InnovAzione: entra in vigore il Digital Service Act, una sfida per numerose aziende che offrono servizi online

In partnership con lo Studio Legale Improda – avvocati associati

È innegabile, ormai, che la digitalizzazione stia cambiando la nostra quotidianità, dal nostro modo di interagire, al nostro modo di lavorare e di vivere in generale. La transizione tecnologica, di conseguenza, corre sempre più veloce e la società – soprattutto per le generazioni non “native digitali” – tenta affannosamente di adeguarvisi.

Da tempo l’Unione Europea ha posto al centro delle proprie politiche l’esigenza di definire una strategia digitale che crei uno spazio – seppur virtuale – sicuro per cittadini ed imprese, che sia inclusivo ed il più possibile trasparente; tutti i provvedimenti emanati di recente, quali ad esempio il Digital Market Act, il Digital Governance Act ed il Digital Services Act mirano a tale scopo, senza dimenticare la prioritaria esigenza di tutelare i dati personali.

Sembrava ancora lontana l’emanazione e l’entrata in vigore di una normativa che disciplinasse in maniera organica l’implementazione e l’utilizzo di servizi online da parte del mercato digitale, quando il 19 ottobre 2022 il Parlamento Europeo ed il Consiglio approvavano il Digital Service Act, pubblicato il 27 ottobre 2022 (“Regolamento” o “DSA”).

Il Regolamento, già parzialmente applicabile a partire dal secondo semestre del 2023, è entrato in vigore per tutte le piattaforme digitali il 17 febbraio 2024. Volendo guardare al contesto italiano, potenzialmente sono molteplici le aziende – e, quindi, i fornitori di piattaforme online – che già entro la suddetta data avrebbero dovuto adeguarsi alle disposizioni del Regolamento; dal relativo ambito di applicazione, ne sarebbero tuttavia escluse le micro o PMI, come definite dalla Commissione UE nella raccomandazione 2003/361/CE.

Nell’ottica, da un lato, di sensibilizzare i fornitori di servizi d’informazione ad una maggiore responsabilità e, dall’altro, di rafforzarne il controllo sui contenuti da parte degli stessi utenti cittadini UE oltre che delle Autorità, senza pregiudicare l’equità e la competitività dei mercati digitali, il Digital Service Act integra e sostituisce parzialmente le norme sull’e-commerce precedentemente contenute nella Direttiva 200/31/CE.

L’obiettivo della normativa è quello di rendere più trasparente ed accessibile lo spazio online, auspicando un web “sicuro, prevedibile e affidabile che faciliti l’innovazione e in cui i diritti fondamentali sanciti dalla Carta, compreso il principio della protezione dei consumatori, siano tutelati in modo effettivo” (Art. 1 Regolamento), così da comprenderne l’impatto sociale ed i potenziali rischi per gli utenti, soprattutto quelli ritenuti più “fragili”.

Il Regolamento, si legge al successivo art. 2.1, si applica ai cc.dd. servizi intermediari “offerti a destinatari il cui luogo di stabilimento si trovi nell’Unione Europea o che sono ubicati nell’Unione, indipendentemente dal luogo di stabilimento dei prestatori di tali servizi intermediari”.

Sono servizi intermediari ai sensi del Regolamento:

  • un servizio di semplice trasporto (cosiddetto «mere conduit»), consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio o nel fornire accesso a una rete di comunicazione;
  • un servizio di memorizzazione temporanea (cosiddetto «caching»), consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite dal destinatario del servizio, che comporta la memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficiente il successivo inoltro delle informazioni ad altri destinatari su loro richiesta;
  • un servizio di memorizzazione di informazioni (cosiddetto «hosting»).

