Domenica 10 ottobre l’Iraq sarà nuovamente chiamato alle urne, in occasione delle elezioni parlamentari. A distanza di tre anni dall’ultimo appuntamento elettorale, tenutosi nel maggio del 2018, la giornata di domenica sarà un evento chiave, che vedrà come protagonista uno dei paesi più importanti del Medio Oriente. Elezioni che l’Europa seguirà da vicino: secondo quanto riportato da Eunews, Josep Borrel ha nominato Viola Von Cramon-Taubadel per guidare la commissione che si occuperà di vigilare sul corretto svolgimento del voto legislativo in Iraq.
Attualmente, la prima forza politica nel paese risulta essere la coalizione Saairun – composta dal Movimento Sadrista, il Partito Comunista Iracheno e altri –, guidata dal leader Muqtada al-Sadr, con 54 deputati su un totale di 325 seggi. Le altre due forze maggiori attualmente nel parlamento iracheno sono: l’Alleanza di Fatah, guidata dal leader sciita Hadi al-Amiri, con 47 seggi; l’Alleanza della Vittoria, guidata dall’ex primo ministro Haydar al-‘Abadi, con 42 deputati. Un risultato ottenuto al termine della guerra civile contro lo Stato Islamico nelle regioni settentrionali del Paese (che confina con Siria, Turchia e Iran), conclusa ufficialmente il 9 dicembre 2017. Per l’occasione, infatti, le elezioni, inizialmente previste nel settembre del 2017, vennero posticipate di qualche mese.
Secondo quanto riportato da Internazionale, domenica prossima saranno 44 le coalizioni registrate in competizione, per un totale di 267 partiti autorizzati e i 3.523 candidati. Una proposta politica frammentata, al cui interno possiamo individuare comunque tre macro gruppi che raccolgono i vari partiti: quello dei curdi (la cui alleanza tra l’Unione patriottica del Kurdistan – Puk – e il Partito democratico del Kurdistan – Kdp – si è sciolta), quello dei sunniti (radicati nell’ovest del paese), e i partiti sciiti.
Uno scenario delicato, reso ancora più complesso, secondo l’esperto Sadiq al Tai, “dalla grande quantità di partiti armati e dell’interferenza iraniana” – specie dopo gli avvenimenti di agosto e la presa del potere dei Talebani (ndr).
Già negli scorsi mesi, con l’avvicinarsi delle elezioni, numerosi erano stati i tentativi di boicottaggio e le richieste di posticipazione dell’appuntamento alle urne.
In un’intervista riportata da Nena News lo scorso giugno, il consigliere del premier Hussein Hindawi aveva dichiarato che alle prossime elezioni ci saranno “una decina di liste arriva dal movimento di protesta. Tanti giovani non andranno alle urne, ma tanti altri credono che solo votando cambieranno la classe dirigente”. Diverse sono state le manifestazioni durante l’ultimo anno da parte della popolazione civile per chiedere una nuova legge elettorale, che ricalchi i principi di democrazia. Tra i motivi del clima di agitazione – si legge sempre nell’intervista – anche la richiesta di verità e giustizia per gli attivisti uccisi in Iraq negli scorsi mesi in seguito ad opera di alcuni gruppi paramilitari.
L’ultima legge elettorale risale all’autunno del 2020, e consente ai cittadini di assegnare la propria preferenza non solo ai partiti politici, ma anche a candidati indipendenti. A seguire, i nomi candidati dovranno poi essere sottoposti ad alcuni controlli del ministero dell’Interno e dell’Istruzione, così come quelli dell’Alta commissione elettorale indipendente irachena.
A richiedere il boicottaggio delle prossime elezioni, nel mese di luglio, è stato anche il politico e religioso sciita iracheno Muqtada al-Sadr, tramite un annuncio televisivo, riportato dall’agenzia Nova News. In occasione del discorso, il leader della Saairun – prima forza politica nel parlamento – aveva affermato di voler ritirare il suo appoggio all’attuale governo in carica.
A richiamare il paese all’ordine – e alle urne – è stato il duplice appello del Patriarca caldeo Cardinale Louis Raphael Sako a inizio settembre, rivolto ai cittadini e al governo iracheno, riportato anche da Vatican News.
Nel comunicato, il Patriarca esorta la popolazione civile a partecipare ampiamente alle elezioni di domenica, facendo appello al dovere civico di costruire dal basso la prossima classe politica che guiderà il paese: “la Chiesa caldea esorta gli iracheni a partecipare ampiamente alle elezioni, a scegliere i propri rappresentanti che abbiano la capacità di rappresentarli, cioè la conoscenza della politica , legge e bisogni delle persone, le cui mani sono pulite”.
Il secondo appello, rivolto all’attuale governo iracheno, lo invita “a fornire un clima elettorale che permetta ai cittadini di votare liberamente e senza pressioni”.
Un monito che indica le elezioni come un appuntamento civico e politico di grande importanza, al quale il Patriarca ha aggiunto “la sua vicinanza alle aspirazioni degli iracheni alla pace, alla stabilità, all’unità nazionale, alla fornitura di servizi e a una vita dignitosa”, con la preghiera che “le elezioni abbiano successo e che il paese si alzi e che gli iracheni tornino a una società coesa, amorevole e armoniosa”.