«L’urto fu terribile; un colpo sordo, di una brutalità furiosa. All’impatto, il corpo rimbalzò e ricadde. Ci si precipitò a soccorrerlo. La fronte insanguinata, gli occhi aperti, dilatati dal terrore, le membra spezzate. Franz Reichelt non dava più segni di vita. Qualcuno si sporse, cercò di sentire il cuore. Era fermo. Il temerario inventore era morto. Allora la vittima, frantumata e disarticolata, venne sollevata; fu caricata su un autotaxi e il povero corpo fu trasportato a Laënnec.»
Sono le 8:22 del 4 febbraio 1912 e un uomo di 33 anni sale al primo piano della torre Eiffel.
Sono 57 i metri che lo separano dal gelido suolo parigino e il suo desiderio è quello di dimostrare che, con i suoi 62 chili, può smentire in modo deciso le critiche di chi non credeva che il suo paracadute potesse funzionare.
Reichelt sale sullo sgabello, osserva la Senna, esclama «A presto!» e salta giù. La documentazione dell’epoca sembra più legata ad un film di Charlie Chaplin che alla tragedia che si sarebbe presto consumata, eppure è grazie al retaggio di quel documentario che noi possiamo osservare «il sarto volante» cadere e morire con i suoi 9 chili di paracadute.
La storia di Reichelt non è solo la storia di un fallimento. Così come la leggenda di Icaro non è solo la vicenda di una caduta. Gli occhi del sarto sembrano quelli del Viandante sul mare di nebbia e la sua non è tendenza al suicidio bensì quella di chi sta cadendo per innalzarsi e, forse, anche di rimanere nelle pieghe dell’eternità.
Étienne Kern, autore di numerosi saggi di critica letteraria, si imbatte in rete nel famoso video di Reichelt. Rapito dalla sua storia, ne scrive un romanzo che vince il Premio Goncourt 2022. “Il sarto volante” (L’Orma Editore, 136 pagine, 16,00 euro) è sì la storia della prima vittima del cinema (come dirà Truffaut) ma anche quella di un uomo che prova a confessare il suo amore. È la storia di un sarto che si intreccia con quella di un autore che cerca di (ri)costruire il suo passato e le trame che – un po’ per gravità, un po’ per scelta – ci portano a cadere.
Franz Reichelt è sarto e lavora nel suo atelier, sito in Rue Gaillon. Spesso – tra un ricamo e l’altro – si diletta a testare le sue invenzioni. I suoi tentativi con i manichini lanciati dalle finestre falliscono tutti ma il sarto boemo non demorde. Un premio in denaro e la gloria eterna è ciò che gli basta per iscriversi al concorso dell’Aéro-Club de France per chi fosse riuscito a inventare il paracadute. Così il 4 febbraio, Franz e 9 chili di paracadute si presentano davanti alla torre Eiffel, ma qualcosa non torna. La piccola folla si aspetta i famosi manichini ma Reichelt è sicuro che la sua invenzione non fallirà e la testa su di lui.
«Nella sua apparente semplicità», dice Zaccuri «la storia di Reichert è quella di un uomo che ha un’ ossessione, che lo porta ad un’invenzione e al fallimento. Invece, sono diversi gli strati di questa storia».
Un sarto che era nato a Vienna nel 1878 e che si trovava straniero in una Parigi che lo vedeva ancora come l’erede di quella guerra franco-prussiana che aveva dato vita, nel 1870, alla prima breccia nel cuore dell’Europa.
Franz è vittima dell’equivoco. Come sottolinea Alessandro Zaccuri durante la presentazione del libro con l’autore alla fiera della piccola e media editoria, Più libri più liberi. Un equivoco che gli fa credere che i materiali che ha usato sono sufficienti a non farlo precipitare, e un equivoco amoroso. Nel libro, infatti, si legge come Franz inventi questo paracadute come pegno d’amore per una donna che, però, di lui non vuole saper niente. “Pensava di fare la cosa giusta. Un paracadute. Era il suo strano modo di confessarle il suo amore” si legge in quarta di copertina.
Tuttavia, c’è un dettaglio che credo sia rilevante riportare. L’autopsia sul corpo di Franz attesta che la causa della sua morte è l’infarto. Pare che Franz sia morto in volo. In qualche modo la certezza della riuscita lo ha salvato dalla morte per schianto e, quindi, dal fallimento. Il suo cuore ha ceduto ma il suo spirito no. Inoltre, Franz non poteva sapere che, qualche mese prima, era già andato a buon fine, oltreoceano, un salto da un aereo statunitense con paracadute; come non se bastasse, in Russia Gleb Kotelnikov si era da poco assicurato il brevetto per il suo paracadute richiudibile, e il mese successivo l’avrebbe ottenuto anche per la Francia.
Un sarto che era profondamente solo. Il suo testamento, scritto il giorno prima del volo, scritto in francese scomposto, è il lampante scritto di un uomo senza famiglia o amici. Lascerà tutto ad un’assistente.
Qualcuno ha riassunto questa storia come la beffa oltre il danno. Tuttavia il nome di Franz è rimasto nella storia, a differenza di tutti gli altri. La sua caduta è in realtà la vittoria contro l’oblio. La sua morte rappresenta l’idea romantica del fallimento. Di chi sa di non riuscire provando lo stesso, perché la storia gli renderà merito.