La scorsa notte nella capitale del Kyrgyzstan, Bishkek, è stata piuttosto lunga e difficile. Proteste e scontri hanno animato le strade e sconvolto la popolazione: i manifestanti volevano l’annullamento delle elezioni, così hanno occupato i palazzi del potere. Presto potrebbe nascere un nuovo esecutivo, illegittimo rispetto al volere collettivo. Alcuni politici di spicco, come l’ex presidente Atambayev, sono stati liberati dalle prigioni ove erano detenuti. Essi, attualmente, non sono rintracciabili.
A causa delle sommosse, centinaia di persone sono state ferite, 160 circa i ricoverati e si è verificato anche un decesso, in base a ciò che afferma il ministero della Salute. Contro le rivolte, la polizia ha risposto tramite cannoni ad acqua, lacrimogeni e granate stordenti. Tuttavia, l’uso di strumenti “non violenti” da parte delle forze dell’ordine non è bastato a evitare il caos.
Il pretesto che ha spinto i partiti finiti all’opposizione a ribellarsi è stata la presunta mistificazione dei risultati delle urne, tramite procedure di acquisto di voti e altre violazioni. Maksat Mamytkanov, membro del partito Chon Kazat, ha dichiarato a Interfax: “Intendiamo chiedere il licenziamento di Sooronbai Jeenbekov [attuale presidente kirghiso, n.d.r.] dal suo posto” e ha aggiunto che c’è insistenza da parte degli oppositori per adottare una nuova costituzione.
La popolazione kirghisa non è estranea a frequenti episodi di corruzione, disordine e nepotismo. Tuttavia, in tal caso, la situazione è assai complessa: due sono i presidenti al momento in libertà sul suolo nazionale, l’uno appena eletto, l’altro evaso. La lealtà delle forze dell’ordine, rispetto al parlamento, sarà determinante per evitare un peggioramento dei disordini che, in extremis, potrebbero configurarsi come guerriglia civile.