Il partito di Berlusconi, da anni, ha dimenticato i tempi d’oro. Il Presidente si è tirato fuori dalla partita, assiste (e gestisce per quel che può) lo scacchiere politico nazionale dalle coste francesi, ormai affaticato dall’età seppur sempre piuttosto lucido. Gli ultimi sondaggi, riportati da YouTrend, danno FI al 7.9%*, ormai ampiamente superata dall’ex allieva del Cavaliere, Giorgia Meloni. Tuttavia, l’esperienza Draghi ha riportato al centro Forza Italia, polo moderato in grado – questo spera l’ex Bce – di correggere il tiro degli alleati della Lega, dialogare con le sinistre più liberal e smorzare gli animi oppositori di Fratelli d’Italia.
Alla luce delle consultazioni, la decisione di affidare ben tre ministeri – benché senza portafoglio – a FI può sorprendere, ma in verità è frutto del lavoro diplomatico di Berlusconi. Tornato in extremis, consapevole delle difficoltà dei tempi e che una scissione, ora, nel partito avrebbe spazzato via i consensi restanti, è intervenuto personalmente con l’incaricato Mario Draghi. Forza Italia garantisce l’appoggio dei suoi, promette moderazione con le parti in maggioranza più vicine, dà manforte europeista e in cambio ottiene tre dicasteri. La stessa quantità, in numero, di quelli affidati alla Lega – a cui, ovviamente, sono spettati ministeri più rilevanti; uno in meno rispetto al numero di ministeri dei 5 Stelle. Senza dubbio un bel bottino di Berlusconi, che ha avuto il più alto guadagno che potesse ottenere, visti i numeri e analizzate le percentuali.
I destinatari delle scelte di Draghi sono stati, non a caso, due “eretici” e una tradizionalista, fedele alla linea Tajani. Si tratta di Renato Brunetta e Mara Carfagna, da tempo voci fuori dal coro dell’ossequio alla condotta del Vicepresidente; l’altra, Maria Stella Gelmini, invece è più fedele. In tale maniera, Berlusconi accontenta l’ala più ribelle, evitando fuoriuscite che oggigiorno il partito non può permettersi, vista la fluidità del contesto politico. La scelta fatta porta verso una direzione univoca: supportare il nascituro governo il più a lungo possibile, e riacquistare credito in corso d’opera. Tuttavia, il timore che la decisione di Giorgia Meloni possa rivelarsi giusta pende sulla testa degli azzurri: infatti, se l’esecutivo Draghi dovesse fallire, FDI rivendicherebbe la coerenza mostrata e crescerebbe di consenso. E se dovesse crescere molto, tanto da pareggiare la Lega, Berlusconi potrebbe (quasi) non servire più al Centrodestra, malgrado il fatto che sia stato proprio lui a dargli vita politica. È uno scenario forse improbabile, che tuttavia non può escludersi dall’analisi.
In definitiva, il supporto di Forza Italia al terzo governo della Legislatura sarà incondizionato: avanti tutta. Senz’altro, il partito azzurro garantisce un appoggio europeo solido e, soprattutto, l’amicizia reciproca tra il nuovo e il vecchio premier potrebbe essere un fattore chiave. La scenetta del saluto tra i due ha fatto sorridere spettatori e commentatori, però nasconde una verità, che oggi massimamente vale in politica: l’amicizia va oltre le percentuali.
* Istituti considerati: Demopolis, Demos, EMG, Euromedia, Ixè, Noto, SWG, Tecnè