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Il Metaverso è un universo virtuale interattivo in cui le persone possono connettersi, interagire e vivere esperienze digitali immersive.
Oggi, con la forte accelerazione impressa dalle tecnologie come l’intelligenza artificiale, la realtà virtuale, la realtà aumentata, la blockchain, si avverte sempre più l’urgenza di creare un ambiente virtuale condiviso in cui soggetti virtuali (i.e. avatars) possono interagire, socializzare, creare opportunità di business, porre in essere transazioni e perfino dare vita a nuove forme di economia e governance.
Il Metaverso (o meglio i Metaversi) è dunque una piattaforma virtuale idonea ad offrire nuove opportunità di connessione ed interazione di impatto trasversale, dall’intrattenimento all’istruzione, dal commercio alla finanza, dall’arte alla manifattura, ecc.
Il lemma Metaverso, tuttavia, non è una novità di questi anni[1]: Snow Crash è certamente l’antesignano ma tracce nel passato si possono individuare, ad esempio, nella cinematografia[2].
Come definito apertis verbis da Goldmann-Sachs, la blockchain costituisce il “cuore del Metaverso”. La creazione di registri distribuiti e sicuri garantita dalla blockchain permette di registrare, tracciare, verificare e notarizzare le transazioni e le proprietà digitali nel Metaverso.
Analogamente, il Metaverso è alimentato dall’intelligenza artificiale, che costituisce, a titolo esemplificativo, il mezzo per la creazione degli avatars, migliorando così l’interazione tra gli utenti, e per rendere le interazioni tra soggetti più realistiche e personalizzate, nonché lo strumento per sviluppare algoritmi di apprendimento automatico mediante l’analisi dei dati generati nel Metaverso.
È evidente, dunque, che il Metaverso, la blockchain e l’IA rivestono e rivestiranno un ruolo sempre più importante anche nel mondo delle imprese e, per l’effetto, nell’applicazione delle regole di diritto, segnatamente – ma non solo – delle regole della proprietà intellettuale[3].
Un primo esempio di applicazione della blockchain è il noto caso Benetton che, con il Progetto “Blockchain in a Box”, ha realizzato una lettera di vettura elettronica utilizzata nei trasporti internazionali su strada (i.e. e-CMR), rendendo più trasparente, veloce e controllabile la filiera e riducendo quindi i rischi di abusi e di illegalità, compresa la contraffazione (quale immissione illecita in commercio di merci in transito).
Altro esempio si trova nel mondo dell’Agrifood, sulla stessa lunghezza d’onda di Benetton, dove l’Arancia Rossa di Sicilia IGP ha utilizzato un sistema di tracciabilità della filiera basato su blockchain.
Relativamente all’applicazione del Metaverso in senso stretto, è certamente interessato in misura dirompente – forse perché tra i primi ad averne fatto un uso sperimentale – il comparto della Moda. Negli ultimi anni, infatti, molti brand hanno iniziato ad esplorare le possibilità offerte dal Metaverso per promuovere le loro collezioni, creare esperienze di shopping virtuali e coinvolgere i consumatori in modi innovativi (basti pensare alle sfilate di moda virtuali, agli showroom virtuali ed agli avatars di moda personalizzati, che consentono agli utenti di indossare virtualmente abiti e accessori, alla possibilità di acquistare capi di abbigliamento sotto forma di NFT, ecc.).
Questo mondo di nuove opportunità pone, tuttavia, come rovescio della medaglia, la necessità di disciplinare numerose controversie correlate all’utilizzo – talora illegittimo – di diritti di proprietà industriale ed intellettuale, tra cui i marchi, il design industriale, le creazioni autorali nel Metaverso, ecc.
La disciplina di essi non è affatto semplice, poiché, in prima battuta, si pone il problema se il Metaverso possa dare luogo a diritti “virtuali” utilizzando le regole già esistenti del mondo “reale”. Se non vi sono dubbi con riguardo ai marchi[4], più problematica è la questione del diritto d’autore e della tutelabilità quale creazione autonoma delle opere autorali sorte direttamente nel Metaverso.
