Inverno senza neve: gli impianti sciistici non riescono a fronteggiare la crisi economica

A causa del riscaldamento globale le condizioni climatiche sono cambiate e il 2023 rischia di essere uno degli anni più caldi mai registrati sulla Terra, superando anche il 2022 che è stato l’anno più caldo in Italia dal 1800. Questo è quanto riporta il Servizio meteorologico nazionale del Regno Unito: “La temperatura media globale per il 2023 è prevista tra 1,08 °C e 1,32 °C (con una stima centrale di 1,20 °C) al di sopra della media del periodo pre industriale (1850-1900): il decimo anno consecutivo in cui le temperature hanno raggiunto almeno 1°C sopra i livelli preindustriali”. Il dottor Nick Dunstone del Met Office ha dichiarato: “La temperatura globale negli ultimi tre anni è stata influenzata dall’effetto di una prolungata La Niña, dove le temperature superficiali del mare più fredde della media si verificano nel Pacifico tropicale. La Niña ha un effetto di raffreddamento temporaneo sulla temperatura media globale”, aggiungendo “Per il prossimo anno il nostro modello climatico indica la fine dei tre anni consecutivi con lo stato di La Niña con un ritorno a condizioni relativamente più calde in alcune parti del Pacifico tropicale. È probabile che questo cambiamento porti a una temperatura globale nel 2023 più calda del 2022”. Il problema riguarda in particolare l’assenza di neve, in quanto la frequenza delle precipitazioni non è diminuita.

Grandi danni economici per le stazioni sciistiche

Una situazione meteo drastica che si sta verificando sia in Italia che in gran parte d’Europa, causata da inverni sempre più caldi. Un problema che penalizza la stagione turistica invernale e l’attività degli impianti sciistici, soprattutto in Abruzzo, Emilia-Romagna e Toscana. Quest’anno, infatti, molti sono stati costretti a chiudere i battenti e, a causa degli alti costi da sostenere, si verifica anche l’impossibilità di produrre la neve artificiale. Questa situazione rischia di far crollare l’intero sistema economico su cui si regge questa importante parte d’Italia, dato che ne beneficiano anche gli albergatori e i ristoratori delle zone di montagna. In questi mesi, infatti, sono molti gli italiani che hanno annullato le vacanze sulla neve, disdicendo le prenotazioni a causa di  temperature quasi primaverili nel pieno dell’inverno. Ad oggi, le attività sciistiche hanno registrato un danno economico pari a 50 milioni di euro, una perdita pari a quella subito durante la chiusura a causa della pandemia e la situazione potrebbe precipitare sempre di più. Lorenzo Rotellini, consigliere comunale di L’Aquila dichiara, infatti: “Gli esperti ipotizzano che tra pochi decenni (forse già dal 2036) sciare sarà difficile, se non impossibile, anche sulle Dolomiti. Dire ciò non significa essere dei “gufi” o non credere nel proprio territorio, ma i cambiamenti climatici sono ora più che mai tangibili. Oltre al dibattito su colpevoli, soluzioni e mitigazione, il riscaldamento climatico comincia a far sentire effetti prima di quanto ci si aspettasse anche su aree che si pensavano lontane dall’esserne intaccate. Più caldo, va da sé, vuol dire meno neve. Meno neve, va ancor più da sé, vuol dire meno – in molti casi zero – turismo correlato alle strutture sciistiche. Il turismo legato allo sci ora ha bisogno di cambiare pelle”.

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