Il futuro del Commonwealth dopo Elisabetta II

8 settembre 2022

Una delle reggenze più longeve della storia, con la morte della regina vede la sua fine; l’evento lascia milioni di persone sconvolte, come se la convinzione che questa potesse vivere per sempre si fosse ormai radicata a tal punto da risultare vera, scontata, indubbia.

Biologicamente, tuttavia, il fatto non sussiste, e alla sovrana uscente succede il figlio Carlo d’Inghilterra, con il nome di Carlo III. Come questi regnerà, ce lo dirà la storia.

Sebbene in Inghilterra la dipartita di Elisabetta II sia stata accolta con dispiacere da parte della popolazione, è opportuno ricordare l’esistenza di una serie di stati che, nonostante la lontananza geografica, orbitano intorno alla Corona fin dal IX secolo: i membri del Commonwealth delle nazioni.

Come è stata recepita la morte della sovrana da paesi che, per quanto oggi indipendenti, hanno vissuto parte della propria storia come colonie dell’impero britannico?

Stati d’animo controversi

Certo non è semplice analizzare lo stato d’animo complessivo di nazioni intere, soprattutto se culturalmente così diverse da noi. E non si può neanche ignorare il fatto che, spesso, le dichiarazioni dei leader non coincidono con l’umore del popolo, abituato ad altri vissuti e con un’esperienza differente della storia. 

I rapporti tra stati sono quasi sempre complessi, sfaccettati, a volte violenti e con esiti drammatici. Volendo analizzare anche un solo caso, prendiamo quello dell’India; ci si trova davanti ad una situazione paradossale: lo stato asiatico intreccia con il Regno Unito un rapporto assai stretto, risalente al XVII secolo (quando divenne colonia britannica) e conclusosi con l’ottenimento dell’indipendenza nel 1947, dopo anni di lotte. Il legame, dunque, inizia nel segno della dominazione straniera – non senza spargimenti di sangue – e si conclude con una liberazione, anch’essa ottenuta con sacrificio. 

Eppure, nel periodo tra questi due avvenimenti i paesi hanno vissuto a strettissimo contatto – sia fisico che culturale – e le due culture si sono amalgamate e arricchite vicendevolmente.

Qualsiasi paese colonizzato si trova, innegabilmente, a rinunciare sempre ad una parte della sua identità. La colonizzazione da parte di grandi potenze europee ha causato mutamenti e stravolgimenti, la maggior parte delle volte imponendo ai conquistati lingue, religioni, usi o costumi propri.

Verrebbe quindi da pensare ad una naturale avversione dei popoli conquistati verso i colonizzatori, distruttori di tradizioni e passati. Tuttavia, nella storia vi sono svariati esempi di paesi colonizzati che hanno intessuto e mantenuto ottimi rapporti con i propri conquistatori, generando un’affezione tramandata poi nelle varie generazioni.

Oggi il Commonwealth è un’organizzazione su base volontaria di 56 stati indipendenti, e il suo unico obbiettivo è quello di favorire i rapporti tra i vari paesi e il loro interscambio economico e culturale, in un’ottica democratica di garanzia di equità e diritti sociali.

I paesi membri, però, presentano diverse forme di governo, sulla quale si sta dibattendo proprio in questi giorni; i reami del Commonwealth, infatti, avendo per definizione il capo dello Stato corrispondente al sovrano del Regno Unito, stanno vagliando l’ipotesi di passare al governo repubblicano, abbandonando dunque la monarchia. 

Le spinte indipendentiste più forti si ritrovano nei Caraibi e in Australia, dove si sta addirittura pensando di rimuovere l’effigie di Elisabetta II dalle nuove banconote, sostituendola con altri personaggi australiani influenti.

La Nuova Zelanda, invece, al momento esclude il passaggio in senso repubblicano, nella convinzione, tuttavia, che in futuro sarà comunque necessario un cambiamento.

Persino il Canada, storico supporter della Corona britannica, vede i cittadini divisi, principalmente per una mancanza di fiducia verso il nuovo re; e dall’interno del Regno Unito, arrivano proposte per referendum indipendentisti da parte di Galles e Scozia.

Nonostante i paesi più ricchi del Commonwealth abbiano intrecciato legami più sereni con la monarchia, al contrario di stati minori memori del passato di colonizzazione, in entrambi i casi si riscontrano spinte all’indipendenza e un generale scontento verso il nuovo sovrano, meno benvoluto rispetto alla madre per la quale, invece, l’affezione era alta.

Insomma, dovendo mantenere saldo il rapporto internazionale che Elisabetta II ha nutrito durante i 70 anni di sovranità, Carlo si trova in una situazione precaria e delicata già dai primi giorni di regno.

Il futuro assetto governativo dei paesi “satelliti” del Regno Unito è in via di dibattito e definizione, dunque, non mancheranno proposte di referendum nei prossimi tempi. Ma, come si è detto, sarà la Storia a mettere alla prova il nuovo re e, si spera, a stabilire un nuovo assetto geopolitico in nome del progresso globale.

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