Incontro a Roma con Roberto Recchioni: Un’iniziativa congiunta Rotary Club e Rotaract

Rientra nella mission del Rotary Club di Roma e della sua presidente Maria Luisa Piras, e del Rotaract Roma, con la sua giovane presidente Sara Arcuri, creare momenti di approfondimento culturale a beneficio dei propri soci e non solo. Così, la serata del 19 marzo, di iniziativa congiunta delle due realtà rotariane, ha avuto come ospite, grazie all’interessamento del Socio Mario Sakamoto,  Roberto Recchioni, sceneggiatore e soggettista per il fumetto e il cinema, illustratore, critico cinematografico, scrittore. Romano, è stato definito “la rockstar del fumetto italiano” per aver scritto di personaggi iconici come Tex, Diabolik e Topolino e aver creato John Doe e Detective Dante (insieme a Lorenzo Bartoli), Battaglia, David Murphy:911 e la serie Orfani. Autore di graphic novels e di alcuni romanzi. A completare, per ora il quadro dei suoi interessi la passione per i videogiochi, ne ha scritto da ultimo uno, e per le moto. Curatore e sceneggiatore di Dylan Dog, la creatura di Tiziano Sclavi in pubblicazione con Sergio Bonelli Editore, dal 20 maggio 2013, e sicuramente responsabile del rilancio dell’Indagatore dell’incubo, il 4 maggio 2023 gli succede Barbara Baraldi. 

Il filo comune

Come conoscitore ed esploratore dell’universo fumetto e del mondo della cultura pop, un filo comune lega le molteplici attività in cui esprime la sua creatività: l’amore per le storie. Le storie, come la musica, salvifiche per l’uomo. Come ha avuto modo di raccontare, in tempi più antichi la capacità di narrare e tramandare storie contenenti informazioni e concetti essenziali e utili ha letteralmente permesso la sopravvivenza di alcune tribù piuttosto che di altre, partendo dalle pitture rupestri veri e propri proto-fumetti. Egualmente oggi, afferma Recchioni, immaginare e raccontare storie non è soltanto una attività meravigliosa, ma farlo attraverso il linguaggio del fumetto rivela tutta la sua potenza e la sua forza espressiva, nel bene come nel male. Il linguaggio in sé è una macchina potentissima in mano all’uomo fin dagli inizi e tanto più quando usato per raccontare storie e innescare, così, altre potentissime leve, le emozioni. Pensiamo alle fiabe, ha detto, alle narrazioni religiose, alla Bibbia, storie capaci di modellare le civiltà, racconti avvincenti capaci di motivare e accrescere la nostra esperienza umana. Storie scritte per appassionare e meravigliare, e trasferire però nel contempo leggi morali o sociali. Pensiamo ai bestiari, testi che legati ad immagini, non tutte reali, che evocavano altresì valori morali ed etici o il loro contrario in una persona, per esempio. I bestiari erano uno degli strumenti in mano al potere per la rappresentazione dei propri nemici. E la cosa tuttora sopravvive in molte espressioni nel nostro gergo comune. 

L’unicum del linguaggio-fumetto

Il fumetto per sua natura stilizza la realtà per necessità di racconto e di mezzi. E a ben guardare, avvisa Recchioni, è pieno di stereotipi e luoghi comuni. La sintesi è la sua forza, ma è una forza fantastica sia per veicolare messaggi positivi sia negativi. C’è violenza nel fumetto, ma oggi che è un mezzo molto più controllato, a ben guardare meno di ieri. L ’errore comune è tuttavia quello di pensarlo come letteratura per bambini. Non lo è. E il fumetto è anche un linguaggio popolare, di massa, e quindi un’arma, come lo è tutta la comunicazione. Verso il fumetto, come verso l’informazione e la comunicazione tout court oggi, è indispensabile un approccio critico, da lettore attento. In quest’ottica il fumetto si rivela un ottimo metodo per allenare la mente a decodificare il mondo distillando quanto di esso viene rappresentato.

La parabola di Dylan Dog

La vicenda di Dylan Dog, protagonista di una serie riduttivamente forse definibile come horror, nato nel 1986 nell’epoca del pugno di ferro di Margaret Thatcher, lo vede dapprima esprimere tutto il disagio di un personaggio apparentemente incerto, che mette sempre in discussione sé stesso e il mondo e sempre lo vede porsi dalla parte del più debole. Un personaggio, quello di Sclavi, definito “poetico e generazionale”. Durante la sua vita, il “fenomeno Dylan Dog”, diventava il fumetto più venduto in Italia (tra inediti e ristampe raggiungendo il milione di copie mensili) e si affermava sia come fumetto a larga diffusione sia come fumetto d’autore, osannato dalla critica e dagli intellettuali.  Da un certo punto in poi, però, l’editore ha voluto serializzarlo e cristallizzarlo producendo tuttavia come esito una sopravvivenza, piuttosto che una vitalità della testata, senza nulla di nuovo, con poche eccezioni, in qualche numero. Ma l’idea di un mondo invariabile e immutabile attorno all’eroe non aveva rappresentato alcun tipo di problema per oltre vent’anni e i temi affrontati, la narrazione del personaggio e il suo campo d’azione non avevano mai richiesto un’eccessiva attualizzazione della serie.  Poi, dal numero 337 in edicola, quando inizia l’avvenuta di Recchioni con il personaggio, molte cose, dice Recchioni, sono cambiate, ed era giunto il momento di un nuovo Dylan Dog, che si trasformasse “rinnovandosi nella forza e tornando a interpretare il tempo della narrazione presente”. Lo fa letteralmente cambiando abito, cambiando assistente, da Groucho a Gnaghi, nuovi hobby, nuovi alleati e perfino un nuovo passato. Non ha guastato la personale capacità di Recchioni di raccontarsi e raccontare su diverse piattaforme, anche social, che è servita a stimolare un confronto sul personaggio tra i suoi lettori. Vecchi e nuovi. Con il numero 437 si conclude infine l’avventura che legava Recchioni a Dylan Dog e il testimone passa a Barbara Baraldi nuova curatrice del personaggio, e ripensando ai suoi 10 anni appena conclusi, Recchioni ricorda momenti buoni, artisticamente e commercialmente parlando, e momenti meno buoni. E guarda al futuro, in cui continuerà, comunque, a raccontare storie.

Tanti estimatori del fumetto e di Dylan Dog in particolare presenti alla conviviale del 19 marzo presso l’hotel Building di Roma, che si sono confrontati con Roberto Recchioni sul fumetto vecchio e nuovo, sull’evoluzione e le intersezioni con il cinema e la televisione, su domanda e offerta dello stesso e sull’influenza che ha sul pubblico, giovane e meno giovane, ferma restando la sua visione del fumento come una delle più potenti tecnologie. Recchioni ha invitato anche a domandarsi se viste le attuali condizioni del mondo, tra cambiamento climatico, guerre ed altri negativi aspetti, i vecchi fumetti abbiano effettivamente cresciuto una popolazione mondiale migliore di quella di oggi e a leggere criticamente, riconoscendo il potere e la responsabilità degli autori e dei lettori nel plasmare la società attraverso le storie. Qualche firma-copia e l’arrivederci al prossimo incontro con altri protagonisti, come Recchioni, della scena culturale italiana. 

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