Sul punto, ancorché la casistica non sia ancora fiorita sul suolo italiano, le prime decisioni internazionali in materia non sono tardate ad arrivare.
A fugare ogni dubbio è stata la Corte di Giustizia dell’Unione Europea che, nel caso Cofemel v. G-Star del 2019, ha riconosciuto la tutelabilità autorale dei disegni e modelli di moda originali nel Metaverso.
E la soluzione alla questione sembra aver trovato conforto nel noto caso “MetaBirkin”, che ha visto contrapposti la celebre Maison Hermès all’artista Mason Rotschild per avere, quest’ultimo, messo in vendita su OpenSea NFT delle c.d. MetaBirkin, ossia dei remake digitali creativi ed originali delle celeberrime Birkin di Hermès[5]. Nel maggio 2022, la Corte federale newyorkese ha riconosciuto il valore artistico delle opere di Rotschild ma ha altresì appurato lo sfruttamento illecito del marchio Birkin di Hermès condannando l’autore alle relative spese.
Più di recente, nel febbraio 2023, noti sono i casi Getty Images contro Stability AI, per violazione dei diritti di proprietà intellettuale, segnatamente lo sfruttamento non autorizzato di circa 12 milioni di immagini per allenare il proprio software di intelligenza artificiale.
Ebbene, la casistica sopra accennata, ancorché di derivazione prevalentemente anglosassone, apre la strada a scenari diversi e fa emergere le problematiche collegate alla necessità, da una parte, di regolamentare – o meglio, di adeguare la normativa esistente – alle questioni emergenti correlate al Metaverso; dall’altra parte, offre nuove opportunità per le imprese di ampliare il proprio business, badando bene di studiare e mettere in campo strumenti – contrattuali e non – idonei a prevenire le patologie connaturate allo sviluppo delle tecnologie che consentano all’imprenditore di preservare adeguatamente il patrimonio intangibile dell’azienda.
Utili in questo senso potrebbero essere gli strumenti di co-branding, di licenze (esclusive, non esclusive, creative commons), di brevettazione (anche SEP, se del caso), di tutela dei trade secrets e dei database.
In conclusione, il Metaverso, l’IA e la blockchain offrono importanti opportunità ma, come tutti i balzi in avanti, impongono un’attenzione specifica ai fenomeni illeciti che possono impattarlo. È dunque importante che le aziende colgano le opportunità che tali novità mettono in campo, non dimenticando però l’importanza della protezione dispiegando i giusti strumenti di tutela per evitarne l’abuso. È parimenti importante, in ogni caso, che il Legislatore si ponga come osservatore privilegiato e particolarmente attento, al fine di intervenire – ove opportuno – per evitare fenomeni distorsivi.
[1] Neal Stephenson nel suo romanzo di fantascienza del 1992, intitolato “Snow Crash”, utilizza il termine Metaverso per descrivere un ambiente virtuale tridimensionale in cui gli utenti possono interagire attraverso avatar.
[2] Si pensi a Matrix, ancorché con delle differenze di fondo importanti, giacché rappresenta una realtà simulata controllata da macchine (dove invece il Metaverso costituisce una realtà virtuale, libera ed interattiva.
[3] Ampio è oggi il dibattito tra gli autori in merito all’adeguatezza dei rimedi giuridici tradizionali rispetto alla novità delle tecnologie emergenti. Molti si chiedono se gli strumenti del passato siano adeguati a rispondere alle esigenze della tecnologia ovvero se sia opportuno costruire degli strumenti ad hoc, in grado di rispondere alle contingenze del momento.
[4] L’EUIPO ha chiarito nelle proprie linee guida la tutelabilità dei marchi anche nel Metaverso, purché il titolare aggiorni le classi merceologiche di riferimento.
[5] Trattasi di forme Birkin alle quali l’artista avrebbe aggiunto inserti virtuali in pelliccia, opere d’arte, disegni, ecc.