Iniziato il corteo funebre a Tabriz, capitale dell’Azerbaigian orientale, per la morte del Presidente iraniano Raisi precipitato ieri, 20 maggio, con l’elicottero su cui viaggiava insieme al suo Ministro degli esteri Hossein Amirabdollahan ed altre 6 persone, fra cui Malik Rahmati, governatore della provincia iraniana dell’Azerbaigian Orientale, l’Ayatollah Mohammad Ali Al-Hashem, imam e rappresentante della Guida Suprema iraniana nell’Azerbaigian Orientale, Sardar Seyed Mehdi Mousavi, il capo delle guardie del corpo di Raisi. Con loro l’equipaggio. Schiantatosi ai confini con l’Azerbaijan orientale, mentre Raisi stava rientrando da un viaggio al confine per l’inaugurazione di una diga, il velivolo è stato rinvenuto dalle autorità turche. Si va escludendo la pista di un sabotaggio mentre resta valida l’ipotesi di un tragico incidente, condivisa anche dalle autorità iraniane e dovuto, probabilmente, ad un guasto tecnico, considerando inoltre le condizioni metereologiche avverse oltre alla vetustà dell’elicottero stesso, risalente ai tempi dello scià.L’elicottero avrebbe tentato un atterraggio di emergenza ma non avrebbe funzionato il sistema di segnalazione. Teheran ha comunque ordinato un’inchiesta sull’accaduto chiedendo la collaborazione degli Stati Uniti.
La sepoltura delle esequie di Raisi è prevista per giovedì 23 a Mashhad, la sua città natale, nel mausoleo dell’imam Reza, uno dei principali santuari degli sciiti.
La morte di Raisi lascia aperta la questione della sua successione. Fedelissimo dell’ayatollah Ali Khameini, l’attuale Guida Suprema, leader religioso e di fatto guida politica del Paese al potere in Iran dal 1989, era pronto a succedergli visti i problemi di salute dell’ayatollah, che ha 85 anni ed è uno dei pochissimi rimasti della generazione dell’allora ayatollah Khomeini – colui che rovesciò più volte lo scià e fu fondatore della Repubblica islamica. Khameini è finora riuscito a mantenere un delicato equilibrio, oltre che il suo ruolo indiscusso, grazie all’alleanza con i conservatori ed i Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione, che puntano piuttosto ad una guida suprema sotto il loro controllo se non ad un cambio radicale del sistema da repubblica teocratica a presidenziale. La fase transitoria sarà guidata dal vicepresidente ad interim, Mohammad Mokhber, sanzionato in passato dalla Ue e dagli Usa, assieme al presidente del Parlamento, Mohammad Bagher Ghalibaf, e il capo della magistratura Gholam-Hossein Mohseni-Ejei: gli stessi avranno il compito di traghettare il paese verso le nuove elezioni che si svolgeranno il 28 giugno prossimo e che decreteranno l’elezione del nuovo capo dello Stato. La campagna elettorale sarà probabilmente molto breve e favorirà candidature della seconda generazione vicine ai Guardiani della rivoluzione. La propensione sembra andare infatti verso il secondo genito di Khameini, Mojtaba, andando a dare continuità alla politica di Raisi e dunque a confermare l’appoggio ai conservatori. Certo è che le prossime elezioni si svolgeranno in un Paese ancora fortemente pressato dalle sanzioni economiche Usa – imposte fin dalla fondazione della Repubblica islamica nel 1979 – oltre che dal coinvolgimento nel conflitto con Israele. Già le consultazioni del 2021 così come quelle dello scorso 1 marzo, che avevano visto Raisi al potere, avevano avuto una scarsa affluenza, dovuta, secondo molti analisti, allasqualifica di molti candidati riformisti e moderati.