in Europa, in attesa del rimpatrio e all’interno della struttura ci sarà anche un’area dedicata alla detenzione dei migranti che dovessero commettere reati all’interno dei centri” – ha affermato il premier italiano. Le spese al funzionamento delle strutture saranno a carico della parte italiana e le autorità albanesipotranno intervenire solo collaborando con essa per esigenze sanitarie che dovessero sopravvenire all’interno (con costi coperti da Roma); potranno altresì accedere previo consenso del responsabile della struttura o informandolo quando dovranno entrare per affrontare emergenze che richiedono la loro presenza immediata. Il protocollo resterà in vigore per 5 anni, rinnovabili di altri 5 “salvo che una delle parti avvisi entro 6 mesi dalla scadenza” l’intenzione di non rinnovarlo; è impugnabile da ciascuna delle parti un anno dopo la sua entrata in vigore. L’Italia si impegna a restituire all’Albania le aree dedicate ai centri per i migranti a chiusura del protocollo. Al momento attuale i costi dell’intesa si aggirano intorno ai 650 milioni d’euro per i 5 anni della durata.

Motivazione italiana – Dall’innesco di una grave fase destabilizzante nel quadrante Medio Oriente – Nordafrica dato dagli sviluppi violenti delle Primavere Arabe (2011) l’Italia è diventata paese d’approdo di alti numeri di migranti (circa 1 milione 166 mila da quell’anno al 21 giugno 2024), in maggioranza partiti dalla Libia. Lì la caduta del regime di Gheddafi ha privato Roma di una barrieranel contenimento dei flussi in partenza dall’Africa, costringendola a negoziare nuovi accordi con Tripoli nel 2017 (che facevano seguito a quelli conclusi prima delle Primavere dal governo Berlusconi). Certificato da un recente aumento degli sbarchi nel 2023 (157.651, 1/3 in più rispetto al 2022), la situazione permane in un trend critico, con la maggioranza degli approdati recenti in partenza dalla Tunisia. Su spinta del governo Meloni, lo scorso luglio è stato firmato un partenariato multidimensionale fra l’UE e la Tunisia che include, tra gli obiettivi, la riduzione del numero degli arrivi irregolari verso l’Europa rafforzando le capacità in materia migratoria di Tunisi anche tramite sostegno finanziario da Bruxelles .

Il terzo criterio del Regolamento di Dublino obbliga lo Stato costiero di sbarco a dover esaminare le procedura di frontiera (tra cui domande d’asilo) degli approdati.

Motivazione principale dell’accordo con Tirana è la deterrenza nel rendere l’Italia meno attrattiva verso chi parte e nutre la speranza che una volta approdato in Italia possa rimanere nell’UE, trovandosi d’ora in poi sotto la concreta possibilità di trasferimento nei centri albanesi. Da aggiungere che le difficoltà – per le resistenze delle regioni nell’ospitarle – ad erigere in Italia nuovi CPR (centri di permanenza per i rimpatri, strutture di detenzione amministrativa ove vengono reclusi i cittadini non comunitari sprovvisti di regolare documento di soggiorno oppure già destinatari di un provvedimento di espulsione) forniscono unamotivazione logistica al protocollo. Malgrado abbianointenti ambiziosi nel rafforzare le economie africane, risulta passibile di essere vista con occhio critico l’eventualità che il Piano Mattei di Roma (5,5 miliardi di euro da erogare nei prossimi cinque anni) e il Global Gateway dell’UE (300 miliardi in investimenti allo sviluppo da mobilitare entro il 2027) possano produrre celeri risultati nell’intaccare i push factordell’immigrazione da lì verso il Vecchio Continente: sottosviluppo economico, demografia crescente, instabilità politica, desertificazione.