In generale, il Regolamento si riferisce ai servizi offerti da piattaforme digitali, motori di ricerca, servizi di hosting e mercati online, delineando degli standard comportamentali e in taluni casi dei veri e propri obblighi di diligenza in capo a determinati prestatori di servizi digitali. Ad esempio, molta attenzione è posta su Termini e Condizioni di un servizio digitale (Art. 14 del Regolamento), la normativa al riguardo prevede che “1. I prestatori di servizi intermediari includono nelle loro condizioni generali informazioni sulle restrizioni che impongono in relazione all’uso dei loro servizi per quanto riguarda le informazioni fornite dai destinatari del servizio. Tali informazioni riguardano tra l’altro le politiche, le procedure, le misure e gli strumenti utilizzati ai fini della moderazione dei contenuti, compresi il processo decisionale algoritmico e la verifica umana, nonché le regole procedurali del loro sistema interno di gestione dei reclami. Sono redatte in un linguaggio chiaro, semplice, comprensibile, facilmente fruibile e privo di ambiguità e sono disponibili al pubblico in un formato facilmente accessibile e leggibile meccanicamente. 2. I prestatori di servizi intermediari informano i destinatari del servizio in merito a qualsiasi modifica significativa delle condizioni generali”.

Altrettanza attenzione è prestata, inoltre, al marketing e a tutti quei meccanismi pubblicitari che implicano la profilazione dell’utente, sottolineando il fatto che inserzioni pubblicitarie basate sul targeting e, appunto, personalizzate possono creare discriminazioni o forme di dipendenza e finire per manipolare utenti più vulnerabili. A tal proposito, il Regolamento precisa che restano ferme le specifiche disposizioni in materia di protezione dei dati personali di cui al GDPR (Reg. UE 679/2016), con specifico riferimento all’obbligo di richiedere il consenso specifico, libero ed espresso dell’interessato per l’attività di profilazione e nei casi di ricorso ad un processo decisionale automatizzato nei suoi confronti.

Il problema, come intuibile, si pone soprattutto con riferimento ai minori, la cui protezione è una delle prerogative del Legislatore europeo: una piattaforma online è considerata accessibile ai minori quando le relative condizioni consentano effettivamente ai minori di utilizzarla in piena sicurezza e trasparenza. I fornitori delle piattaforme online devono, quindi, implementare misure adeguate e proporzionate per garantire un elevato livello di tutela della privacy e di sicurezza al minore, ad esempio progettando interfacce per impostazione predefinita, qualora sia verosimile che il servizio offerto venga fruito da un utente minorenne e/o precludendo di default alcune funzionalità, viceversa disponibili per utenti maggiorenni.

Insomma, il Digital Service Act introduce senz’altro norme più stringenti per le cc.dd. Very Large Online Platform (“VLOP”) (fra le quali la Commissione Europea ha annoverato Facebook, Instagram, Google Maps, Google Shopping e Google Pay, AppleStore, Pinterest, TikTok, Twitter, Linkedin, Booking, Amazon Store, Alibaba, AliExpress, Wikipedia, Youtube e Zalando) e le Very Large Online Serach Engines (“VLOSE”) (quali i browser Google e Bing), ridefinendo le responsabilità dei prestatori di servizi digitali.

Proprio riguardo alla piattaforma TikTok, lo scorso 19 febbraio 2024 la Commissione Europea ha aperto  un formale procedimento per presunta violazione delle disposizioni in materia di trasparenza della pubblicità; l’indagine era tesa a verificare l’effettiva conformità del social media al Digital Service Act, con particolare riferimento agli accorgimenti adottati al fornitore rispetto alla tutela dei minori, alla trasparenza della pubblicità, al controllo dei contenuti che creano dipendenza e che risultano potenzialmente dannosi. Nel settembre del 2023 TikTok inviava alla Commissione un rapporto di valutazione dei rischi, per replicare alle richieste formali di informazioni avanzate dalla Commissione (in particolare su contenuti illeciti, tutela dei minori e modalità di accesso ai dati), ritenute evidentemente non esaustive o, comunque, non compliant dall’UE nell’imminenza dell’entrata in vigore del DSA. TikTok, che rischia una multa fino al 6 per cento del fatturato globale, ha più di 134 milioni di utenti mensili nell’Unione europea, la maggior parte dei quali appunto, minori, i principali fruitori del Social.

In conclusione, le premesse da parte dell’UE sono confortanti, ma bisognerà attendere ancora diversi mesi perché si possa tracciare un primo bilancio sull’efficacia applicativa del Digital Service Act e sull’impatto sia nella vita delle persone, che nel mercato, dei servizi digitali soltanto oggi maggiormente regolamentati.

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