Il pensiero della settimana: libertà d’espressione, libertà di essere se stessi

Il 2022 a pensarlo 20 anni fa sembrava lontanissimo, mai avrei immaginato che nel decennio che va dai ’20 ai ’30 degli anni duemila saremmo stati ancora così indietro in tema di progresso sociale e culturale ma, soprattutto, di libertà d’espressione.

È vero sono stati fatti molti passi avanti, i cambiamenti sono stati talvolta significativi ma ancora non basta, siamo ancora schiavi del giudizio e di schemi sociali precostituiti.

Perché siamo ancora costretti a dover cercare di rientrare in un ruolo predefinito che la società ci impone?

Un lettore più attento e dal facile dissenso risponderà a questa domanda con la solita frase, “no non siamo costretti, nessuno ci obbliga, possiamo fare ciò che vogliamo.” Ma ne siamo così sicuri?

Se davvero così fosse, perché esiste ancora una manifestazione, il pride? Perché migliaia di persone ogni anno sentono l’esigenza di scendere in strada per far sentire con colori, allegria, gioia e aggregazione che loro esistono e vogliono di più,  maggior riconoscimento, libertà d’espressione e combattono contro tutto ciò che non permette loro di sentirsi totalmente liberi di essere se stessi nel nostro Paese?

Io credo che la risposta sia da ricercare nel retaggio culturale, nelle leggi non ancora adatte a tutelare dalle  forme, soprattutto quelle più velate, di discriminazione e insulto.

Lo stesso posso affermarlo per tutte quelle donne single, che superati i 30 anni, iniziano a sentire quel vuoto nello stomaco, quella preoccupazione anche a volte insensata che deriva dal semplice fatto di non aver costruito una famiglia, di essere single in un contesto sociale propenso alla costruzione del nido familiare, alla costruzione del legame affettivo e giuridicamente tutelato.

Stesso contesto per i giovani uomini, non pensiamo che anche loro non soffrano il peso dell’età e la paura di poter restare soli. Allora ci lanciamo in continue ricerche, speriamo di trovare la persona giusta per cambiare rotta.

Tutti questi meccanismi sociali, frutto del terrore, del giudizio e dell’omologazione alla massa, sono emblematici del ritardo dello sviluppo culturale e di un retaggio antico e consolidato difficile da sconfiggere.

È vero, non esistono norme o sanzioni se a 35 anni non hai una famiglia, vivi da solo e in fondo stai bene così. Non esistono norme che vietano di esprimere il proprio orientamento sessuale, eppure questo senso di angoscia di non rientrare nei canoni comuni ci attanaglia.

La risposta è una sola, siamo molto indietro in termini di sviluppo civico e sociale, la componente della tradizione popolare è ancora forte e sovrasta di molto ciò che ci è permesso fare o non fare dalle istituzioni e dal diritto.

L’unico modo per combattere tutto ciò come accade oramai da secoli è innanzitutto la ribellione verso ciò che ci costringe e ci fa star male e, poi, un ripensamento a livello politico. Avremmo bisogno dell’istituzione di norme che consentano davvero di riconoscere ogni persona nel suo più intimo essere ed apparire.

Siamo molto in ritardo ma il cambiamento è sempre possibile e nessuno ci vieta di attuarlo.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here