Motivazioni albanesi – Sul protocollo il premier albanese Edi Rama ha dichiarato all’emittente tedesca Deutsche Welle: “Non lo facciamo per ottenere riconoscimenti. A noi basta, per esempio, di non essere visti nelle vostre TV così come eravamo visti non molto tempo fa, 10 o 20 anni prima: un paese tetro pieno di malavita, corruzione e fenomeni deleteri”. Allargando la visione sul lungo periodo d’azione della politica estera albanese postcomunista si evince che una diplomazia dell’ospitalità finalizzata a condividere gli obiettivi degli partner euroatlantici di Tirana (che è membro NATO dal 2009 e negozia l’ingresso nell’UE dal 2022) si è permanentemente introiettata nelle sue dinamiche operative, scandendosi nell’accoglienza a detenuti uiguri (minoranza di religione musulmana e di etnia turcofona in Cina), militanti del MEK iraniano in opposizione agli ayatollah e rifugiati afghani in fuga da Kabul. Tutte queste azioni sono state compiute per allineamento alle posizioni USA.

Nell’azione del governo albanese la carta euroatlantica personificata dallo schieramentocon le posizioni internazionali della comunità occidentale guidata da Washington risulta al momento senza alternative geopolitiche. Questa uniformazione è dimostrata nella condivisione delle sanzioni contro la Russia in seguito all’attacco sull’Ucraina e sulla crisi Serbia – Kosovo. In quest’ultimo dossier l’Albania – malgrado la relazione politica d’affinità con i compatrioti kosovari e l’impegno a promuovere il più ampio riconoscimento internazionale della statualità del paese albanofono vicino – appoggia la posizione occidentale di pressing al governo di Pristina affinché compia passi nell’elargizione di autoamministrazione alla minoranza serba lì presente.

Il protocollo da seguito a una linea albanese di solidarietà alle politiche migratorie italiane delineatasi già nell’agosto 2018, quando Tirana si offrì di accogliere migranti che si trovavano sulla nave Ubaldo Diciotti. Quello che a Tirana preme incassare primariamente dal protocollo è la continuazione dall’Italia di un appoggio – mai fatto venire meno – al processo d’adesione dell’Albania nell’UE, sviluppo rallentato a causa delle difficolta in seno all’Unione di procedere decisamente con l’allargamento verso i paesi dei Balcani Occidentali.Malgrado il peso politico dell’Italia nell’Unione non oltrepassa quello di Germania e Francia, per Tirana Roma costituisce politicamente un player comunitario insostituibile in virtù di contatti ininterrotti che hanno creato la più stretta conoscenza reciproca con un membro UE. Entrando materialmente nella gestione italiana di contrasto all’immigrazione, il paese balcanico tenta di far fruttare la sua posizione geografica all’imbocco meridionale dell’Adriatico ambendo ad essere protagonista geopolitico su scala mediterranea, oltrepassando i confini della diplomazia inter-balcanica

Reazioni – Il Presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen ha definito l’accordo “esempio di procedere fuori dagli schemi basato sulla equa divisione di responsabilità con paesi terzi in linea con le obbligazioni derivanti dalla legge UE e quella internazionale”. 

In una lettera congiunta rilasciata il 15 maggio, 15 paesi membri (Danimarca, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Italia, Cipro, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Romania, Finlandia) affermano che la strategia dell’Unione nell’affrontare la migrazione deve basarsi anche su questo protocollo e prevedere “il salvataggio dei migranti in alto mare e il loro trasporto in predeterminate aree sicure situate in un paese partner fuori dell’UE”.

Amnesty International Italia ha una posizione critica sull’intesa, esprimendo timore che l’accordo “possa essere utilizzato per eludere gli obblighi imposti dal diritto UE e internazionale” imponendo ai migranti, tra l’altro, l’eventualità “a una procedura di asilo al di sotto degli standard e iniqua, senza avere accesso ad adeguate garanzie procedurali e di protezione giudiziaria”.

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Gjergji Kajana
Classe anni ’80, albanese, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Giornalista freelance dal 2009 per la stampa albanese in madrepatria e Italia e siti d’informazione italiani, dove spicca Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa. Focus d’interesse l’Albania, la sua diaspora e i Balcani in particolare, le relazioni internazionali e la geopolitica in generale. Nel 2019 – 2021 impegnato presso l’Ambasciata d’Albania in Italia in un programma ONU sulla diaspora albanese.

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