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Con l’art. 1 del D.L. 59/2016, convertito con modifiche dalla L. 119/2016, il legislatore italiano ha introdotto una nuova forma di pegno, comunemente definito non possessorio, espressamente dedicato ai soggetti iscritti del registro delle imprese.
Il quadro normativo di disciplina del pegno non possessorio si è arricchito nel corso degli anni di diversi interventi, tra cui si possono segnalare:
- il Decreto del MEF n. 114 del 25 maggio 2021 con cui è stato approvato il regolamento del registro dei pegni mobiliari non possessori;
- i provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate:
- n. 262734 del 12 ottobre 2021 con cui è stata approvata la nomenclatura delle categorie merceologiche dei beni gravati da pegno,
- di concerto con il Ministero della Giustizia del 12 gennaio 2023 con cui sono state approvate le specifiche tecniche del registro dei pegni non possessori,
- n. 120760 del 5 aprile 2023 con cui sono state stabilite le modalità di versamento dei tributi dovuti per espletare le formalità nel registro.
Allo stato, ai fini della piena operatività della normativa e della possibilità di utilizzare effettivamente il nuovo strumento, manca soltanto il provvedimento con cui l’Agenzia delle Entrate comunicherà la data di inizio dell’operatività del citato registro.
Il pegno non possessorio può riguardare soltanto beni afferenti all’attività dell’impresa (inclusi i beni immateriali) ed esclude la c.d. traditio del bene al creditore: il debitore può continuare ad utilizzare il bene oppignorato ed il creditore può attivare degli strumenti per entrarne rapidamente in possesso.
Al fine di rendere opponibile ai terzi il pegno non possessorio, come si è visto è istituito presso l’Agenzia delle Entrate il Registro dei Pegni, dove devono essere iscritti i contratti costitutivi dei pegni (aventi necessariamente forma scritta) e la documentazione relativa alla corretta identificazione del bene. L’iscrizione dura dieci anni ed alla scadenza può essere rinnovata.
Si tratta di uno strumento particolarmente innovativo per il nostro ordinamento, in parte ispirato alle fattispecie di “floating charge” previste negli ordinamenti tipicamente di common law, con cui si punta a facilitare l’accesso al credito delle imprese e che si presta particolarmente alla valorizzazione, tra gli altri, dei beni intangibili aziendali come marchi, brevetti, design ma anche software e know-how, ossia agli strumenti mediante i quali si esplica l’Innovazione dell’impresa.
Rispetto ai suddetti beni della c.d. proprietà intellettuale vi sono consolidati metodi (in passato utilizzati e condivisi anche dall’Agenzia delle Entrate nell’ambito del vecchio regime di Patent Box) per consentire l’identificazione e la valorizzazione economica dei medesimi che potrebbero allargare le maglie dell’accesso al credito per le Aziende, senza limitare l’efficacia del pegno non possessorio ai più tradizionali beni materiali ricompresi nella nomenclatura delle categorie merceologiche approvate dall’Agenzia delle Entrate.
Si tratta insomma di una Innovazione nell’Innovazione, passata sinora in sordina ma che potrebbe dare ossigeno e nuovo slancio al tessuto imprenditoriale italiano se ben sfruttata dai titolari di impresa e dagli istituti finanziari.
Un’occasione da non perdere per garantirsi un futuro di Innovazione.