Il futuro del movimento popolare, nato a Bologna lo scorso novembre, passa dalle elezioni regionali in Emilia-Romagna
Buttarsi in politica equivale a solcare i mari. Non è una citazione romanzesca né un verso d’epoca remota, si tratta semplicemente della nuova ondata simbolica che sta investendo la politica italiana negli ultimi tempi: si inizia con il voler aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno e si finisce con l’immedesimarsi nella figura di un Capitano. È una questione prettamente nautica.
Ma se da un lato parecchi marinai strizzano l’occhio al leader padano, dall’altro – a sinistra – si tenta di non finire nella sua “rete”. È così che nascono le Sardine, movimento ideato spontaneamente da quattro ragazzi – capeggiati da Mattia Santori – che da oltre due mesi riempie le piazze italiane nel nome dell’anti-sovranismo.
Dovevano essere seimila a Bologna, nonostante il freddo che in quel 14 novembre attanagliava piazza Maggiore: si presentarono in quindicimila. Un inizio col botto, seppur privo di simboli e una collocazione politica ufficiale, che rappresentò e rappresenta tuttora il bastone tra le ruote per Matteo Salvini e Lucia Borgonzoni, nascosta dalla costante presenza piuttosto ingombrante del suo leader.
Un aiuto indiretto per Stefano Bonaccini, candidato alla presidenza dell’Emilia-Romagna per un centrosinistra preoccupato dal feroce testa a testa con la Lega e che silenziosamente intravede in quest’autonoma spinta popolare la speranza di poter essere riconfermato a capo della sua storica roccaforte.
Ma cosa vogliono fare da grandi le Sardine? Forse le balene (bianche, ma contraddistinte da una filosofia completamente opposta). Ad ogni modo, qualsiasi decisione nel merito è rimandata. Molto dipenderà chiaramente dall’esito del voto del prossimo 26 gennaio; tuttavia, complici le innumerevoli richieste di aiuto provenienti da tutt’Italia, è doveroso sottolineare con inoppugnabile certezza come siano state erette, in così poco tempo, solide basi su cui poter costruire il futuro per una sinistra attualmente in piena crisi di consensi.
È una realtà che richiama a sé ogni generazione, specialmente quella composta da giovani, e che non deve cadere nell’errore commesso dai suoi antenati e predecessori, Popolo Viola e M5S su tutti, scesi in piazza con il solo obiettivo di contestare l’establishment o una figura in particolare. Affinché la sopravvivenza delle Sardine sia cosa tangibile è opportuno in primis offrire valide soluzioni, slegarsi da tradizioni sfavorevoli ed evitare atti devoti all’imposizione, aprendosi contemporaneamente al dialogo con le forze politiche e la società civile, nel segno della moderazione e di un nuovo corso politico, all’interno del quale sarebbe gradito l’inserimento di profili inediti e caratterizzati da rilevanti competenze settoriali.
L’occasione è ghiotta: nel PD zingarettiano – o nel suo erede che dir si voglia – si respira aria di rifondazione. Un eventuale rinnovamento della classe dirigente e un riposizionamento a sinistra del partito potrebbe aprire le porte a vecchie e/o imprevedibili alleanze. Del resto, ipotizzare un’azione solitaria è velleitario oltre che irrispettoso nei confronti di chi punta su un progetto ambizioso.
È dunque l’incipit di un nuovo duello, diverso da ciò che nacque dalla penna di Melville e dai tweet “gattari” di un Capitano Achab che, nel suo Io, comincia a temere un nemico verosimilmente sottovalutato: l’Italia che non si Lega è viva e potrebbe ben presto spaccare il Paese.