Il fallimento della sinistra europea

A fare scalpore, all’indomani delle elezioni in Germania che hanno visto trionfare le coalizioni di centro destra: con CDU (28,9%) e AfD (20,8%) sembra essere proprio Alice Weidel leader di AfD il cui orientamento sessuale con annessa vita privata sembra essere al momento l’ombelico del mondo del giornalismo, perlomeno di quello italiano. La ragione è presto detta; AfD come ogni partito nazional-conservatore che si rispetti disapprova il matrimonio tra persone dello stesso sesso e si richiama a fumosi concetti di Dio, patria e famiglia, xenofobia e via dicendo con tutti i classici più o meno veritieri che si possono affibbiare a questo tipo di partito, dunque sembra essere normale un certo tipo di interesse scandalistico quando si viene a conoscenza del fatto che la sua leader ha una compagna con due figli. Dunque allora, la domanda sorge spontanea: come mai un così vasto numero di elettori ha dato fiducia alla Weidel e al suo partito nonostante la palese contraddizione che c’è fra lei e quella che è l’ideologia fondante della sua corrente?

La risposta potrà sembrare banale ma è probabile che un po’ di banalità serva, ed è simile per tutti i paesi Europei – con differenze che ovviamente riguardano le singole nazioni – e la troviamo nella mancanza di alternative valide, questa è la parola d’ordine. Gli elettori, almeno quelli che hanno permesso ad AfD di raddoppiare la propria percentuale alle urne, fino ad arrivare ad un gradimento che si aggira intorno al 30% fra quelli che li vedrebbero positivamente in una coalizione di governo. 

Il programma presentato li pone come un’alternativa liberista muovendosi agevolmente dalla diminuzione della tassazione all’anti-europeismo, passando per l’opposizione verso gli aiuti all’ucraina – ricordiamo che la chiusura del rubinetto del gas russo ha causato non pochi problemi all’economia tedesca – poi ancora una progressiva militarizzazione della polizia fino ad arrivare alla re-immigrazione e alla difesa del salario minimo.

Ora che un partito simile si ponga come alternativa ai problemi insiti nei partiti classici non è certamente una novità, né nella storia passata della Germania né nella storia recente dell’Europa e se vogliamo dell’Italia in particolare. Ma il punto cruciale su cui riflettere è certamente un altro. Le sinistre di tutta Europa si scagliano contro AfD e contro i partiti di destra nazionalista dei rispettivi paesi indicandoli come un partiti con forti richiami filo-fascisti e, se è pur vero che i loro membri rimangono spesso fumosi o in alcuni casi non si preoccupano neanche di nascondere questi collegamenti ideologici, continuando a utilizzare questa tesi come unico metodo di opposizione non può che portare allo stesso risultato, ovvero il niente, condito dalla sconfitta elettorale e perché no, ideologica. Negli ultimi dieci anni, abbiamo assistito al ritorno di questo tipo di partiti e all’incapacità dei partiti di sinistra, per così dire mainstream, di opporsi ad essi; la bravura dei nazional-conservatori è stata certamente quella di riuscire ad intercettare il malcontento popolare proponendo nei suoi programmi e nella sua propaganda soluzioni a problemi reali, poco importa se poi esse si siano rivelate realizzabili o meno, quello che conta è l’urna. E allora la sinistra tedesca, quella italiana e quella Europea devono semplicemente fare mea culpa sulla loro incapacità di proporre programmi validi che vadano davvero ad intercettare i bisogni del popolo.

Quello a cui assistiamo è infatti è una costante rivendicazione di anti-fascismo e proposte che vanno certamente verso un’economia green che idealmente sono strutturate per far star meglio la popolazione ma che allo stesso tempo per mancanza di coesione nella pianificazione e coordinazione sia comunitaria sia internazionale si rivelano un costante buco nell’acqua, sia per la loro attuazione sia al giro di boa delle elezioni e non perché il cittadino non sia interessato ma semplicemente perché non lo vede come un bisogno primario, cosa che invece ritrova nei piani dei partiti nazional-conservatori: il tema della migrazione lungi dall’essere un tema nuovo, esso è vecchio di almeno 50 anni, e solo perché vogliamo fermarci al secolo scorso senza indagare oltre nella storia, il modo in cui è stato affrontato negli ultimi dieci anni dalla sinistra occidentale è stato totalmente fallimentare dal punto di vista pratico e dal punto di vista elettorale, e allora poi non ci si può lamentare di un partito che sale al potere o, come nel caso di AfD – che difficilmente governerà per coalizione – raddoppia il suo consenso elettorale promettendo il rimpatrio dei migranti o più autorità ai corpi di polizia o ancora si presenta con piani anti-europeisti. 

La sinistra non è stata in grado di proporre alternative valide, probabilmente perché orma assorbita dalle logiche di potere di un adattamento fallimentare al nuovo mondo che si è venuto a creare dopo la caduta dell’URSS, dove si è allontanata da quelli che erano i suoi fondamenti per rifarsi il trucco in un mondo globalizzato, cosa che, evidentemente è fallita. Così alle battaglie salariali si è sostituito un laissez-faire di smithiana memoria, le politiche di integrazione di cui si è fatta cavallo di battaglia negli ultimi anni si sono scontrate con la dura realtà della redistribuzione dei corpi tra i vari paesi membri e le politiche sulla liberazione della sessualità cedono dinanzi alla volubilità del lavoro senza il quale non può risiedere dignità alcuna. Il gridare al fascismo, termine ormai generico con il quale si vanno ad identificare tutte le questioni contenute nei programmi delle destre risulta obsoleto – e a tratti nauseante – se non si propone qualcosa di concreto, se non si torna a pensare al cittadino non come un numero su una scheda elettorale ma come la base da cui ripartire e da cui costruire.

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