Israele – Palestina: l’escalation e le prospettive di pace

Hamas attacca dalla striscia di Gaza cogliendo di sorpresa Israele che stava festeggiando la settimana di Sukkot (la festa dei tabernacoli). Uno sguardo al cielo e migliaia di israeliani, allegri e spensierati dopo la festa Simchat Torah (Gioia della Torah), hanno potuto ammirare stelle cadenti rivestite di razzi che colpiscono le regioni del centro e del sud di Israele.

Nello stesso momento, milizie palestinesi attraversavano i confini israeliani per iniziare un’operazione di terra e prendere il controllo di alcune località nel sud del paese.

Un’escalation descritta come la più violenta degli ultimi anni che ha causato migliaia di feriti e più di mille morti israeliani (tra cui bambini decapitati). L’operazione è stata giustificata dal gruppo di Hamas come valida e più che necessaria a causa della crescente violenza dei coloni negli ultimi mesi e, soprattutto, per la recente violazione del complesso di Al-Aqsa. È il terzo luogo sacro per l’islam dopo Mecca e Medina, ma ancora più sacro per gli ebrei in quanto Monte del Tempio.

Una terra contesa

Israeliani e palestinesi sono sempre stati in conflitto da decenni per accaparrarsi il proprio destino nello stesso lembo di terra. Come in ogni disputa, si sono create profonde divisioni non solo all’interno dei rispettivi. Che il Medioriente sia “il ring del mondo”, usando le parole dello storico Yuval Noah Harari?

Il conflitto israeliano – palestinese ha origine all’inizio del XX secolo ed è parte del più vasto conflitto arabo – israeliano. Essenzialmente, sono stati identificati quattro principali ostacoli alla risoluzione dei conflitti:

  1. Creazione di confini sicuri
  2. Controllo di Gerusalemme
  3. Insediamenti israeliani
  4. Diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi

A questi, però, devono essere ricordati altri impedimenti molto più gravi, come le uccisioni politicamente motivate di civili israeliani o palestinesi (soprattutto donne e bambini). La libertà di movimento palestinese, la sicurezza israeliana e altre questioni relative ai diritti umani.

Molteplici sono stati i tentativi di negoziazione per cercare di trovare una soluzione tra i due stati ma, come dimostra anche la recente guerra russo – ucraina, gli sforzi sono stati vani. Nel 2016 la maggior parte degli israeliani e palestinesi avevano preferito la soluzione della creazione di uno Stato di Palestina indipendente, accanto a quello israeliano. Uno Stato che è per legittimo di esistere e accettabile da parte di Israele, identificabile nel territorio della Cisgiordania e della Striscia di Gaza.

Equilibri vacillanti

Nella decennale escalation israelo – palestinese sono stati coinvolti molti attori internazionali. Oltre ai protagonisti – il governo di Israele di Benjamin Netanyahu e quello palestinese di Mahmud Abbas – gli interlocutori speciali sono stati da sempre gli Stati Uniti e la Russia.

Dunque, se dovessimo rispondere alla domanda di Harari, lo faremmo sicuramente in modo positivo. Il nodo di Israele resta l’ennesima spada di Damocle sullo sfondo internazionale che tutti portano con alterna convinzione.

Gli Stati Uniti si stanno lentamente interessando sempre meno al Medioriente: sarà l’area della nuova presidenza o il desiderio della politica americana di riprendere quell’auge un po’ smarrito dopo gli ultimi avvenimenti storici? Una situazione quasi conforme a quella dell’Unione Europea, che risulta ad oggi divisa ed indebolita più che mai per la corsa in pole position. Una situazione incerta ad Occidente favorisce un’escalation ad Oriente, permettendo ad altri attori – Turchia e Russia – di prendere il sopravvento e cambiare le sorti del potere politico – militare mediorientale. 

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